"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

giovedì 29 settembre 2011

Il punto. Il vero miracolo di Berlusconi


La maggioranza berlusconiana ottiene una nuova fiducia sulla richiesta di dimissioni del ministro Romano, inquisito per mafia (e sorge spontanea una domanda: perché Napolitano ha consentito, non utilizzando opportunamente i poteri di scelta che gli attribuisce la Costituzione, che un tale individuo potesse diventare ministro?).
Berlusconi non ha evidentemente realizzato il miracolo promesso al momento della 'discesa in campo': milioni di posti di lavoro, un nuovo boom economico, la riduzione delle tasse, la modernizzazione dello Stato e della pubblica amministrazione.
Il vero miracolo di Berlusconi è quello di essere riuscito a restare al centro della politica nazionale dal 1994, alla guida del governo attraverso tre Esecutivi per complessivi dieci anni, a resistere al potere - anche dopo quanto emerso nei suoi confronti negli ultimi tempi - nonostante tutto e tutti.
Si possono stigmatizzare le colpe dell'opposizione, non averlo contrastato adeguatamente, non aver adottato leggi sul conflitto di interessi ed i necessari provvedimenti per il pluralismo nel sistema televisivo, aver sostanzialmente fatto il calcolo (i D'Alema, i Veltroni) - a danno del Paese - che finché il padrone di Mediaset fosse rimasto nelle istituzioni pubbliche ciò avrebbe costituito a sua volta l'assicurazione della propria longevità politica, ricompattando gli elettori democratici e di sinistra solo in base all'idea del male minore e del votare turandosi il naso.
Si può discutere di cosa sarà il dopo-Berlusconi, temere che il domani sarà ancora peggiore in termini di macelleria sociale, fare supposizioni su chi ne abbia messo in crisi il consenso 'incentivando' l'esplosione dei ben noti scandali sessuali (alcuni poteri forti, la finanza anglo-ebraica contrapposta a quella araba e filo-russa, la nuova amministrazione Obama).
Ma certo risulta incomprensibile e illogico che nel momento più basso del suo consenso, con la scissione del vecchio alleato di ferro Gianfranco Fini, con tutti i sondaggi elettorali che prevedono la vittoria delle opposizioni, sconfitto alle ultime elezioni amministrative e nei referendum di giugno, abbandonato persino dalla Confindustria di Marcegaglia e dal Vaticano (che non hanno potuto proprio fare a meno di dissociarsi dal puttaniere di Arcore), svergognato e ridicolizzato (e con lui tutto il nostro Paese) in Italia e nel mondo per il 'bunga bunga', riesca ancora a mantenere la propria maggioranza parlamentare.

venerdì 23 settembre 2011

Napolitano faccia la sua parte



Giorgio Napolitano non perde alcuna occasione gli si presenti, discorso pubblico o manifestazione ufficiale, per ripetere, come un disco rotto, il suo auspicio che “ciascuno faccia la sua parte” e che attraverso la coesione nazionale e lo sforzo di tutti l'Italia affronti e risolva i problemi che la riguardano.
Non so se in questo atteggiamento prevalga l'ipocrisia di chi da oltre cinquant'anni naviga i mari della partitocrazia, l'onesta convinzione che le Istituzioni vadano difese sempre e comunque, l'illusione che le forze politiche possano, nonostante tutto, dedicarsi alla cura del bene comune e dell'interesse nazionale.
La realtà, quella sotto gli occhi di tutti e di cui perfino la Confindustria di Marcegaglia prende ora atto, è ben diversa: è quella di una classe politica nel suo complesso, tutta presa dalla difesa dei propri privilegi, che non è capace di definire un progetto alternativo al sistema dominante che possa salvare l'Italia, è quella di una maggioranza parlamentare di briganti, di inquisiti e di condannati che rifiutano di sottoporsi alle leggi della Repubblica, è quella di un Presidente del Consiglio indegno di ricoprire la sua carica, dal conflitto di interessi all'utilizzo di Previti e Dell'Utri, dal caso Mills fino al principale impegno quotidiano: l'arruolamento di prostitute, servendosi di personaggi impresentabili e sottoponendosi ad ogni possibile ricatto, per soddisfare le proprie pulsioni sessuali.

giovedì 22 settembre 2011

Giancarlo Siani - Storia di camorra e di giornalismo coraggioso






di Cyrano de Bergerac

Quando scoppia una guerra di mafia è un momento che porta sempre interrogativi, interrogativi ed anche curiosità, una curiosità quasi morbosa da parte dei comuni cittadini. Curiosità ed anche una sorta di rassegnato menefreghismo, fino ad arrivare " alla riflessione del chi se ne frega, tanto fin chè si ammazzano tra di loro....."
Ma una guerra di mafia, come sempre, non preclude mai il coinvolgimento indiretto dei cittadini anzi, proprio perchè indiretto e quasi invisibile ne compromette la stabilità e la sicurezza.

Ciò avviene in tutti quei posti dove regna l'organizzazione malavitosa e dove gli interessi che si smuovono, diventano talmente grandi in termini economici, da fare spesso, come dicevo sopra, scoppiare la guerra di mafia. Ed una guerra di mafia state sicuri che non guarda in faccia nessuno, non ha regole, ne codici d'onore. Persino il fratello può essere un nemico, uno da fare fuori, perchè quando si entra all'interno di una organizzazione mafiosa è come stipulare un contratto a vita da onorare anche a rischio della propria e di quella dei propri familiari. Non c'è niente che si possa mettere in discussione soprattutto la parola del capo, del boss, che è il preposto supremo a dettare legge, pena la morte. Il boss dà le direttive, impartisce ordini e decide chi deve vivere e chi deve morire, anche all'interno della propria "famiglia", ma soprattutto vigila e tiene contatti con altre famigle od organizzazioni.

La storia che vengo a raccontare oggi parla di mafia, anzi di camorra, ed è una storia accaduta oltre trenta anni or sono. E' la storia di un giovane, uno al quale piaceva scrivere, fare informazione, uno al quale piaceva fare il giornalista. E pur non essendo giornalista professionista, comincia a guadagnarsi sul campo quella esperienza che piano piano lo porterà ad affrontari con la sua penna temi ed inchieste molto delicate, temi di rapporti mafiosi, anzi camorristici.

Era la metà degli anni ottanta ed in Campania imperversava una guerra di mafia tra vecchie e nuove famiglie, e c'era anche questo giovane "corrispondente" del Mattino di Napoli che dalla provincia, e precisamente da Torre Annunziata conduceva quelle "indagini" che lo portavano a scrivere articoli di cronaca, soprattutto parlando di camorra e dei traffici che gestiva nell'interland Napoletano. Inizialmente piccoli articoletti, poi addentrandosi sempre più all'interno del pensare mafioso a descrivere gli inciuci con la politica e l'imprenditoria.

