"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

venerdì 17 agosto 2012

Re Giorgio Napolitano, i fagiolini e il delitto di lesa maestà

Per vedere il video vai all'indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=jrs7VAK6BEA

Probabilmente nulla è più efficace della satira, nell'esasperazione della realtà, per cogliere l'essenza di fatti e personaggi. E le imitazioni di Napolitano realizzate da Sabina Guzzanti nel programma Un, Due, Tre Stella, trasmissione peraltro non troppo convincente nel suo complesso, sono da questo punto di vista delle autentiche chicche: in esse i discorsi dell'attuale Presidente della Repubblica appaiono in tutta la loro banalità e conformismo cosa che in politica significa voler stare dalla parte del più forte.
E se vogliamo questo corrisponde a tutta la storia umana e politica di Napolitano, sempre allineato e coperto all'ordine costituito senza mai esporsi in posizioni radicali e dirompenti che ne potessero compromettere la carriera personale.
Nei gruppi universitari fascisti da ragazzo (e questo potrebbe essere un peccato veniale condiviso da tanti giovani della sua generazione), ortodosso giovane deputato del PCI inneggiante alle tesi leniniste e all'invasione sovietica dell'Ungheria del 1956, protagonista della corrente migliorista - l'ala moderata, liberal o socialdemocratica, filo-atlantica e filo-craxiana che osteggiava Enrico Berlinguer – ma sempre leale con le regole vigenti nel Partito Comunista come il centralismo democratico (e nemmeno vedere le truppe russe porre fine alla Primavera di Praga del '68 poté spingerlo ad abbandonare quel partito), quantomeno spettatore del sistema di finanziamento illegale dei partiti che riguardò la propria corrente (beneficiata anche dalle elargizioni di Ligresti e Berlusconi) ed il proprio partito (in qualità di 'ministro degli esteri del PCI' secondo le accuse formulate in una vigliacca, ma che è difficile considerare infondata, chiamata in correo da parte di Craxi), zelante difensore della partitocrazia – al di là di ogni evidenza e contro il comune sentire dei cittadini – fino all'elogio postumo del sopracitato Bettino Craxi.

Il caso dei rimborsi per i viaggi aerei di cui godeva in qualità di deputato europeo, denunciato da una tv tedesca, ne è un esempio certo minore e senza alcuna implicazione penale ma emblematico soprattutto quando si ripensa a Sandro Pertini che pagava di tasca sua da Presidente della Repubblica i voli per la natia Genova.

