"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

martedì 13 settembre 2011

Per il ritorno ad un sistema elettorale proporzionale (per la rinascita della Democrazia e della sinistra)



Il tema della riforma della legge elettorale (unitamente a quello delle riforme istituzionali) è da almeno un ventennio uno degli argomenti caldi del dibattito politico.
Eppure proprio l'esperienza di questi ultimi decenni, con il passaggio dal sistema elettorale proporzionale a quello maggioritario, dovrebbe averci insegnato alcune cose.
In tanti hanno creduto, io compreso, che il cambiamento del sistema elettorale fosse condizione necessaria e in gran parte sufficiente per trasformare la politica: per combattere la partitocrazia e la parassitaria rendita di posizione che nella cosiddetta prima repubblica avevano acquisito partiti piccoli e piccolissimi, per garantire la governabilità attraverso Esecutivi autorevoli ed efficienti fondati su maggioranze coese ed espressione della esplicita scelta dei cittadini, per moralizzare la vita pubblica assicurando una migliore selezione della classe dirigente ed un rapporto diretto tra elettori ed eletti ('prima la persona').
Ciò non è stato: nella seconda repubblica è al contrario aumentato il numero dei partiti, questi hanno perso la caratteristica di organizzazioni collettive per diventare sempre più le creature personali di singoli esponenti politici, la corruzione non ha allentato la presa sulla società italiana e nel complesso non è certo migliorata la qualità e la probità della classe politica dirigente.
Il passaggio dal mattarellum, sistema misto con collegi uninominali e quota proporzionale del 25 per cento dei seggi, al porcellum Calderoli, con l'elezione dei parlamentari in base alle liste bloccate definite dai leader di partito e con un premio di maggioranza che teoricamente può attribuire la maggioranza assoluta della Camera dei Deputati alla coalizione che ottenga anche solo un'esigua maggioranza relativa dei voti espressi (25% ? 30% ?), ha ulteriormente imbastardito il sistema togliendo ai cittadini anche la possibilità di scegliere i propri rappresentanti.

