Non c'è solo tutto il dibattito sulla crisi finanziaria mondiale e se, per noi comuni mortali, sia preferibile che crolli tutto il sistema oppure se dobbiamo sperare di poter cambiare e rendere più giusti l'Italia ed il mondo senza doverli ricostruire dalle macerie ex novo.
Non c'è solo la questione del commissariamento del governo italiano da parte dell'Europa (leggi Merkel e Sarkozy) e della BCE rispetto al quale peraltro si deve contestare, come fa Barbara Spinelli, l'uso che dell'ormai famigerata lettera di Trichet e Draghi (acquisto dei titoli pubblici italiani in cambio di interventi straordinari sulla finanza pubblica) hanno fatto Berlusconi e Tremonti. Citandola per giustificare i propri provvedimenti ma senza pubblicarla affinché potesse essere consentito alle forze politiche e sociali, agli esperti economici, ai cittadini di discutere sulle indicazioni formulate, se ad esse ci si dovesse attenere e, nel caso, quali fossero i modi migliori per raggiungere gli obiettivi prefissati.
C'è anche una fisionomia tutta italiana, nel quadro della coazione a ripetere i propri errori da parte del sistema capitalistico mondiale, che assume la manovra lacrime e sangue, la macelleria sociale della finanziaria del governo Berlusconi. E cioè quella di un governo espressione di comitati d'affari (chi legge scelga se definirli fascistoidi, massonico-piduisti, mafiosi).
Superata la prima fase emotiva alimentata dai mass media, dell'intervento improcrastinabile imposto dall'Europa e indispensabile a salvare il Paese dal default (anche perché l'andamento delle borse dimostra che mercati e speculatori continueranno a restare in agguato e non si placheranno con qualche punto percentuale di taglio del deficit), sono emersi via via tutti gli aspetti punitivi ed iniqui della manovra intrisa di un'ideologia degna del Tea Party americano.
Un decreto legge (che va ad aggiungersi ai provvedimenti presi a luglio, anticipandone l'entrata in vigore ed inasprendone i contenuti) che è ad un tempo classista, inefficace (perché anche se letto nella logica capitalista non è sufficiente a stimolare quella crescita del PIL ritenuta indispensabile per riequilibrare i conti pubblici), ispirata da logiche elettoralistiche (e pertanto i bacini di voto della Lega e del PDL non andavano toccati o dovevano esserlo il meno possibile) e dalla volontà di operare una resa dei conti nei confronti dei nemici della destra.