Corrispondente e non ancora inquadrato professionalmente, aspettava con speranza quella qualifica di giornalista professionista che lo avrebbe portato ad addentrarsi sempre di più e più a fondo nelle questioni malavitose che avvolgevano la sua terra, e quindi a non essere più un precario dell'informazione.

E lui lavora, va in giro, chiede, raccoglie notizie, e soprattutto scrive, scrive di una guerra di mafia che insanguina tutta la Campania, una guerra di mafia tra vecchia e nuova camorra. Una guerra per il controllo del territorio, per gli affari ed i grandi traffici di droga, per il controllo delle attività portuali e del trasporto merci, ed infine anche per gli inciuci tra politica e camorra, una guerra tra le famiglie camorristiche dei Nuvoletta- Gionta e dei Bardellino, una guerra spietata, appunto, di quelle senza regole ne codici d'onore. Una guerra che già aveva lasciato sul campo diversi morti da ambo le parti, una guerra senza quartiere.

E di questo scriveva Giancarlo Siani corrispondente del Mattino di Napoli, di questa guerra tra le famiglie camorristiche che non tenevano in considerazione niente di niente se non i loro sporchi affari. Ed in quegli anni del post terremoto ci sono da gestire tutte le opere di ricostruzione, dal movimento terra fino all'opera finita. Un fiume di denaro pubblico che fa gola a molti e soprattutto alle famiglie camorristiche. Ecco di questo scriveva Giancarlo Siani, di questo e della guerra di mafia tra i Bardellino e i Nuvoletta-Gionta. Una guerra spietata, dove per vederne la fine, c'è bisogno che cada la testa di qualcuno importante, di qualche boss, di quelli che detengono affari e controllo di traffici importanti.

E tra le famiglie di delinquenti siano esse mafiose, camorristiche o altro l'importante è preservare gli affari e controllare che sul territorio tutto proceda e fili liscio. Ed una guerra di mafia non porta a niente di buono, e loro, le famiglie lo sanno bene, per questo ad un certo momento della guerra c'è bisogno di pace, come in tutte le guerre, e per ottenere la pace bisogna pagarne sempre un prezzo. Ed in questa guerra di mafia, anzi di camorra, che colui che ne pagherà il prezzo sarà Valentino Gionta, boss dell'omonima famiglia ed alleato dell'altra famiglia camorristica dei Nuvoletta contro i Bardellino, i quali per accettare la fine della guerra pretendono la testa di Valentino Gionta, che intanto, aveva preso il controllo di diversi traffici che facevano gola alle famiglie opposte.

E di questo scriveva Giancarlo Siani corrispondente del Mattino di Napoli, giornalista precario, degli inciuci che si misero ad intercorrere tra la famiglia dei Nuvoletta ed i loro nemici, i Bardellino. Scrisse dell'arresto di valentino Gionta dentro il territorio amico dei Nuvoletta e ne descrisse le modalità, ma soprattutto ne descrisse il come i Nuvoletta, pur di mettere fine alla guerra di mafia, avessero venduto alle forze dell'ordine il bos Valentino Gionta.

Di questo scrisse Giancarlo, e questo probabilmente, anzi sicuramente ne decretò la sua uccisione. Lo scrivere sul principale gionale napoletano, che il boss Gionta era stato venduto per degli accordi tra i Nuvoletta ed i Bardellino, poneva i primi nella posizione di infami, sbirri, spioni, confidenti della questura..... In poche parole, personaggi inaffidabili, gente di cui stare alla larga. E questo la famiglia dei Nuvoletta non poteva tollerarlo, assolutamente, e quindi colui che aveva descritto cosi bene, la cantata dell'arresto del boss Gionti, questo andava punito, e andava punito nel modo più radicale possibile. andava punito con la morte, non poteva ancora continuare a scrivere di ciò che faceva la camorra.

E fu cosi che una sera di settembre e precisamente il 23 settembre del 1985, alcuni killer uccisero sotto la sua casa dove era appena arrivato, il giornalista scomodo quello che faceva domande in giro e non disdegnava di mettere in imbarazzo certi politici locali, colui che aveva insinuato con i suoi articoli che la famiglia dei Nuvoletta, camorristi doc, in realtà fossero degli infami. ed è cosi che quella sera alle 21,40 dei colpi di pistola alla testa misero fine ala vita di Giancarlo Siani corrispondente del Mattino di Napoli, dopo pochi giorni del suo 26 esimo compleanno.

Dopo anni di indagigi e di processi i mandanti e gli esecutori sono stati assicurati alla giustizia.

au revoir

......ed al fin di mia licenza io non perdono e tocco

cyrano

martedì 20 settembre 2011

Un nuovo pensiero è Necessario!





di Giandiego Marigo. Per AreA

Il Terry Nicolò pensiero ha in sé qualche cosa di emblematico, per svariati ordini di ragioni, innanzi tutto perché viene espresso pubblicamente, in modo sfrontato...proposto come “valore” anziché essere, anche se ipocritamete, esposto, ma come disvalore.
In qualche modo concentra in sé moltissimi dei guasti che questi tempi ci pongono.
Non rappresenta solo sé stesso, ma un intero ordine, una sorta di modello, che se fino a solo un poco di tempo fa veniva sussurato, furbescamente sottointeso, espresso privatamente come forma di sfida per il mondo intero o come forma di adesione disincantata alla setta degli “aventi diritto”...oggi diviene pubblico e non solo, ma viene addirittura proposto come modello culturale.
In questo senso i portatori del “futurismo imperiale” hanno vinto, almeno nel, pubblico. Hanno imposto la loro cultura , essa dilaga producendo danni inenarrabili e sempre più profondi. La mancanza di scrupoli è divenuto modello manageriale e non solo...anche valore socialmente desiderabile.
É ormai palese che chiunque voglia comandare o anche solo essere considerato “di successo” a questo mondo (foss'anche, come spesso è, un illudersi di entrarare a fare parte della elite che tutto può) debba essere disposto come dice la “signora Nicolò” a vendersi la mamma oltre che svariate parti del proprio corpo.
Tutto questo è sempre stato, ovviamente, ma l'affiorare “pubblico” di queste “deformazioni” corrisponde, quasi sempre a tempi estremamente cupi.

Però una riflessione bisogna pur farla, perchè necessita comprendere.
Nei tempi remoti della mia gioventù, in quegli anni 70/80 che sono ormai entrati nella mitologia, esprimere pubblicamente, in una intervista, da parte di una donna poi, un pensiero come quello della signora in questione non sarebbe stato “consono”...nessuno, neanche il più incallito e sfrontato dei democristiani lo avrebbe fatto. Qualche neonazista certo lo mormorava...in ambienti chiusi. Nessuno lo pensava? Eravamo tutti migliori...persino loro?

