"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

domenica 15 luglio 2012

La giustizia ingiusta


La giustizia è uguale per tutti, c'è scritto in ogni tribunale, ma è evidente che non è così. Basta osservare l'esito di tanti processi, la sproporzione, valutando secondo razionalità ed in base al complesso dei valori prevalentemente condivisi, tra come vengono sanzionati le fattispecie riguardanti disordini occorsi durante manifestazioni di protesta (pure laddove non è stato fatto del male ad alcuno) e reati di gravità enormemente superiore perché causano la morte di una persona o ne ledono l'integrità fisica e morale.
Per i manifestanti noglobal di Genova 2001 fino a 15 anni di reclusione, in attesa di successivi ricalcoli a favore dei condannati, per devastazione e saccheggio, reato previsto dai codici fascisti. Il movimento democratico e ambientalista dei NoTav, pericolo pubblico numero uno, voce dal sen sfuggita alla Ministra degli Interni Cancellieri, è oggetto della massima attenzione da parte degli investigatori e della magistratura a cominciare dall'ottimo Giancarlo Caselli. Nei CIE, vere prigioni a cielo aperto, si può restare fino a 18 mesi non per scontare una pena specifica ma per le procedure di identificazione ed espulsione.
Al contrario per la mattanza della Diaz (quella che nei paesi civili dell'Europa, nominata ed invocata ad ogni piè sospinto, verrebbe classificata come tortura) nessuno farà un giorno di carcere (ed anzi il capo della Polizia dell'epoca, Gianni De Gennaro, è stato premiato con un incarico di Governo). Lo stesso per i responsabili della morte di Federico Aldrovandi. Per Luigi Spaccarotella l'agente della polizia stradale condannato per l'omicidio volontario di Gabriele Sandri una pena di 9 anni e 4 mesi di reclusione. Quanto rischia l'autore di uno stupro o di violenze pedofile, la forma più ignobile di perversione umana? Due, tre, quattro anni? Mentre le vittime subiranno le conseguenze di quanto subito per tutto il resto della vita. E chi provoca incidenti mortali o vere e proprie stragi guidando in stato di ubriachezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti?

Vogliamo parlare di criminalità economica (grande evasione fiscale, corruzione, concussione, riciclaggio di denaro sporco, distrazione di fondi pubblici, esportazione illegale di capitali all'estero, bancarotta fraudolenta)? Probabilmente è più pericoloso riutilizzare un biglietto dell'autobus dopo aver cancellato l'obliterazione ….
Analogo discorso può essere fatto per l'effettiva espiazione delle pene comminate: Francesca Mambro e Giusva Fioravanti condannati all'ergastolo per la Strage di Bologna e quali autori di uno spaventoso numero di omicidi circolano liberi per Roma (e la Mambro fu cooptata nel comitato elettorale della Bonino), Giovanni Scattone, condannato a cinque anni e quattro mesi per l'omicidio colposo di Marta Russo, ha vissuto la singolare esperienza di insegnare proprio nella scuola frequentata dalla povera ragazza.
E ciò mentre carceri e CIE, le discariche sociali del mondo capitalista occidentale volte ad allentare tensioni e conflitti collettivi e che vengono addirittura prefigurati come occasione di profitti privati, stipati di immigrati, tossicodipendenti, malati di AIDS, sono trasformati in gironi infernali nei quali i detenuti sono costretti a vivere in condizioni inumane con l'inevitabile conseguenza di uno stillicidio intollerabile di suicidi.
Basterebbe depenalizzare reati minori o prevedere per essi pene alternative alla detenzione (come lavori socialmente utili), porre fine al protezionismo in materia di droghe e prostituzione, cancellare il reato di immigrazione clandestina.
Ma si vuole che tutto resti così per ottenere l'alibi per periodiche amnistie e indulti e per ingolfare i tribunali a favore di chi si può ben immaginare.
Si giustificano pene e condanne in base all'allarme sociale ma è chiaro che l'unica priorità è punire solo ciò che minaccia realmente il potere.
Io ovviamente non posso sapere se le sentenze che cito siano giuste e adeguatamente motivate, rilevo soltanto che spaccare una vetrina è considerata cosa più grave che causare la morte di un essere umano.

