"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

giovedì 22 settembre 2011

Giancarlo Siani - Storia di camorra e di giornalismo coraggioso






di Cyrano de Bergerac

Quando scoppia una guerra di mafia è un momento che porta sempre interrogativi, interrogativi ed anche curiosità, una curiosità quasi morbosa da parte dei comuni cittadini. Curiosità ed anche una sorta di rassegnato menefreghismo, fino ad arrivare " alla riflessione del chi se ne frega, tanto fin chè si ammazzano tra di loro....."
Ma una guerra di mafia, come sempre, non preclude mai il coinvolgimento indiretto dei cittadini anzi, proprio perchè indiretto e quasi invisibile ne compromette la stabilità e la sicurezza.

Ciò avviene in tutti quei posti dove regna l'organizzazione malavitosa e dove gli interessi che si smuovono, diventano talmente grandi in termini economici, da fare spesso, come dicevo sopra, scoppiare la guerra di mafia. Ed una guerra di mafia state sicuri che non guarda in faccia nessuno, non ha regole, ne codici d'onore. Persino il fratello può essere un nemico, uno da fare fuori, perchè quando si entra all'interno di una organizzazione mafiosa è come stipulare un contratto a vita da onorare anche a rischio della propria e di quella dei propri familiari. Non c'è niente che si possa mettere in discussione soprattutto la parola del capo, del boss, che è il preposto supremo a dettare legge, pena la morte. Il boss dà le direttive, impartisce ordini e decide chi deve vivere e chi deve morire, anche all'interno della propria "famiglia", ma soprattutto vigila e tiene contatti con altre famigle od organizzazioni.

La storia che vengo a raccontare oggi parla di mafia, anzi di camorra, ed è una storia accaduta oltre trenta anni or sono. E' la storia di un giovane, uno al quale piaceva scrivere, fare informazione, uno al quale piaceva fare il giornalista. E pur non essendo giornalista professionista, comincia a guadagnarsi sul campo quella esperienza che piano piano lo porterà ad affrontari con la sua penna temi ed inchieste molto delicate, temi di rapporti mafiosi, anzi camorristici.

Era la metà degli anni ottanta ed in Campania imperversava una guerra di mafia tra vecchie e nuove famiglie, e c'era anche questo giovane "corrispondente" del Mattino di Napoli che dalla provincia, e precisamente da Torre Annunziata conduceva quelle "indagini" che lo portavano a scrivere articoli di cronaca, soprattutto parlando di camorra e dei traffici che gestiva nell'interland Napoletano. Inizialmente piccoli articoletti, poi addentrandosi sempre più all'interno del pensare mafioso a descrivere gli inciuci con la politica e l'imprenditoria.

Corrispondente e non ancora inquadrato professionalmente, aspettava con speranza quella qualifica di giornalista professionista che lo avrebbe portato ad addentrarsi sempre di più e più a fondo nelle questioni malavitose che avvolgevano la sua terra, e quindi a non essere più un precario dell'informazione.

E lui lavora, va in giro, chiede, raccoglie notizie, e soprattutto scrive, scrive di una guerra di mafia che insanguina tutta la Campania, una guerra di mafia tra vecchia e nuova camorra. Una guerra per il controllo del territorio, per gli affari ed i grandi traffici di droga, per il controllo delle attività portuali e del trasporto merci, ed infine anche per gli inciuci tra politica e camorra, una guerra tra le famiglie camorristiche dei Nuvoletta- Gionta e dei Bardellino, una guerra spietata, appunto, di quelle senza regole ne codici d'onore. Una guerra che già aveva lasciato sul campo diversi morti da ambo le parti, una guerra senza quartiere.

E di questo scriveva Giancarlo Siani corrispondente del Mattino di Napoli, di questa guerra tra le famiglie camorristiche che non tenevano in considerazione niente di niente se non i loro sporchi affari. Ed in quegli anni del post terremoto ci sono da gestire tutte le opere di ricostruzione, dal movimento terra fino all'opera finita. Un fiume di denaro pubblico che fa gola a molti e soprattutto alle famiglie camorristiche. Ecco di questo scriveva Giancarlo Siani, di questo e della guerra di mafia tra i Bardellino e i Nuvoletta-Gionta. Una guerra spietata, dove per vederne la fine, c'è bisogno che cada la testa di qualcuno importante, di qualche boss, di quelli che detengono affari e controllo di traffici importanti.

E tra le famiglie di delinquenti siano esse mafiose, camorristiche o altro l'importante è preservare gli affari e controllare che sul territorio tutto proceda e fili liscio. Ed una guerra di mafia non porta a niente di buono, e loro, le famiglie lo sanno bene, per questo ad un certo momento della guerra c'è bisogno di pace, come in tutte le guerre, e per ottenere la pace bisogna pagarne sempre un prezzo. Ed in questa guerra di mafia, anzi di camorra, che colui che ne pagherà il prezzo sarà Valentino Gionta, boss dell'omonima famiglia ed alleato dell'altra famiglia camorristica dei Nuvoletta contro i Bardellino, i quali per accettare la fine della guerra pretendono la testa di Valentino Gionta, che intanto, aveva preso il controllo di diversi traffici che facevano gola alle famiglie opposte.

E di questo scriveva Giancarlo Siani corrispondente del Mattino di Napoli, giornalista precario, degli inciuci che si misero ad intercorrere tra la famiglia dei Nuvoletta ed i loro nemici, i Bardellino. Scrisse dell'arresto di valentino Gionta dentro il territorio amico dei Nuvoletta e ne descrisse le modalità, ma soprattutto ne descrisse il come i Nuvoletta, pur di mettere fine alla guerra di mafia, avessero venduto alle forze dell'ordine il bos Valentino Gionta.

Di questo scrisse Giancarlo, e questo probabilmente, anzi sicuramente ne decretò la sua uccisione. Lo scrivere sul principale gionale napoletano, che il boss Gionta era stato venduto per degli accordi tra i Nuvoletta ed i Bardellino, poneva i primi nella posizione di infami, sbirri, spioni, confidenti della questura..... In poche parole, personaggi inaffidabili, gente di cui stare alla larga. E questo la famiglia dei Nuvoletta non poteva tollerarlo, assolutamente, e quindi colui che aveva descritto cosi bene, la cantata dell'arresto del boss Gionti, questo andava punito, e andava punito nel modo più radicale possibile. andava punito con la morte, non poteva ancora continuare a scrivere di ciò che faceva la camorra.

E fu cosi che una sera di settembre e precisamente il 23 settembre del 1985, alcuni killer uccisero sotto la sua casa dove era appena arrivato, il giornalista scomodo quello che faceva domande in giro e non disdegnava di mettere in imbarazzo certi politici locali, colui che aveva insinuato con i suoi articoli che la famiglia dei Nuvoletta, camorristi doc, in realtà fossero degli infami. ed è cosi che quella sera alle 21,40 dei colpi di pistola alla testa misero fine ala vita di Giancarlo Siani corrispondente del Mattino di Napoli, dopo pochi giorni del suo 26 esimo compleanno.

Dopo anni di indagigi e di processi i mandanti e gli esecutori sono stati assicurati alla giustizia.

au revoir

......ed al fin di mia licenza io non perdono e tocco

cyrano

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