Non credo!
Andando indietro con la memoria è facile arrivare a tempi in cui Piazza Venezia era colma di un popolo festante ed osannante al grido unanime di “Duce”,”Duce” o ad una Germania che marciava urlando “Heil Hitler”...ed ancora prima al popolo delle esecuzioni capitali e dei roghi o a quello dei “circhi romani”dove si festeggiavano, santificandole ed elevandole a spettacolo “la guerra e la morte”. Come spesso faccio nelle mie cose...questi, sono solo esempi.

Gli esseri umani sono stati per molto più tempo terribili...piuttosto che “civili”.
Eppure il popolo che sorregge i vari periodi storici è sempre il medesimo...lo stesso, tanto per la Rivoluzione d'Ottobre e la Comune di Parigi...che per la Proclamazione delle leggi razziali...o per il genetliaco del Duce o, più miseramente, per l'incoronazione del nostro Piccolo Imperatore Farlocco.
È solo una questione di moda?
Il popolo va dove tira il vento?
Dove un'elite che fa la storia lo porta ad essere? Dipende quindi dalle buone o cattive intenzioni di questa elite ciò che diviene “valore” o “disvalore”?
Spesso è stato così! Non voglio dire sempre, perchè la storia ci ha riservato anche brevi periodi in cui l'avanzata della civiltà e del progresso parevano inarrestabili, quegli anni 70/80 per esempio, ma spesso, molto spesso ed anche in quegli anni, il tutto, il movimento è stato determinato da un'elite pensante...Fastidio? Secca sentirlo dire? Eppure è così,
Cosa fare? O come direbbe Lenin (altro poco o per nulla elitario, nevvero?) Che fare?
Sempre per parafrasarlo un passo indietro per farne due in avanti.
Ammettere una sconfitta culturale, accettare l'insegnamento della storia e ricominciare dall'ABC. Dai rapporti personali, dai comportamenti...dai modelli trasmessi (quante volte è stato ripetuto e non solo da me, certo).
Cercare anche attraverso i riferimenti e lo studio , ovviamente, ma lavorando prima di tutto su sè stessi. Alla ricerca del cambiamento reale dei rapporti interpersonali e di potere. Inseguendo la modificazione e la maturazione della propria spiritualità.
Con il prposito finale di creare una cultura, una vera cultura non una moda, diversa da quella del potere.
Un modo di essere diverso...un nuovo paradigma.
Gli embrioni di questi comportamenti già ci sono? Sicuramente sì ed a volte hanno persino vinto (vedi la parentesi referendaria) ma troppo spesso essi vengono avocati, sottomessi al “sentire comune e condiviso” che è una mediazione che comprende (non si sa come) anche il terrynicolòpensiero...e questo non può essere. No grazie!
Troppo spesso vengono riposti nel cassetto delle “utopie” per fare spazio a valutazioni “pragmatiche” e a punti di vista “comuni”.
Il mio scritto divide? Non sono unitario, non sono coeso? Non collaboro?
Non credo! La mia premessa è l'amore incondizionato, il mio modello la condivisione. Sono per la ridistribuzione della richezza, il mio credo recita “Ad ognuno secondo i suoi bisogni e da ognuno secondo le sue possibilità”, credo nella compatibilità , nella decrescita, nel ritorno alla natura, credo nella spirtualità e nel rinnovamenteo e sono convinto dell'eternità dell'anima.
Forse non sono io a non essere coeso, forse non sono io a non essere unitario...forse è una questione di premesse.

Se è così, perdonatemi, ma non sono più disposto a dimenticarmene, a non dirlo, a non premetterlo ed a non chiedere che la società che io penso per me e per miei figli lo premetta come valore fondamentale.

Non sono d'accordo su nulla di quello che viene espresso nel Terrynicolòpensiero e dal modello che veicola e lo veicola, al di la della sua eccezionale volgarità...ma sono i contenuti che stanno all'opposto di tutto quello che io sono e voglio essere.
Questo significa che resto solo, unito a nessuno e coeso solo con chi mi ama dappresso...sia! Forse deve essere così.
Detto fra noi...e non credo nemmeno di essere l'unico a pensarlo, sono persino stanco di ripeterlo!

sabato 17 settembre 2011

Otto in una notte



Di Cyrano de Bergerac


Stimola di molto la fantasia e la curiosità di uomini e donne, del fatto che S. Berlusconi in una notte si sia “fatto” otto donne, e tutte diverse, e addirittura anche a due per volta, precisando di avere lasciato in bianco, soltanto tre su undici donzelle che anelavano dietro la porta della sua camera da letto. Ovviamente alla sua veneranda età tutto sommato si può permettere di lasciarne fuori tre, tutto ha un limite, anche per l’uomo bionico, ed otto in una notte bastano. Dicevo sopra che stimolano la fantasia e la curiosità negli uomini, perché se lui che ha superato i settanta anni abbondantemente, e in una notte riesce a farsi otto donne, quelli più giovani come saranno come i treni Tav? E se lo fa lui allora lo potranno fare tutti? Un po’ come la questione delle tasse,. Minchia trombate senza sosta e con donne attraenti, poco importa se sono rifatte, siliconate e strapiene di botulino, l’importante è trombare, trombare, e soltanto trombare. Alla faccia di Rocco Siffredi , che tutti credono un gran chiavatore ma che in fondo è tutta finzione di celluloide.
Otto in una notte, roba da far piangere il defunto americano Jhon Holmes anche lui porno attore, famoso nella sua cerchia per i suoi trenta centimetri e passa di pisellino. Ed anche Mandingo, altro personaggio di celluloide dalla pelle nera e dall’inesauribile prestanza amatoria.
Nelle donne, in alcune donne, stimola la fantasia del come sarebbe bello avere accanto un uomo ricco e cosi prestante, talmente prestante da ridurle uno straccio.
Otto in una notte, minchia ma il Silvio è un portento, qualcosa di instancabile, un vero monumento del coito, tant’è che alla sua dipartita i suoi ammiratori si appresteranno ad appendere alle pareti riproduzioni in cornice dorata, e su piedistalli posizionare mezzi busti in materiali pregiati, del fallo presidenziale, con sotto una scritta che recita solenne, “Instancabile fino alla fine”.
Tutti quanti noi dovremmo dire grazie alle intercettazioni, si, perché senza di esse noi non avremmo mai saputo che in una notte il nostro macho premier si fosse trombato ben otto pulzellone, e poco importa se erano a pagamento, perché lui non lo sapeva, le buttane gliele pagava il suo amico Giampi, no lui non lo sapeva che quelle che riceveva nelle sue abitazioni erano delle zoccolone a pagamento, no lui sapeva che erano delle timorate da Dio che trombavano anche due per volta, solo per amore nei suoi confronti, del presidente. Ma ciò non sembrerebbe possibile, anzi lo reputo palesemente impossibile, visto che era lui che ordinava carne fresca al pappone rampante, e che a quanto pare il giro di donnine compiacenti, e a pagamento fosse di diverse decine (si sussurra di una sessantina) e rigorosamente tutte senza l’uso delle mutande. Insomma l’imitazione quasi di un sultano con il suo harem di mogli, solo che quelle che gli arrivavano non erano mogli ma buttane a pagamento , merce che serviva per ungere ingranaggi, in questo caso quello del premier.
Otto in una notte, mi fa sorgere spontaneamente un dubbio, e la domanda è pertinente: Ma se a oltre settanta anni il Berlusconi in una sola notte ha la potenza fisica di 2farsi” otto donne, quando era giovane quante se ne faceva ottanta? E qui la risposta è una sola; o il macho premier sessualmente è una potenza e quindi bisogna riconoscergli gli onori del vero, oppure è un uomo bionico, mezzo uomo e mezzo non so cosa, e di conseguenza non possiamo farci niente, o altrimenti è un semplice spara cazzate, uno che lo ha sempre fatto, e questo credetemi sarebbe un fatto veramente grave che coinvolgerebbe oltre i suoi accoliti anche i suoi elettori.