La giustizia italiana è lo specchio del Paese: inefficiente e dominata, così come tutta la macchina dello Stato, dall'arbitrio, dalle convenienze politiche e dalle relazioni di interesse e di potere, non di rado orientata dall'attenzione che i media danno a questo o quel caso, a volte casualmente per riempire, in assenza di meglio, prime pagine o palinsesti, a volte per deliberata scelta.
Vi è la questione dell'ineguaglianza di mezzi degli imputati, con i ricchi e i potenti che possono accedere ai più abili avvocati e alle migliori strategie di difesa ed i povericristi che non possono che restare stritolati nell'inferno dei meccanismi giudiziari. Vi è la questione di una magistratura che in tanti abbiamo idealizzato e abbiamo identificato tutta in Falcone e Borsellino, difeso perché attaccata da Berlusconi, ed al contrario è anch'essa partecipe, in alcuni suoi componenti, degli abituali e riconosciuti vizi italiani: carrierismo e compromissioni con la politica e le caste dominanti.
Il sistema della giustizia italiana è stato trasformato in una giungla o in un labirinto inestricabile – tra amnistie, indulti, depenalizzazioni, leggi ad personam, patteggiamenti, riti abbreviati, sconti di pena, attenuanti per gli incensurati, prescrizioni, tempi dei processi, farraginose procedure di notifica che non di rado inducono ad errori 'provvidenziali', affidamento ai servizi sociali - certo per responsabilità di Berlusconi ma non solo, in cui unicamente alcuni – gli uomini di potere e protetti dal potere – riescono ad ottenere le mappe per uscirne indenni mentre per tutti gli altri, vittime o imputati, difendere le proprie ragioni è spesso una mera illusione.
Irrinunciabili principi di civiltà giuridica - la presunzione d'innocenza fino alla condanna definitiva, il carattere rieducativo della pena – diventano, ma solo per pochi, il cavallo di troia per garantirsi l'impunità.
Ciò contribuisce, negando alla radice il principio di legalità, alla ulteriore devastazione della coscienza etica e civile di un Paese dove già notoriamente vincono, nel plauso generale, i furbi e dove inquisiti e condannati non possono partecipare ad un concorso per bidello ma possono sedere in Parlamento, Francesco Schettino imputato per un disastro che ha causato 30 morti e due dispersi e vigliaccamente scappato alle sue responsabilità viene lautamente pagato per un'insulsa intervista televisiva, personaggi inquietanti come Sgarbi, Moggi, Corona – sanzionati penalmente o dalle proprie categorie professionali - possono permettersi di pontificare giornalmente.
Chi può non paga nulla e si arroga il diritto, perché manca la sanzione morale dell'opinione pubblica, di negare l'evidenza un po' come Andrea Agnelli, ultimo rampollo della più grande famiglia del capitalismo italiano, che rivendica per la sua Juventus la titolarità di scudetti che tutti sanno essere stati conseguiti fraudolentemente.
La salvezza e la rinascita dell'Italia passa anche da una radicale riforma del sistema giustizia che assicuri, attraverso la revisione e la razionalizzazione delle procedure processuali, certezza della pena e tempi ragionevoli – elemento irrinunciabile quando si parla di giustizia - per la conclusione delle cause penali e civili, e contemporaneamente il riesame di quali fatti vanno considerati reati, in che misura e in che modo vanno sanzionati.
Una grande opera di revisione da fondarsi sul primato dei principi e dei valori etici ma che avrebbe effetti benefici in modo dirompente anche sulla nostra economia e sulla qualità della spesa pubblica.
Un indispensabile punto e a capo per rifondare la nostra società che non dovrebbe assolutamente significare un colpo di spugna sul passato.
E da questo punto di vista mi sembra che la Norimberga auspicata da Grillo, l'individuazione attraverso un giudizio pubblico dei membri delle classe dirigenti che ci hanno portato al disastro, si sposi perfettamente con l'audit del debito proposto da Viale, l'analisi dettagliata dell'origine e della natura del nostro debito al fine di poterne ripudiare la parte illegittima.

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