Al di là di questo l'esperienza del maggioritario deve comunque consentirci di trarre due ulteriori conclusioni.
Primo: la legge elettorale rappresenta un fattore secondario (anche se certo non ininfluente) per la definizione della vita politica in confronto ad altri elementi quali la consapevolezza e la volontà di partecipazione dei cittadini, la loro capacità e volontà di sanzionare comportamenti scorretti e socialmente immorali e premiare quelli virtuosi (e rispetto a tutto questo è fondamentale il sistema dell'informazione ed il livello culturale ed il senso civico dei cittadini).
Secondo: un sistema elettorale maggioritario (sia nella versione mattarellum che in quella calderoli) obbliga i partiti e conseguentemente i cittadini apparentemente ad una scelta secca, da una parte o dall'altra, con il centro destra o il centro sinistra. In realtà chi vince sempre è il centro, inteso come sistema sociale ed economico dominante di fronte al quale le coalizioni concorrenti rappresentano esclusivamente delle variazioni sul tema. Da qui la continua crescita degli astensionisti (ormai il primo partito del Paese): espressione in parte del rifiuto consapevole di partiti e coalizioni che fanno sostanzialmente tutti le stesse cose, in parte frutto del disinteresse e del disincanto rispetto ad un voto 'inutile'.
Certo non mancano i tentativi di dare vita a terze vie ed a partiti/coalizioni che propongono di rifiutare tutte le opzioni in campo ma di fatto il cittadino viene inesorabilmente sopraffatto dagli imperativi del 'voto utile' e del 'male minore'. Cosa dovrebbe fare l'elettore democratico e di sinistra di fronte alla candidatura di Berlusconi? Resta solo la scelta drammatica tra l'astensione o la preferenza nei confronti di un partito anti-sistema estraneo alla coalizione di centro sinistra, sottraendogli potenziali consensi e così favorendo la vittoria delle destre, oppure ingoiare il rospo (si chiami di volta in volta Prodi, Rutelli, Veltroni, domani Montezemolo o Profumo) e scegliere qualcosa che somigli almeno lontanamente al meno peggio.
E' lo stesso dilemma che attanaglia i partiti della sinistra post-comunista (in particolare la Federazione della Sinistra): sporcarsi le mani partecipando (e legittimandola) ad una coalizione che vuole mantenere lo status quo sociale ed economico esistente ma così garantirsi la propria sopravvivenza come organizzazione politica (in termini di finanziamenti pubblici e di visibilità mediatica), con l'illusione di poterla condizionare stando all'interno del Palazzo (progetto fallito nelle due esperienze dei governi Prodi) oppure scegliere un'orgogliosa corsa solitaria per condannarsi quasi inevitabilmente all'estinzione o, nella migliore delle ipotesi, a restare politicamente ininfluenti?
A meno di non trovarsi come interlocutore l'amerikano Veltroni che tolga le castagne dal fuoco di qualsiasi dubbio su tale scelta con la sua pretesa di cancellare la sinistra più radicale dal quadro politico.
Lo stesso vale in effetti anche per l'elettore della destra tradizionale (Dio, Patria e Famiglia) o per un cattolico conservatore che per contrastare la vittoria dei 'comunisti' si vede costretto a votare il puttaniere di Arcore e per un governo in cui è determinante la presenza dei secessionisti della Lega.
Sostanzialmente il sistema maggioritario elimina qualunque spazio per esprimere una preferenza elettorale che sia di reale alternativa (si chiami sinistra, area di progresso e civiltà come la definisce il nostro Giandiego o di rifiuto della casta alla Grillo) al sistema dominante, imponendo la scelta tra le due facce di uno stesso sistema.
Ecco allora che chi ritiene indispensabile dare voce a quei settori sociali e a quelle istanze ideali e culturali che vogliono un reale cambiamento della società e che hanno consapevolezza che questo può realizzarsi solo in un rapporto conflittuale con il potere dominante e non con la partecipazione allo stesso, chi ritiene irrinunciabile un reale pluralismo politico dovrebbe battersi anzitutto per un ritorno al sistema proporzionale. Una legge attraverso la quale posizioni ora certo minoritarie ma comunque consistenti potrebbero ritrovare una loro espressione parlamentare senza doversi inchinare, per una mera logica di sopravvivenza, alla logica delle coalizioni e del 'male minore' (non lasciare campo libero alla vittoria delle destre).
Continua al contrario l'inganno perpetrato a danno dei cittadini e degli elettori. Di fronte all'intollerabile vergogna della legge elettorale Calderoli sono state predisposte due proposte referendarie: quella che avrebbe consentito il ritorno al proporzionale e quella per ripristinare il Mattarellum. Ebbene la prima, avente come primi firmatari Stefano Passigli e Giovanni Sartori e a cui avevano aderito importanti intellettuali e giuristi e che si proponeva l'abolizione delle 'liste bloccate' (quelle che non consentono agli elettori di esprimere un voto di preferenza), il premio di maggioranza, l'indicazione del candidato premier sulla scheda elettorale e di definire la soglia di sbarramento per l'acquisizione di seggi al 4 per cento è scomparsa totalmente dalla scena per lasciare il passo alla seconda al cui comitato promotore hanno aderito oltre all'area democratica del PD (i veltroniani che non tollerano l'idea della presenza nel sistema politico italiano di una vera sinistra) anche IDV e SEL (!).
Quello che viene ora spacciata (il ritorno al Mattarellum) come una indispensabile riforma radicale e come il modo di restituire ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti non farebbe altro, in realtà, che riconfermare quel sistema fallimentare e di sostanziale negazione di una vera democrazia che abbiamo conosciuto in questi ultimi vent'anni.
E' probabile che la reale intenzione della proposta Passigli-Sartori fosse esclusivamente quella di innescare un percorso referendario per la riforma della legge elettorale calderoli, ponendo in secondo piano il problema di come sostituirla, ma ancora una volta si deve rilevare che è mancata alle forze alternative la lucidità, la capacità, la lungimiranza, forse la volontà stessa (per inconfessabili interessi) di condurre unitariamente una battaglia per un reale cambiamento del sistema.





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