Au revoir

...ed al fin di mia licenza io non perdono e tocco


Cyrano

Una questione di decenza: Berlusconi si dimetta!

Non so quanti siano i cittadini, all'opposizione di questa ignobile maggioranza di destra che da due decenni tiene in ostaggio l'Italia, che ritengano che una volta caduto Berlusconi d'incanto si risolveranno i problemi del Paese.
Chi ha un briciolo di consapevolezza e guarda all'attualità della situazione economica e sociale italiana e mondiale e ai rapporti di forza che la contraddistinguono sa che non è così.
Per assurdo un Berlusconi, preso com'è dalle pendenze giudiziarie e dal disperato tentativo di tutelare la propria immagine, è forse meno pericoloso ai fini di una riorganizzazione dello Stato secondo i canoni della logica capitalistica ortodossa (e dunque della macelleria sociale e della totale distruzione del welfare che ne deriverebbe) di quanto lo sarebbero un Montezemolo o un Profumo.
Eppure questo nostro martoriato Paese ha il diritto ed il dovere di tornare ad una vita politica in cui la discussione, la partecipazione, la lotta dei cittadini possa rivolgersi alle misure concrete che riguardano la propria esistenza (il lavoro, l'ambiente, il modello economico, lo stato sociale, la qualità della vita ed i servizi pubblici) e non alle perfomances del puttaniere di Arcore (siano esse i maneggi per rimediare compagnie femminili o acquisire vantaggi patrimoniali o sfuggire alla legge sfruttando la funzione istituzionale che ricopre).
Le dimissioni di Berlusconi sono una questione di dignità e di decenza (non da oggi ma dal 1994!): è un segnale che noi italiani dobbiamo dare a noi stessi e al mondo che ormai ci deride.
Mi chiedo davvero come sia possibile che tra i 320 circa deputati della maggioranza berlusconiana non ve ne siano almeno dieci (i papisti ciellini servi del Vaticano? i populisti leghisti?)  che non avvertano l'urgenza improcrastinabile di staccare la spina a questo Governo.
E il Presidente Napolitano come può pensare di continuare a parlare di coesione nazionale, di dialogo tra le varie componenti politiche e sociali del Paese, del prestigio e dei doveri dell'Italia in Europa e nel mondo senza intervenire per ripristinare una condizione di legalità nella conduzione delle Istituzioni? Sciolga le Camere e indica nuove elezioni o almeno si rivolga a tutti gli italiani con un messaggio esplicito in difesa della legalità costituzionale.
Berlusconi si dimetta! Poi si ricominci a fare politica con l'asprezza e la decisione che richiedono questi tempi.

giovedì 15 settembre 2011

DOVE VORREMMO ANDARE?







Di Gandiego Marigo per AreA
Non vorrei si pensasse ad un atteggiamento divistico, non lo è!

Si tratta di sconforto vero, ed anche di un senso reale di impotenza.
Questo vedere le tirate quotidiane che la rete ammanisce, in svariatissme salse e linguaggi, tutte tese ad una ribellione che non c'è, ad una rivolta auspicata e spinta che non arriva mai.

Sin all'insulto di qualche rivoluzionario domenicale che si sente offeso ed indignato dal fatto che nessuno abbia risposto alla sua chiamata ad un appuntamento davanti al Bar Mario per andare a fare la rivoluzione. Attenzione sempre rigorosamente a Roma...ed anche di questo, dopo gli insuccessi, forse si dovrebbe parlare

Mi logora...e sinceramente mi stanca.
Questo paese non ha nelle sue corde questo genere di cose, diciamocelo, non concepisce le rivoluzioni, magari qualche rivolta...quella si, ma le rivoluzioni sono cose impegnative...e poi le cose potrebbero cambiare per davvero, non si può mai dire.

La Bella Botta sognata ed auspicata dal maestro Monicelli resterà una bella idea da sceneggiatura...perchè gli italiani sono così...rassegnati. Convinti, da sempre che tutti siano uguali, che i politici siano tutti ladri, ma anche che chiunque al loro posto farebbe lo stesso, anzi invidiosetti e speranzosi di poterli sostituire un giorno.
Perchè noi siamo così...convinti che la mafia sia “normale” ed in fondo nulla di nuovo, pronti istintivamente alla raccomandazione ed alla clientela. Convinti che l'occasione faccia l'uomo ladro...perchè “il mondo è dei furbi”.
Sono stanco dicevo!

Oggi io sono “politicamente” interlocutorio credo però fermamente nella necessità di rifondare e ricreare un'Area di Progresso e Civiltà sulle ceneri di quella che chiamammo sinistra, contaminandola dell'esperienza dei molti spiritualisti e dell'alternativa filo-sociologica ed appunto spirituale che è stata “pensata” negli ultimi anni del '900.

Però sono stato , ed orgogliosamente sono, di origini marxiste.
Vi racconterò una storia, esemplificativa, non perchè ci facciate strani accostamenti solo per chiacchierare di quel che siamo.
Alcuni giorni fa ho incontrato un amico “altolocato” della FdS (Federazione della Sinistra) mi narrava come le tesioni interne siano, a suo parere (credibilissimo) destinate ad azzerare l'area di Rifondazione, durante e dopo il congresso.

La tematica del dibattere è la medesima di sempre, quella che ha portato questo paese ad avere un numero inenarrabile di partiti comunisti uno più piccolo ed ininfluente dell'altro, cioè su chi sia più rigrosamente e dogmaticamente “comunista” il “comunista-comunista” della situazione, risultato azzeramento dell'area della sinistra radicale, frantumazione, avvicinamento di molti al compromesso Vendoliano ( ed in ultima analisi al PD) e di altri alla follia “clandestina” e “violenta” . Molto schematico...se volete, cinico ed anche un poco “acido”, ma realistico.
Questo significa innanzi tutto una cosa ai miei occhi. Che l'idea di un mondo diverso da questo si allontana ulteriormente. Infatti oggi quale “pseudo-progressista” di quella che chiamiamo impropriamente “sinistra” è disposto a mettere n discussine il sistema? Nessuno!

