"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

giovedì 20 agosto 2009

Paolo Borsellino racconta la sua scelta di diventare Giudice e spiega cos'è la Mafia.

di Gianluigi Di Blasi


Viviamo giorni in cui la Mafia, al di là dei recenti ed importanti successi investigativi, riesce comunque a vivere e crescere, a far sentire la sua pesante e fosca voce. Le parole di Totò Riina alla vigilia dell'anniversario della Strage di Via D'Amelio non arrivano a caso e non son certo un segno di cedimento dell'anziano padrino, ma, piuttosto, un chiaro segno di vitalità dell'organizzazione che rappresenta, un messaggio che chi doveva recepire ha certamente recepito ed inteso, nell'estate che precede la decisione della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano. Nell'estate in cui si avvia a conclusione il Processo d'Appello del, già condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, Sen. Marcello Dell'Utri, il quale, dopo aver fondato Forza Italia (oggi PDL), accaparrandosi finanche i voti della mai nata Sicilia Libera, progettata e firmata dal padrino Provenzano, oggi, sorpresa delle sorprese, progetta un nuovo Partito del Sud, insieme ad altri campioni della politica nostrana, Lombardo e Miccichè. Nella stessa estate in cui il processo Mori continua ad andare avanti nel quasi assordante silenzio, nonostante rappresenti una sorta di grande tavolata imbandita di notizie calde calde, anzi scottanti, che, partendo dalla mancata cattura dello stesso Provenzano, di cui sopra, nell'ottobre del '95, ci fa degustare tutto il marcio sapore della Mafia e dei suoi disgustosi rapporti con importanti pezzi dello Stato.

Il testo che segue è un significativo stralcio della lettera con cui, la mattina di quel 19 luglio 1992 che ce lo vide portare via, Paolo Borsellino rispose alla Preside di un liceo padovano in cui avrebbe dovuto recarsi il Gennaio precedente, ma dove per una serie di disguidi non si recò mai.
La Preside gli chiedeva conto e ragione circa l'assenza all'incontro e gli poneva poi alcuni interessanti quesiti, su tutti, quello sulla scelta di diventare Giudice e su cosa esattamente fosse e rappresentasse Cosa Nostra.

1. “Sono diventato giudice perchè nutrivo grandissima passione per il diritto civile ed entrai in magistratura con l'idea di diventare un civilista, dedito alle ricerche giuridiche e sollevato dalle necessità di inseguire i compensi dei clienti. La magistratura mi appariva la carriera per me più percorribilie per dar sfogo al mio desiderio di ricerca giuridica, non appagabile con la carriera universitaria per la quale occorrevano tempo e santi in paradiso.
Fui fortunato e divenni magistrato nove mesi dopo la laurea (1964) e fino al 1980 mi occupai soprattutto di cause civili, cui dedicavo il meglio di me stesso. E' vero che nel 1975 per rientrare a Palermo, ove ha sempre vissuto la mia famiglia, ero approdato all'Ufficio Istruzione Processi Penali, ma otteni l'applicazione, anche se saltuaria, ad una sezione civile e continuai a dedicarmi soprattutto alle problematiche dei diritti reali, delle dispute legali, delle divisioni erediatarie etc.
Il 4 maggio 1980 uccisero il Capitano Emanuele Basile ed il Comm. Chinnici volle che mi occupassi io dell'istruzione del relativo procedimento. Nel mio stesso ufficio frattanto era approdato, provenendo anche egli dal civile, il mio amico di infanzia Giovani Falcone e sin dall'ora capii che il mio lavoro doveva essere un altro.
Avevo scelto di rimanere in Sicilia ed a questa scelta dovevo dare un senso. I nostri problemi erano quelli dei quali avevo preso ad occuparmi quasi casualmente, ma se amavo questa terra di essi dovevo esclusivamente occuparmi.
Non ho più lasciato questo lavoro e da quel giorno mi occupo pressocchè esclusivamente di criminalità mafiosa. E sono ottimista perchè vedo che verso di essa i giovani, siciliani e no, hanno oggi una attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io mantenni sino ai quarantanni. Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di reagire di quanto io e la mia generazione ne abbiamo avuta.”


2. “La mafia (Cosa Nostra) è una organizzazione criminale, unitaria e verticisticamente strutturata, che si
contraddistingue da ogni altra per la sua caratteristica di "territorialità". Essa e suddivisa in "famiglie", collegate tra loro per la comune dipendenza da una direzione comune (Cupola), che tendono ad esercitare sul territorio la stessa sovranità che su esso esercita, deve esercitare, legittimamente, lo Stato.
Ciò comporta che Cosa Nostra tende ad appropriarsi delle ricchezze che si producono o affluiscono sul territorio principalmente con l'imposizione di tangenti (paragonabili alle esazioni fiscali dello Stato) e con l'accaparramento degli appalti pubblici, fornendo nel contempo una serie di servizi apparenti rassembrabili a quelli di giustizia, ordine pubblico, lavoro etc, che dovrebbero essere forniti esclusivamente dallo Stato.
E' naturalmente una fornitura apparente perchè a somma algebrica zero, nel senso che ogni esigenza di giustizia è soddisfatta dalla mafia mediante una corrispondente ingiustizia. Nel senso che la tutela dalle altre forme di criminalità (storicamente soprattutto dal terrorismo) è fornita attraverso l'imposizione di altra e più grave forma di criminalità. Nel senso che il lavoro è assicurato a taluni (pochi) togliendolo ad altri (molti).

La produzione ed il commercio della droga, che pur hanno fornito Cosa Nostra di mezzi economici prima impensabili, sono accidenti di questo sistema criminale e non necessari alla sua perpetuazione.
Il conflitto inevitabile con lo Stato, con cui Cosa Nostra è in sostanziale concorrenza (hanno lo stesso territorio e si attribuiscono le stesse funzioni) è risolto condizionando lo Stato dall'interno, cioè con le infiltrazioni negli organi pubblici che tendono a condizionare la volontà di questi perchè venga indirizzata verso il soddisfacimento degli interessi mafiosi e non di quelli di tutta la comunità sociale.

Alle altre organizzazioni criminali di tipo mafioso (camorra, "ndrangheta", Sacra Corona Unita etc.) difetta la
caratteristica della unitarietà ed esclusività. Sono organizzazioni criminali che agiscono con le stesse caratteristiche di sopraffazione e violenza di Cosa Nostra. ma non hanno l'organizzazione verticistica ed unitaria. Usufruiscono inoltre in forma minore del "consenso" di cui Cosa Nostra si avvale per accreditarsi come istituzione alternativa allo Stato, che tuttavia con gli organi di questo tende a confondersi.”
*


qui il testo completo della lettera:http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=798:lultima-lettera-di-paolo-borsellino&catid=20:altri-documenti&Itemid=43

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