"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

mercoledì 27 giugno 2012

Il definitivo divorzio del PD dalle classi lavoratrici


Con la definitiva approvazione della controriforma del lavoro della ministra Fornero (alias Frignero), improntata ad un marcato sadismo sociale, giunge a compimento il divorzio dalla storia socialista, comunista e financo del cattolicesimo sociale dei propri degeneri eredi del PD che a detto provvedimento hanno garantito il proprio voto.
E può indurre solo rabbia e sdegno che esponenti di quello stesso partito (Fassina, Dominici), con la faccia di bronzo che solo i politici possono avere, si presentino a convegni come quello di Bruxelles "Un'altra strada per l'Europa" dove si auspica una diversa idea di Europa.
Sulla natura della controriforma del lavoro e sui suoi effetti deleteri per la vita dei lavoratori, privati della garanzia del reintegro nel caso di licenziamento ingiustificato, non dovrebbero esserci più dubbi e nemmeno sull’ideologia della Fignero che arriva ad affermare che il “lavoro non è un diritto”. A fronte di una precarizzazione generalizzata del lavoro non sono peraltro nemmeno giunti, come sbandierato e promesso per giustificare la controriforma, né miglioramenti delle condizioni salariali e delle garanzie giuridiche per i precari né l’estensione ed il rafforzamento degli ammortizzatori sociali (anzi anche sotto questi aspetti si deve registrare un arretramento).

Con questa legge, con l'inerzia complice con cui è stata affrontata dalle organizzazioni dei lavoratori, cambia anche il ruolo e la funzione del sindacato (o meglio si sanciscono le condizioni giuridiche perché non ci siano alternative a quella che era già una realtà di fatto). Non più rivolto alla difesa e alla conquista di diritti per i lavoratori (varrà per tutti i dipendenti la stessa paura dei precari di potersi mettere in cattiva luce, attraverso scioperi e attività politico-sindacali, nei confronti dei padroni) ma burocrazia di supporto alle dirigenze aziendali. E' evidente che nulla cambierà per i capi del sindacato: come i propri predecessori continueranno a svolgere, almeno per il momento, il potere simbolico di interlocutori dei governi, a gestire i soldi delle tessere e dei finanziamenti pubblici, ad occupare a fine carriera poltrone in qualche ente o istituzione politica o ad acquisire a prezzi di saldo immobili pubblici.
L’unica consolazione è che, anche alla luce delle alleanze elettorali che vanno profilandosi, ma che non destano evidentemente sorpresa, con l’accordo PD, UDC e probabilmente Vendola, dovrà essere finalmente chiaro ciò che è di sinistra e ciò che non è sinistra (e il più delle volte, parliamo dei tecnici al governo e delle forze politiche e sindacali che li sostengono, non è nemmeno rispettabile).
Per cortesia nessuno che si voglia definire di sinistra ci parli più di primato del mercato, di liberalizzazioni e privatizzazioni che portano ricchezza e progresso al Paese, di flessibilità del lavoro come strumento indispensabile per offrire opportunità a giovani e meno giovani con quella stessa propaganda mistificatoria che fin dall’abolizione da parte di Craxi della scala mobile ha accompagnato nell’ultimo trentennio la fino ad ora vincente lotta di classe da parte dei ricchi contro i ceti medio-bassi.
Basta con questa favola del mercato quale strumento per il migliore e più efficiente impiego delle risorse quando il mondo che ci circonda e l’Italia in cui viviamo vede il blasfemo e folle spreco di tante energie e creatività giovanili non utilizzate. 
Da oggi chi è di sinistra e davvero aspira ad un'alternativa di società si faccia avanti.

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