Ci troviamo di fronte ad una banda di Emendatori...variamente posizionati, ma assolutamente identici nella loro assoluta ininfluenza. Che accettano , tutti, la premessa di questa società come la migliore possibile.
Di cosa avremmo bisogno? Siamo davvero convinti che cambiare una compaggine di governo sarebbe sufficiente a modificare l'andazzo? Ci siamo resi conto che “il Potere” ragiona ormai da tempo in termini “globali” e che quello che il burattino imperiale fa qui, viene deciso a New York o in qualsiasi altro posto si trovino i gruppi di potere? Ci rendiamo conto che se il premier fosse un altro nulla cambierebbe in questo rapporto?
Le metto lì così un poco confuse...comunque secondo me non ce ne rendiamo conto.
Noi ci compiaciamo di avere vinto un referendum sul nucleare, ed è ancora un esempio, bellissmo e giusto per carità, non rendendoci conto che il fatto che esserci fermati all'Italia lo rende , di fatto, limitatissimo ed ininfluente.

Avremmo bisogno di proporre una moratoria nucleare europea e mondiale...ma come possiamo farlo se non abbiamo uno straccio di AreA...sinistra, social-hippy, altrentiva...sbizzarritevi, che superi gli angusti confini provinciali? Che sappia proporre un mondo, dei rapporti, una coscienza ed una morale...una visione diversa da questa?
Dove mai vorremmo andare se quando diventiamo più di quindici iniziamo invariabilmente e sempre a litigare?
Vogliamo dire due cose su questo paese, per tornare alla provincia?

Abbiamo mille rivoli e tutti rigidamente contornati da schiere(non numerosissime per altro) di fans che sostengno a spada tratta che l'unica ragione sia la loro, arroganti, prepotenti e convinti che tutti gli altri siano fango...dove vogliamo andare?

La soluzione per questo paese sarebbe uscire dall'FMI, uscire Dall'Euro, accettare un Default controllato e non lo dico io che sono un pirla...ma fior di economisti, ma chi potrebbe avere la forza di chiedere un cambiamento di mentalità, l'ardore per proporre un mondo nuovo?

Chi potrebbe proporre la decrescita quando tutta la politica istituzionale e l'Economia esige “crescita, crescita, crescita”.

Chi potrebbe prendersi la briga di dire che tutta sta mobilitazione sulla casta...è giusta, doverosa e nacessaria, ma che dimentica che questi sono lacchè...camerieri, buffoni di corte, non il potere e che sono lì esattamente per quello. Per fare in modo che la rabbia popolare si fermi molto prima dei castelli di cristallo dove sta il potere vero?
Finendo ci sono tematiche che “sarebbero” globali...i diritti umani, la difesa dei territori, la lotta alle povertà e l'applicazione globale dei diritti del lavoro, la difesa dell'ambiente e la decrescita...le scelte di una scienza compatibile ed a misura d'uomo...una nuova spiritualità che stabilisca nuovi rapporti mettendo in discussione il potere...e sono ancora e solo esempi, ma chi li potrebbe proporre.

Voci disperate dal deserto?

Un'AreA di progresso che non c'è. Questa pseudo-sinistra sciamannata che non perde occasione di ricordare quanto abbia appreso e condivida la cultura dominante, quanto sia asservita ai sistemi di controllo che il potere, quello vero, ha nelle sue mani? Alla fine di questo post, molti faranno spallucce, altri diranno che è confuso (a ragione) molti lo liquideranno come la solita menata di Giandiego...il sognatore...Questo paese ha bisogno di un modo nuovo di vedere e di concepire la vita...come dell'acqua e del pane...io credo, ma temo,ogni giorno di più di essere solo