Considerare inaccettabili e irresponsabili (un tempo si sarebbero definite avventuriste), così come fa da ultimo anche Stefano Rodotà, le critiche all'Istituzione Presidenza della Repubblica, impersonata da Giorgio Napolitano, nasconde un atteggiamento ipocrita e bugiardo.
Le istituzioni e le autorità si rispettano quando chi le impersona ne onora il ruolo e ne esercita le prerogative in modo esemplare, nel rispetto dello spirito e della lettera della Costituzione.
E ciò vale per le istituzioni di governo quanto per quelle di garanzia.
Non era giusto criticare Berlusconi, il suo conflitto di interessi, il discredito che gettava sul nostro Paese?
Non era giusto attaccare l'eversore Cossiga (di cui lo stesso Napolitano chiese le dimissioni) ed Andreotti dalle impresentabili amicizie?
Non è doveroso rinfacciare a Fini i trascorsi fascisti, la partecipazione alla gestione dell'ordine pubblico al G8 di Genova nel 2001, la poco trasparente svolta che lo ha trasformato da fedele alleato in strenuo oppositore di Berlusconi ed a Schifani i vecchi soci in affari poi incriminati per connessioni con la mafia?
Si elogiano le forze dell'ordine quando compiono il proprio dovere e ottengono successi nella lotta contro la criminalità ma non se ne denunciano i misfatti quali la macelleria della Caserma Diaz e le morti di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi?
Non si definisce quello in carica come il Parlamento degli inquisiti, dei condannati, degli impresentabili, dei voltagabbana, di Lusi, Milanese, Papa, Scilipoti, Razzi, Dell'Utri, Calearo, De Gregorio e via discorrendo?
Si deve sempre e comunque difendere la magistratura oppure bisogna valutare caso per caso il merito della propria azione?
Bisogna sempre ritenere imparziali, non influenzate da condizionamenti politici, le decisioni della Corte Costituzionale anche quando, alla vigilia delle sentenze, suoi membri si intrattengono a cena con i destinatari delle stesse?
Critiche e attacchi alle istituzioni vengono sempre fatte, a torto o a ragione, da destra e da sinistra.
L'unico Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, che si è opposto realmente, in nome della Costituzione, a Berlusconi è stato oggetto di un reale linciaggio mediatico dalle destre e dai giornali e dalle tv di Mediaset.
Per quale motivo Napolitano dovrebbe godere di una totale immunità? Perché, a sinistra, dovremmo pensare che è uno dei nostri? Oppure bisogna guardare al merito del suo operato nel settennato che sta per conludersi?
Di fatto Napolitano, dopo aver lasciato mano libera a Berlusconi per gran parte della legislatura anche nell'adozione delle famigerate leggi ad personam, ha abbandonato la veste sia pure solo apparente di supremo e imparziale custode della Costituzione per trasformarsi in organo politico, nel capo della maggioranza politica che sostiene Monti. Legittimandolo (anche attraverso la sorprendente nomina a senatore a vita), incoraggiandolo nella sua azione, difendendolo davati all'opinione pubblica, facendosene garante nei confronti dei nostri partner internazionali e dei partiti che lo votano, dando indicazioni sulle decisioni politiche che deve prendere il Governo e il Parlamento: sui 'sacrifici', sul risanamento finanziario, sulla legge elettorale.
A questo si aggiunga il decisivo intervento, in spregio del dettato costituzionale, per piegare le resistenze del Governo Berlusconi ad impegnare direttamente l'Italia nella guerra di Libia contro Gheddafi.
Questa trasformazione del suo ruolo, essere diventato il Presidente di una parte degli italiani lo espone di per sé alle legittime critiche di chi ne avversa le decisioni.
E si arriva così alla scottante questione della trattativa Stato-Mafia e al conflitto di attribuzione presso la Corte Costituzionale elevato da Napolitano contro i magistrati di Palermo che, mettendo sotto controllo Nicola Mancino accusato di falsa testimonianza, ne hanno incidentalmente registrato, senza alcuna conseguenza giuridica, le conversazioni telefoniche. Il Professor Franco Cordero, il più autorevole esperto italiano di procedura penale, ha già espresso il proprio parere al riguardo indicando l'insussistenza giuridica del conflitto di attribuzione.
Ma soprattutto il dito della controversia giuridico-costituzionale non può essere sufficiente a nascondere la luna degli ostacoli che Napolitano sta ponendo all'accertamento della verità in merito al terribile e ormai fondato sospetto di un patto tra Stato e Mafia che condusse all'assassinio di Paolo Borsellino, dando prima udienza ad un indagato come Nicola Mancino ed intervenendo in suo favore e poi delegittimando i magistrati siciliani, additandoli alla riprovazione generale delle forze politiche e di gran parte degli organi di informazione (e si sa che in terra di mafia l'isolamento precede ahimè sempre l'assassinio di chi la combatte).
Le conseguenze immediate sono state la rinuncia di Antonio Ingroia a proseguire le indagini decidendosi ad accettare un incarico dell'ONU in Guatemala e l'azione disciplinare aperta nei confronti di Roberto Scarpinato per il discorso tenuto all'ultima commemorazione della morte di Paolo Borsellino.
E nel contempo viene aperta la strada a quella legge bavaglio sulle intercettazioni tanto desiderata da Berlusconi e lungamente contrastata dal partito di Repubblica ma ora, dopo l'incidente presidenziale, divenuta una provvidenziale necessità benedetta dalla stragrande maggioranza dei politici e da tutti i potenti.
Dunque dovremmo considerare da irresponsabili criticare Napolitano? In cosa consiste il peggio che dovremmo temere?


1 commento: