"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

sabato 30 gennaio 2010

La vittoria alle primarie di Nichi Vendola: è vera gloria?

La vittoria di Nichi Vendola alle primarie pugliesi è stata unanimemente interpretata come una battuta d’arresto, almeno in quella regione, della strategia dalemiana di costruire attraverso l’alleanza ed il primario rapporto di collaborazione con l’UDC l’alternativa alla destra berlusconiana.
Da molti, a sinistra e non solo, sono state apprezzate la caparbietà e la coerenza di Vendola che non si è piegato ai giochi di palazzo e ad una candidatura decisa in base ad equilibri politici nazionali, rivendicando al contrario i risultati del suo governo ed il consenso popolare di cui gode nella propria regione.
Personalmente non sono in grado di dare un giudizio, in positivo o in negativo, su Nichi Vendola governatore. Certo restano come macigni le inchieste giudiziarie sulla gestione della sanità pugliese che hanno coinvolto membri della sua giunta e le accuse pesantissime che gli ha rivolto un giornalista autorevole come Carlo Vulpio. Né la popolarità di per se stessa è garanzia di buon governo …

Mi rendo conto di fare della dietrologia e, senza prove concrete, di gettare ombre su di una delle poche belle pagine della Sinistra degli ultimi tempi ma a me la vittoria del 'puro' Vendola contro il 'malefico' D'Alema non convince.
Il partito guidato da Vendola, Sinistra e Libertà, è, a mio avviso, una componente fondamentale nella strategia dalemiana, proponendosi di rappresentare la Sinistra che si candida a partecipare al governo e chiede di essere ammessa in una vasta coalizione nazionale che comprenda anche i centristi. La sua utilità per il PD è quella di coprire il fianco sinistro dell’alleanza ridimensionando le potenzialità elettorali di un partito estraneo alle logiche della governabilità, la Federazione della Sinistra di Ferrero, e contrastando la confluenza dei voti della sinistra radicale nell’Italia dei Valori che sempre più tende ad invadere le ampie praterie che i tradizionali partiti d'ispirazione marxista non riescono più a presidiare.
Vendola serve cioè a D'Alema perché toglie spazio a quei partiti, FDS e IDV, che possono essere scomodi per il PD per continuare a gestire il potere così come abbiamo fin qui conosciuto.
Certo D'Alema ha perso molto della sua credibilità, oltre che dal punto di vista della coerenza morale ed ideologica, anche come stratega politico, dopo numerose sconfitte e 'passi indietro', ma rimane pur sempre in grado di vincere a mani bassi con Bersani il congresso del PD. E' pensabile che abbia completamente sottostimato la cocciutaggine di Vendola e la sua popolarità in Puglia? E' assurdo pensare ad una sceneggiata ben recitata in cui D'Alema si è prestato a fare la parte dello stupido consentendo così a Vendola di ricostruire la propria immagine politica tanto da far dimenticare a tutti i passi falsi della sua amministrazione nel campo della sanità e riguadagnare punti sui 'concorrenti radicali' Ferrero e Di Pietro?
Il tutto senza peraltro incrinare in alcun modo l'alleanza con Casini che, diligentemente, fornisce al leader di Sinistra e Libertà il migliore degli assist possibili, dividendo il fronte del centro destra con l'appoggio alla Poli Bortone e ponendo le condizioni per la rielezione di Nichi.
Senza contare inoltre che dopo le elezioni, nulla impedirebbe di attribuire degli assessorati ai centristi sconfitti ...
Tale interpretazione in realtà potrebbe essere estesa a tutta le scelte del PD per le imminenti regionali: i ritardi e le incertezze nella definizione delle candidature sono solo frutto di una gestione imbelle del partito o il risultato di una machiavellica (e immorale) strategia che congiunge gli interessi di D'Alema con quelli di Casini e Fini?
Di fatto, a fronte della rinuncia di Berlusconi di proporre propri candidati praticamente in tutta Italia, si realizzerebbe una spartizione delle sfere di influenza fra i tre esponenti politici (ad esempio con il Lazio e la Calabria a Fini e Puglia, Piemonte e Liguria al PD) rafforzandone contemporaneamente le rispettive posizioni.
A questo punto l'unica anomalia che rischia di incrinare tale scenario è la candidatura della Bonino ('la botta di culo' come definita dal fantastico Diego Bianchi alias Zoro). La Polverini, resa popolare dalle partecipazioni alla trasmissione Ballaro' del piddino Giovanni Floris e data per sicura vincente, in realtà ha presto dimostrato la propria inadeguatezza tra falsificazioni dei dati degli iscritti del sindacato che dirige, l'UGL, oscure operazioni immobiliari e l'appoggio della destra fascista di Storace e Tilgher e, anche per questo, al momento appare sorprendentemente in svantaggio nei sondaggi.
I radicali di Pannella e Bonino, già alleati di Craxi e Berlusconi, non mi hanno mai entusiasmato con il loro liberismo e la nicchia che si sono ritagliati da quarant'anni nella partitocrazia, con battaglie spesso prive di concretezza e creando una sorta di scuola politica che non ha prodotto però buoni risultati, considerando gli esponenti politici che vi si sono formati: Rutelli, Capezzone, Quagliariello, Vito.
La Bonino però sembra, e sottolineo sembra, oltre che onesta e capace estranea all'apparato 'clerical-edilizio-sanitario' che ambisce alla riconquista del potere nel Lazio. E la Bonino appare sufficientemente autorevole per poter riuscire a cacciare i partiti dalla sanità restituendola ad una gestione efficiente ed onesta.
Ma per capire di più per ora c'è solo da aspettare ...

Nessun commento:

Posta un commento