mercoledì 14 settembre 2011

Un uomo qualunque



di Cyrano de Bergerac








Questa è la storia di un uomo, un uomo qualunque, uno, nato nel profondo di una metropoli del sud, in Sicilia, a Palermo, un isolano che presto comincia a conoscere tutte le contraddizioni che questo popolo si porta dietro. Un uomo qualunque di quelli che non cercano notorietà e non si interessano di politica, un uomo nato in un quartiere di Palermo, un quartiere come quelli che circondano la città, una periferia sola , abbandonata dalle istituzioni e lasciata nelle mani della delinquenza mafiosa, uno di quei quartieri dove se non ci vivi non puoi capire l’entità del quotidiano. Sto parlando del quartiere Brancaccio, periferia nord est di Palermo, quartiere che negli anni ha visto il susseguirsi del potere di diverse famiglie mafiose, e che ora subisce il potere della famiglia Graviano. Confinante con la borgata di Ciaculli, dove regnava la famiglia dei cugini Greco, Totò detto il “Senatore” e Michele detto il “Papa”, famiglie decimate dal maxi processo di Giovanni Falcone e del pool antimafia guidato dal giudice Antonino Caponnetto. E poi confinante con la borgata di santa Maria di Gesù, patria di Totuccio Contorno detto Coriolano della Floresta per la sua abilità di rendersi latitante, prima mafioso e poi pentito.
Brancaccio come certi quartieri periferici di Palermo subisce la vocazione mafiosa e l’abbandono delle istituzioni, lasciando terreno fertile alle organizzazioni mafiose per una sostituzione allo stato. Solo che qualche volta i mafiosi che dettano legge nei quartieri, si ritrovano ad iavere a che fare con un uomo qualsiasi, un uomo piccolo piccolo, uno di quelli che decide per credo, per vocazione e soprattutto per fede, di fare il suo lavoro come dio comanda. Un uomo di chiesa che interpreta nel pieno la sua vocazione.
Come dicevo prima Brancaccio è un quartiere ad alta densità mafiosa, lo è sempre stato, la famiglia Graviano ne gestisce le sorti, decide quelle di interi caseggiati e strade, e si sostituisce allo stato dando a certi strati sociali del quartiere la parvenza di stato. La famiglia Graviano all’interno del quartiere gestisce diversi traffici, dallo spaccio di droga alla riscossione del pizzo al controllo di attività commerciali, racimolando quantità enormi di denaro. Gestisce anche i vari periodi elettorali con il controllo del voto a tutti i livelli, da quello nazionale fino a quello di quartiere.
I Graviano, una delle più potenti e sanguinarie famiglie mafiose, non si limita al solo controllo del territorio dove vive, ma esporta i propri interessi anche al nord, investendo nel bene più sicuro, il mattone, affari tra l’altro riconducibili al senatore Dell’utri ed al premier Berlusconi, investimenti operati proprio con enormi quantità di denaro proveniente dai traffici più illeciti e ripuliti in attività più o meno pulite, con l’ausilio di vari prestanome.
Ma nei quartieri si sa, ci si conosce tutti o quasi, ed alle famiglie che comandano capita di incontrare sulla loro strada un uomo qualunque, un uomo piccolo che armato di coraggio, fede e voglia di giustizia, non tanto per lui stesso ma quanto per coloro che dell’onestà e della legalità ne hanno fatto una bandiera.
Un uomo qualsiasi che riesce a mettere paura alla famiglia mafiosa che gestisce il suo quartiere, il quartiere dove era nato e cresciuto, e dove conosceva tutti, il quartiere di Brancaccio.
Questo piccolo uomo, col suo coraggio, la sua pazienza, la sua sete di giustizia, armato solo di parole, combatteva le ramificazioni del potere mafioso nel suo quartiere, sottraendo i giovani alle lusinghe della manovalanza delinquenziale, e questo i boss della famiglia Graviano non potevano permetterlo, non potevano cadere nel ridicolo, essere considerati agli occhi dei controllati dei perdenti, ciò anche al cospetto delle altre famiglie che gestivano l’intera città.
Ed allora questo piccolo uomo, questo uomo qualsiasi viene messo sotto controllo, viene tenuto d’occhio, viene avvertito, prima con le parole e poi con i fatti.
Le attività illegali, lo spaccio di droga, e soprattutto l’arruolamento di giovani senza futuro non potevano subire interruzioni. Eppure questo piccolo uomo armato solo di parole riesce con paziente lavoro a sottrarre ai mafiosi quel terreno fertile che procura ricchezza, il recupero di ragazzi di strada ed in secondo tempo il luogo dove si svolge lo spaccio di droga facendolo diventare un luogo per attività ludiche e di aggregazione, che in breve tempo raccoglie l’adesione volontaria degli abitanti che nulla vogliono avere a che fare con la mafia, la mafia di Brancaccio.
Ma tutto questo la famiglia mafiosa dei Graviano non può mica accollarselo? No ne va di mezzo il prestigio, il potere, il rimetterci la faccia agli occhi degli abitanti del quartiere, dei propri affiliati, dei componenti delle altre famiglie, della cupola mafiosa. Il perdere l’autorità davanti ai propri soci economici , quelli con i quali fanno busines, ad opera di un uomo piccolo piccolo, un uomo qualsiasi, uno scassa minchia che era diventato pericoloso in quanto simbolo di legalità, ebbene, questo no non poteva essere accettato. Ed allora bisogna passare alle vie di fatto. La sera del 15 settembre del 1993, giorno del suo compleanno, alcuni colpi di pistola squarciavano il silenzio di Brancaccio, due killer lo aspettavano sotto casa, due killer dei più spietati, ed armati di pistola, per liberarsi di un uomo piccolo, un uomo qualsiasi, uno di quelli che era riuscito a fare il proprio mestiere fino in fondo, come dio comanda, due killer che non esitarono ad uccidere, e poco importa se lo conoscevano sin dall’infanzia.
Da questo assassinio comincio il declino della famiglia mafiosa dei Graviano, che, con il pentimento del killer che sparò quella sera a Brancaccio, Salvatore Grigoli, fu accusata di essere il mandante dell’omicidio di un uomo qualsiasi. Quell’uomo si chiamava Giuseppe, Pino per gli amici, Don Pino Puglisi per i suoi parrocchiani, Don Pino, parroco della parrocchia di Brancaccio, un piccolo Davide che con il sacrificio della sua vita seppe sconfiggere il Golia mafioso ed assassino.




au revoir

ed al fin di mia licenza io non perdono e tocco

cyrano di bergerac

martedì 13 settembre 2011

Per il ritorno ad un sistema elettorale proporzionale (per la rinascita della Democrazia e della sinistra)



Il tema della riforma della legge elettorale (unitamente a quello delle riforme istituzionali) è da almeno un ventennio uno degli argomenti caldi del dibattito politico.
Eppure proprio l'esperienza di questi ultimi decenni, con il passaggio dal sistema elettorale proporzionale a quello maggioritario, dovrebbe averci insegnato alcune cose.
In tanti hanno creduto, io compreso, che il cambiamento del sistema elettorale fosse condizione necessaria e in gran parte sufficiente per trasformare la politica: per combattere la partitocrazia e la parassitaria rendita di posizione che nella cosiddetta prima repubblica avevano acquisito partiti piccoli e piccolissimi, per garantire la governabilità attraverso Esecutivi autorevoli ed efficienti fondati su maggioranze coese ed espressione della esplicita scelta dei cittadini, per moralizzare la vita pubblica assicurando una migliore selezione della classe dirigente ed un rapporto diretto tra elettori ed eletti ('prima la persona').
Ciò non è stato: nella seconda repubblica è al contrario aumentato il numero dei partiti, questi hanno perso la caratteristica di organizzazioni collettive per diventare sempre più le creature personali di singoli esponenti politici, la corruzione non ha allentato la presa sulla società italiana e nel complesso non è certo migliorata la qualità e la probità della classe politica dirigente.
Il passaggio dal mattarellum, sistema misto con collegi uninominali e quota proporzionale del 25 per cento dei seggi, al porcellum Calderoli, con l'elezione dei parlamentari in base alle liste bloccate definite dai leader di partito e con un premio di maggioranza che teoricamente può attribuire la maggioranza assoluta della Camera dei Deputati alla coalizione che ottenga anche solo un'esigua maggioranza relativa dei voti espressi (25% ? 30% ?), ha ulteriormente imbastardito il sistema togliendo ai cittadini anche la possibilità di scegliere i propri rappresentanti.

sabato 10 settembre 2011

Verso il 15 ottobre costruiamo l'alternativa

da globalproject.info




Noi siamo indignati. Siamo indignati contro i governi europei che, stretti tra la crisi e le politiche liberiste e monetariste imposte dalla Bce e dall'Fmi, accettano di essere esautorati delle funzioni democratiche per diventare semplici amministratori dei tagli della spesa sociale, delle privatizzazioni, della precarizzazione del mondo del lavoro e della costruzione di opere faraoniche, incuranti dell'ambiente e delle popolazioni. Siamo indignati perché le classi dirigenti continuano a proporci l'austerity per le popolazioni, mentre le rendite e i privilegi della finanza, dei grandi possidenti e della politica rimangono intonse, quando non crescono. Siamo indignati in particolare contro il governo italiano, che ha deciso di rispondere alla crisi con una manovra i cui contenuti cambiano di ora in ora ma i cui pilastri restano sempre gli stessi: taglio ai servizi, privatizzazioni, attacco ai diritti dei lavoratori.
Siamo indignati perché il governo ha deciso di abolire per decreto il diritto del lavoro, permettendo alle aziende di derogare ed eludere contratti e leggi, compreso l'art.18 dello Statuto dei lavoratrici e dei lavoratori, proseguendo sulla strada della cancellazione della libertà e della democrazia nei luoghi di lavoro.
Siamo indignati perché in questo modo si elimina la democrazia nei luoghi del lavoro e si estende a tutti i lavoratori il ricatto della precarietà, e della clandestinità per i migranti, con cui negli ultimi due decenni si sono livellate verso il basso i diritti e le condizioni di vita di migliaia di giovani, esclusi dal sistema di welfare e da ogni orizzonte di emancipazione.
Siamo indignati perché poco più di 2 mesi fa abbiamo votato, insieme alla maggioranza assoluta del popolo italiano, per la ripubblicizzazione dell'acqua e per le energie rinnovabili, e ora vediamo il nostro governo riproporre esattamente le vecchie ricette basate sulla svendita dei beni e su un modello di sviluppo energivoro.

mercoledì 7 settembre 2011

Un'imposta patrimoniale straordinaria sui ricchi per il risanamento dei conti pubblici.


