"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

venerdì 13 aprile 2012

La lotta di classe e gli sterili rituali dei sindacati



Esiste ancora la lotta di classe. E' quella, come ci ha spiegato Luciano Gallino uno dei primi firmatari del Manifesto per un Nuovo Soggetto Politico, che hanno praticato negli ultimi trent'anni i ricchi, i padroni, gli speculatori contro i lavoratori e i ceti più poveri.
Di fronte al Governo Monti che si muove, in modo assolutamente coerente, nel solco di quella ideologia liberista e persevera nelle politiche che devono togliere ai ceti medio-bassi per garantire la ricchezza e gli interessi dei ricchi, che ha portato l'ultimo assalto, con protervia e arroganza addirittura superiore a quella di Berlusconi e dei suoi accoliti, ai diritti dei lavoratori sulle pensioni e sull'articolo 18, la reazione dei sindacati che si somma alla colpevole inerzia di una certa sinistra appare indegna oltre che ridicola.
Le due orette di sciopero, il comizietto e il corteuccio di rito, le dichiarazioni – tra l'impegno alla responsabilità e l'accorato auspicio di misure diverse – rilasciate dopo la partecipazioni agli incontri istituzionali suscitano unicamente rabbia e dovrebbero far vergognare chi le promuove.

Perché qui, mentre non cambia nulla per i precari, mentre non si istituisce quel reddito di cittadinanza – in vigore in quella Europa tante volte evocata a sproposito - che è il fondamento della dignità di ogni persona e della possibilità per ciascuno di partecipare pienamente alla vita sociale, mentre non si mette in campo alcuna misura per la creazione di lavoro continuando a sperperare il denaro pubblico con la TAV e gli F35, è in gioco la stessa possibilità di sopravvivenza di milioni di esseri umani. Ed è esemplare da questo punto di vista l'ignobile tradimento dello Stato (con le facce di Monti e della Fornero) che, disconoscendo gli accordi aziendali per la riduzione del personale approvati da suoi organi quali l'INPS e il Ministero del Lavoro, si appresta a lasciare decine di migliaia o addirittura centinaia di migliaia di persone senza reddito (perché ormai espulsi dalle proprie aziende e nel contempo, a seguito dell'innalzamento dei requisiti di età e di anzianità contributiva, senza più la possibilità di accedere, per mesi o anni, alla pensione).
Sono talmente inetti questi rappresentanti sindacali da non comprendere che con la cancellazione dell'articolo 18, nella americanizzazione del rapporto tra padroni e dipendenti (così come oggi avviene per i precari) verrà meno persino la possibilità di sopravvivenza delle proprie organizzazioni.
Non serve a scuoterli nemmeno che Monti possa vantarsi, come aveva fatto Tremonti dopo il precedente taglio delle pensioni, che i suoi provvedimenti di macelleria sociale non abbiano provocato alcuna consistente reazione e pertanto di continuare a godere, ovviamente se è possibile dare credito ai sondaggi, di un ampio consenso nel Paese.
Eppure non sono mancati gli esempi, in questi ultimi mesi ed anni, di come condurre in modo efficace o almeno concreto e visibile la lotta in difesa del proprio lavoro e del proprio reddito. In particolare da parte di alcune categorie di lavoratori autonomi come trasportatori o tassisti che non si sono fatti scrupolo di effettuare blocchi stradali e di rivolgersi ai propri referenti politici ottenendo risultati ben maggiori di quelli di CGIL, CISL e UIL.
Se come lavoratori dipendenti non possiamo permetterci di violare le leggi che nei servizi pubblici hanno ormai depotenziato il diritto di sciopero e se non abbiamo sufficiente forza contrattuale nei confronti delle aziende, si potrebbero mettere in campo molte altre forme di lotta. Dalla raccolta fondi per sostenere il conflitto per periodi significativi, come proposto da Marco Giustini del Movimento 5 Stelle di Roma, alla minaccia del boicottaggio elettorale per i partiti che sostenessero in Parlamento i provvedimenti contro i lavoratori, da iniziative di tipo legale e giudiziario a qulle di natura economica per far contare almeno il peso dei nostri numeri.
Ma come non ci si può illudere che da questi partiti venga qualcosa di buono per gli italiani, così è pura utopia pensare che questi sindacati possano ritrovare il senso del proprio ruolo e non mi riferisco alle sole organizzazioni di regime quali la CISL e la UIL ma alla stessa piddina CGIL.
Quando cambierà il vento, perché prima o poi cambierà, saranno spazzate via e si potrà ricostruire qualcosa di nuovo e di diverso.

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