"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

venerdì 11 maggio 2012

La crisi e i suicidi

Qualcuno sta cercando di far passare la tesi che non si sia in presenza di alcuna ondata di suicidi per motivi economici e a causa della crisi ma che, a fronte di numeri sostanzialmente 'fisiologici' e in linea con gli anni passati o addirittura in diminuzione, l'evidenza che i grandi mezzi di informazione stanno dando a queste tragedie faccia parte di una strategia volta a criminalizzare le tasse e a preparare l'agenda degli argomenti sui quali si combatterà la prossima campagna elettorale.
Premesso che sarebbe inaccettabile se anche una sola persona all'anno si togliesse la vita perché ha perso ogni speranza di ritrovare un lavoro o di salvare la propria impresa e far fronte ai debiti contratti, credo che sommessamente e in punta di piedi - tenuto conto dell'argomento - sia possibile proporre alcune riflessioni.
Anzitutto poiché presumo sia estremamente complicato risalire ai reali motivi di un suicidio e non so quanto possano far fede a tal fine i rapporti delle forze dell'ordine, forse sbrigativi e magari redatti principalmente sulla base di quanto riferito dai familiari delle vittime, credo sia più opportuno partire dai dati complessivi. E questi ci dicono, secondo quanto riportato dall'Istat, di un aumento dei casi dai 2828 del 2008 (primo anno della crisi) ai 3048 del 2010. Mentre diminuiscono contemporaneamente, dai 3327 del 2008 ai 3101 del 2010, i tentativi di suicidio.
E' casuale che l'aumento complessivo dei suicidi si sia verificato in concomitanza con la crisi economica?
Forse si potrebbe trarre qualche conclusione più attendibile se si avessero anche i dati del consumo, nello stesso periodo, di psicofarmaci, di droga e alcool e del ricorso alle strutture psichiatriche, nonché quello dei tumori sulla cui insorgenza influiscono, secondo alcuni, le condizioni psicologiche.
Nel contempo si deve rilevare come i suicidi tra i disoccupati siano aumentati del 40 per cento tra il 2008 e il 2010 (Rapporto Eures "Il suicidio al tempo della crisi"). 

E' così folle pensare che il clima generale di depressione economica, le ulteriori difficoltà materiali che si incontrano all'interno della famiglia o nelle quali si teme di poter coinvolgere i propri cari, possano risultare dei formidabili fattori scatenanti per le persone più fragili psicologicamente?
D'altro canto è altamente significativo proprio il fatto che gran parte delle persone (e ciò certo giustifica l'attenzione che stanno dando al tema i mezzi di informazione) ritenga credibile che ci si possa togliere la vita quando non si riesce più 'ad andare avanti dal punto di vista economico'. Perché perdere il lavoro, veder fallire la propria impresa, essere travolto dai debiti senza avere reali e concrete possibilità e opportunità per ricominciare rappresenta, credo, il terrore di molti di noi.
Alla politica, alla buona politica, spetterebbe il compito di creare quelle reti di protezione (non chiacchiere ma servizi sociali e sanitari efficienti e un reddito garantito per tutti) e quel clima di fiducia e di giustizia sociale che dia la certezza a ciascuno di non essere lasciato solo e di poter valorizzare e mettere a frutto i propri talenti.

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