Quanti articoli, quanti interventi, quanti pareri in queste ultime settimane sulla crisi finanziaria italiana e mondiale? Quante volte il tragicamente ridicolo governo italiano ha cambiato idea sui provvedimenti da prendere? Quanti patetici appelli da parte del Presidente Napolitano alla coesione nazionale e a fare presto e bene per rispondere alle sollecitazioni dell'Europa e dei mercati? Quanto sono deboli e disorganizzate l'opposizione parlamentare e l'opposizione sociale (e troppo spesso compromesse con il sistema) per contrastare le politiche del governo? Sia benedetta la giornata di sciopero generale proclamata dalla CGIL ma serve ben altro per cambiare i rapporti di forza politici e sociali in questo Paese.
A fronte di tutto questo la proposta di Pietro Modiano, già banchiere ed attualmente Presidente di Nomisma (la società di consulenza fondata tra gli altri da Romano Prodi), indirizzata al Corriere della Sera ed illustrata nel programma di Gad Lerner su La7 “L'Infedele” mi sembra equa, concreta, risolutiva e per la quale si dovrebbe mettere in atto una fortissima mobilitazione sociale.
Stante la premessa che esiste un 20 per cento di ricchi (anche se Modiano rifiuta tale definizione) che possiede il 60 per cento del patrimonio privato italiano (5000 dei circa 8.000 miliardi di euro a cui ammonta - in immobili, azioni, titoli – la ricchezza privata) basterebbe un'imposta straordinaria una-tantum (con un gettito stimato, con un'aliquota del quattro per cento, in circa 200 miliardi di euro) su quei cespiti per recuperare la cifra necessaria a ridurre lo stock del debito pubblico al di sotto dei livelli di guardia (con risparmi nella spesa per interessi sul debito pubblico calcolati in 30 miliardi di euro).
Il ragionamento di fondo è che il sacrificio cui verrebbero sottoposti tali soggetti sarebbe per essi assolutamente sostenibile a fronte della ricchezza detenuta e che trattandosi di persone baciate nella vita da un destino favorevole appare del tutto equo che redistribuiscano alla collettività una piccola parte della propria fortuna.
Una volta messi al riparo dalla tempesta ci sarebbe il tempo e la serenità necessari per ragionare su ciò che andrebbe fatto realmente per cambiare e rendere migliore l'Italia: intervenendo su evasione fiscale, i costi della politica, la corruzione, i privilegi del Vaticano, il welfare, il reddito di cittadinanza, le pensioni, l'inefficienza della pubblica amministrazione, la criminalità organizzata, la giustizia, la ricerca e la scuola, la politica industriale, il modello economico da perseguire, l'ambiente, la cultura, l'informazione.
Purtroppo l'aspetto drammaticamente utopico e fantascientifico di tali ragionamenti non sta nell'irrealizzabilità della proposta Modiano ma nel pensare di poter avere, oggi e domani, una democrazia in cui i ceti popolari riescano ad imporre una vera giustizia sociale ed una classe politica e dirigente onesta e competente, libera da condizionamenti occulti e in grado di agire per il bene comune e nell'interesse generale.



venerdì 2 settembre 2011

Criminale a chi?

"Quello che fanno questa opposizione e i giornali di sinistra è assolutamente criminale nei confronti dell'Italia": S. Berlusconi, noto piduista - Parigi, 01 settembre 2011

Criminale è chi:
- attenta ai principi fondanti dello stato di diritto e della costituzione facendo leggi a proprio uso e consumo;
- rappresenta la più significativa ed evidente espressione di un modello culturale degradato e degradante che ha condannato il paese ad un inaccettabile declino culturale: questo modello sub-culturale diseducativo ci mostra che fare i furbi conviene, che conta più l’apparenza che l’essere, che il merito conta sempre di meno, che è inutile essere onesti e trasparenti tanto prima o poi arrivano scudo fiscale e condoni vari;
- entra in politica unicamente per tutelare gli interessi aziendali di famiglia, risolvere i propri guai giudiziari;
- fa quasi esclusivamente leggi a favore dei più potenti, ricchi e corrotti, leggi ad personas, leggi ad aziendam, senza preoccuparsi dei lavoratori precari, dei disoccupati, delle famiglie più povere;
- attua politiche razziste e xenofobe avendo approvato norme definite razziali da Famiglia Cristiana, politiche pericolose per l’ambiente come il ritorno al nucleare, politiche da macelleria sociale come: la privatizzazione dell’acqua, i tagli agli enti locali, alla sanità, cultura, ricerca, pubblica istruzione, tagli ai fondi per la famiglia, per le politiche sociali, per il sostegno all'economia reale, per lo spettacolo ecc.;
- attua una sorta di repressione fascista per mettere a tacere qualsiasi voce critica verso l'operato di questo Governo che, incurante del grave disagio sociale riportato da tali voci, alimenta le tensioni e il conflitto sociale;
- ha cambiato la legge sul falso in bilancio e ridotto i termini di prescrizione per non essere condannato;
- corrompe giudici, testimoni, finanzieri;
- si è fatto leggi incostituzionali (lodo Schifani, lodo Alfano, legittimo impedimento) per non essere processato;
- ha definito ‘eroe’ il mafioso Mangano, condannato all'ergastolo per duplice omicidio, oltre a condanne definitive per traffico di stupefacenti, associazione mafiosa, frode fiscale e false fatture;
- fa 'campagna acquisti' in Parlamento;
- si è condonato con appena 1800 euro un’evasione di 301 miliardi di lire;
- colpisce la concorrenza digitale con leggi ad hoc sugli spazi pubblicitari televisivi e con lo spostamento di pubblicità da parte di aziende ed istituzioni controllate dal governo a danno del servizio pubblico.

giovedì 1 settembre 2011

LA DIFFERENZA FRA RIVOLTA E RIVOLUZIONE...C'E' E SI VEDE




di Giandiego Marigo


C'è un enorme differenza fra Rivolta e Rivoluzione, pur senza scomodare le acquisizioni bolsceviche sul termine e sulla differenza, che pure hanno avuto, ed hanno più che qualche cosa da dire in proposito.
Una rivolta è un moto più o meno spontaneo che in genere si incanala ora su questo obbiettivo ora su quello, a volte invece su nessuno, girando intorno a sé stessa infuriata e feroce come un cane che cerca la propria coda, senza una connotazione precisa, legata ad un rabbia non meglio identificata...ed arde di fuoco vivissimo, pericoloso e violento, ma breve e tutto sommato privo di molto costrutto.
Quasi sempre utile al potere per inasprire controllo e repressione.
Se chiedete a qualsiasi vostro amichetto un po' comunista cosa sia una rivoluzione, bhè ascoltandolo, al di là della possibilissima retorica, coglierete certamente la differenza.
La rivoluzione è atto cosciente, direzionale, preciso, organizzato e non necessariamente violento. Quanto meno nel suo concetto più esteso e moderno.
Nonostante gli equivoci e le sovrapposizioni fra i due termini siano moltissime ed anche se le esperienze sino ad oggi in qualche modo ci dicono che le rivoluzioni pacifiche sono rare (quasi sempre il potere non è disponible con facilità allo stravolgimento).
Bisogna pur dire che il fenomeno del rivolgimento del paradigma in modo “non violento” è cosa riuscita meglio nell'ultimo scorcio di secolo, piuttosto che prima...il che deporrebbe per la possibilità dell'uomo di salvarsi.
Se non fosse che questo primo scorcio del terzo millennio, forse proprio per rintuzzare l'acquisita intelligenza empatica dei rivoluzionari, si apre sotto un cupissima e oscura cappa di paura.
Che non predispone e non facilita essuna soluzione pacifica.
Il Potere è assolutamente... “In Campana”,pronto e vigile su queste tematiche, che anzi sono il principale obbiettivo della sua “disinformazia” e della ovvia “manipolazione mentale e culturale”.
Perchè diciamocelo al potere convengono non una, ma mille rivolte, mentre lo spaventa moltissimo anche una sola piccollissima rivoluzione.
Loro hanno bisogno di mille “Masaniello”, di migliaia di rivolte per il pane, farebbero la firma per qualche saccheggio e qualche “esproprio proletario”.
Tutto questo è previsto, sono pronti a reagire, pronti ad “usare” appropriatamente il fenomeno...anzi lo fomenteranno, perchè sarà utile ad instaurare insicurezza, paura...sarà il trucco perchè i benpensanti (pur ridotti alminimo necessario) chiedano proprio a loro la protezione di cui sentiranno sempre maggiore necessità e saranno disposti a pagarla al loro prezzo.
Stanno già facendo le prove, guarda caso in quell'Inghilterra teatro di una “rivolta”, chissà come mai. Negli ultmi tempi nel regno unito sono aumentati in modo pericolosamente esponenziale i senza tetto. Sempre più gente si aggira per le strade, senza casa, problematica che sta raggiungendo anche gli States.

Qual'è la risposta della “culla della civiltà occidentale?”, molto semplice, la criminalizzazione della povertà! Ci si propone di mettere fuori legge gli Homeless, proprio sulla scorta dei recentissimi scontri viene reputato “pericoloso” per il “paese reale” l'aumento di questi nullafacenti, parassiti...rien ne va plus les jeux sont faits.
Cosa ne faranno?
Come applicheranno questa nuova legge?
Respingeranno seguendo la moda maroniano-italiota gli stranieri, ma poi? Molto più del 50% di questi “poveri” sono britannici...li chiuderanno in Campi di Lavoro ed Accoglienza?
Ed andiamo a chiudere perchè in fondo l'importante per chi scrive era chiarire la differenza e non per spirito polemico, ma per dare il proprio contributo alla discussione
Molti, moltissimi, sinceramente sin troppi “indignados” dell'ultima ora invocano rivoluzioni e sollevazioni popolari sulla rete...per carità io sono convinto che sia necessaria una risposta popolare e di massa tesa a “mettere a posto le cose”.
Auspicherei una bella Rivoluzione se davvero ne vedessi i segnali, ma non li vedo.
Quel che vedo sono molti neo-leader improvvisati ed autoeletti che dicono parole che non capiscono, di cui non ragionano la portata.
O peggio intellettuali ottimamente remunerati che abusano di termini esponendo altri al rischio che loro non correrranno mai.
Vedo un ridda di rivoluzionari improvvisati che si svegliano alla mattina inventandosi un nuovo appuntamento a Roma, piuttosto che davanti alle prefetture...o che so in parlamento, adducendo a giustificazione del proprio pressapochismo e della totale disorganzzazione la propria “genuina appartenenza alla società civile ed alla rivolta anti-casta”...rivolta ,appunto.
Però la Rivoluzione, con la R maiuscola, quella delle coscienze e degli spiriti, quella che cambiarebbe il colore del cielo, per adattarlo ai bisogni della gente. Quella unificante, quella che crea vera novità e cambiamento...quella, perdonatemi, ma non la vedo! Né all'orizzonte né in ipotesi.
Ne mancano i presupposti, dove sarebbe l'oganizzazione, la struttura, la forza indispensabili per farla. Dove l'unità di intenti, se non riusciamo nemmeno a parlare fra noi gialli, rossi, viola, violetti, rosa-pallido, ialini, tricolori e ci muoviamo alla spicciolata, ognuno convinto d'essere depositario della verità.
Quindi attenzione ad invocare il fuoco, perchè poi quando è acceso brucia tutto...ed in genere ci guadagnano solo quelli che lo controllano o che hanno le pompe per spegnerlo.

Non voglio disilludere i giovani propugnatori della “rivoluzione domani mattina”, ma nemmeno mi pare logico proporla da una bacheca di Facebook nella convinzione demenziale che “così si faccia” e che il chiamare il mondo intero alla rivolta (ancora e sempre rivolta) sia produttivo.
Inventarsi climi islandesi o Gandhiani, dove non esiste coesione popolare, ed ancor meno un Gandhi (con buona pace dell'eroico e mai sufficientemente seguito Gaetano Ferrieri, che è un poco troppo limitato nella sua azione e nel suo carisma per essere Gandhi) egli ci chiama ad essere a Roma il 21 settembre, mentre altri ci chiamano il 10 e 11 ed altri ancora il 6...e nessuna rivoluzione è possibile in questo contesto, al di là del prezzo esobitante dei biglietti dei treni e della permanenza in una città come Roma, un povero vero non potrebbe mai essere presente a nessuno di questi ieratici appuntamenti.
L'unica cosa realmente possibile è qualche “provocazione” che potrebbe istigare ad una “rivolta”...che dopo essere stata opportunamente e, possibilmente, sanguinosamente sedata darebbe pretesto per un inasprimento della repressione.
La Rivoluzione è Altro e sottintende una organizzazione che non esiste in questo paese, semplicemente non c'è. L'Islanda, fulgido esempio, è stata molto aiutata dal fatto di essere, praticamente, una media città Italiana a livello di popolazione totale, non sottovalutiamolo.