"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

giovedì 31 maggio 2012

In Italia piove, nevica, d'estate fa caldo e ci sono i terremoti

Sul fenomeno italiano che trasforma inesorabilmente e regolarmente banali eventi naturali ricorrenti - piogge torrenziali, neve, terremoti - in fatalità catastrofiche portatrici di lutti e di ingenti danni materiali si leggano le lucide analisi di Marco Travaglio, di Gian Antonio Stella e i freddi e razionali numeri di Eddyburg. L'incuria del territorio, la mancanza di prevenzione, l'inadeguata progettazione e costruzione degli edifici e delle infrastrutture rende l'Italia un Paese in eterna ed ininterrotta emergenza.
Uno Stato, in quanto istituzione politico-amministrativa attraverso cui il popolo soddisfa i bisogni comuni e ottimizza la propria organizzazione sociale, che abbia realmente tra le sue priorità la salvaguardia della vita dei cittadini e del loro futuro dovrebbe operare per prevenire e minimizzare i danni - alle persone, alle abitazioni civili, agli edifici pubblici, al patrimonio artistico e storico, al tessuto economico - che la natura può provocare.
L'esempio del Giappone in materia di terremoti è, a questo riguardo, assolutamente istruttivo.
Un grande piano di piccole opere pubbliche per mettere in sicurezza l'Italia andrebbe nella direzione che tutte le persone di buon senso auspicano e consentirebbe di creare lavoro, sviluppare tecnologie e professionalità, garantire nel tempo risparmi di spesa pubblica e privata.
Quello che ci resta oltre alla sacrosanta solidarietà ed al cordoglio è invece immaginare l'assalto famelico dei lupi delle cricche agli appalti della ricostruzione ed ascoltare le rituali (retoriche, ipocrite, colpevoli) dichiarazioni delle più alte cariche dello Stato.
Aspettando il prossimo disastro.

mercoledì 30 maggio 2012

IN COSA DIVERSI?




di Giandiego Marigo


E' la domanda fondamentale, cui nessuno sembra volere rispondere. Si inventano fazioni, persino faide, opposti schieramenti, tifoserie avverse, si usano toni emotivamente carichi, da irrisolvibili e profonde contraddizioni. Su questo messaggio si montano costosissimi confronti elettorali, durante i quali la differenza viene marcata quasi fosse inenarrabile...e poi? Cosa cambia davvero? Se una bella guerra preventiva e pacificatrice non si nega a nessuno? Dove sta la grande differenza? Quella che giustifica l'abuso continuo del termine “cambiamento”.
Nel gioco delle parti si sfiora il ridicolo, tutti partono dai medesimi presupposti per tirare conclusioni, solo millimetricamente discostanti, mai nella sostanza, che poi spacciano per abissi sostanziali, grandi differenze di fondo, perchè dire che sono tutti uguali è populismo.
Si laureano nelle medesime facoltà, adorano i medesimi docenti ed hanno gli stessi riferimenti culturali, frequentano i medesimi salotti, hanno i medesimi vizi e vanno tutti ferie in luoghi ameni ed esclusivi. Frequentano le stesse trasmissioni televisive e trattano con il medesimo rispetto gli stessi conduttori di sempre.
Vanno tutti alle medesime “occasioni ufficiali” dove dicono tutti le stesse parole e quando sono al potere santificano allo stesso modo, con i medesimi presupposti le medesime feste comandate. Sono amici di tutti.
A questo non fa alcuna differenza che provengano da destra da sinistra, che siano italiani o ciprioti, fateli ministri, date loro un piccolo ossicino da spolpare e non li riconoscerete più.
C'è una immensa tristezza in me nel dire questo, nessun compiacimento.
Sono uno di quelli, incurabili ed irrimediabili illusi che aveva creduto, che aveva arrischiato ed ancora arrischia, un pensiero diverso da quello del potere, che aveva immaginato un mondo con rapporti assolutamente modificati. Che aveva messo in dubbio il Potere e non chi lo portava a zonzo. Non mi sono bastati i mille e mille amici, compagni di viaggio, che gradualmente, uno ad uno diventavano: direttori di testata, divi radiofonici e televisivi, deputati o senatori o molto più semplicemente scivolavano nella “normalità”, no! Ho continuato a pensare che il mondo dovesse cambiare partendo dal noi e dall'io, dai comportamenti e dai presupposti di ciascuno...dal potere che esercitiamo nei nostri rapporti minuti, quotidiani. Ho commesso il crimine di continuare a rifiutare la cultura dominante, reputando fosse l'armatura e la coltura d'allevamento dell'unico pensiero.
Infatti non solo non sono nessuno, ma sono scivolato addirittura fuori dal sistema...una specie di fastidioso homeless.
IN COSA DIVERSI?
Qual'è la misura del cambiamento che proponete, appurato che ormai cambiare è l'unica strada per la salvezza...voi che cambiamento siete? Quali sono i vostri “comportamenti” che vi autorizzano a definire il termine... a che titolo?
Dove stanno la cultura e la filosofia...differenti, dove sono i vostri diversi postulati e perchè accorrete alla greppia della normalità e della “stabilità”, riconfermando all'ìnfinito un medesimo modello. Voi che inorridite se vi capita di vedere un diverso vero...che non faccia parte del vostro Folklore.
In cosa diversi se ogni occasione che avete avuto è servita soltanto ad avvicinarvi alla condivisione del medesimo scettro, forse meglio pensare per chi veramente creda nel Cambiamento che non vi sia mai stata una vera occasione. Per salvarsi l'anima ed il cuore.
Lasciando ad altri le miserabili, periodiche feste per i sempre più ipotetici cambiamenti inventati, che durano lo spazio di un brindisi per poi rivelarsi il giorno dopo la sbronza una variazione del sempre medesimo tema. Personalmente faccio a meno di tutto...guerre preventive ed esportazioni di democrazia comprese, mi dichiaro anarchico e folle e buona pace a voi ed al vostro sistema.

martedì 29 maggio 2012

Una coalizione per ripensare il futuro degli spazi pubblici a Roma



Roma, 4 giugno 2012 ore 18.00
Largo Dino Frisullo, Rome, Italy

La coalizione dei lavoratori indipendenti “il Quinto Stato” invita cittadini e cittadine a mettere in rete le esperienze, le pratiche e le riflessioni di chi lotta per la riappropriazione della città e dei suoi spazi pubblici, contro ogni svendita e abbandono.

All’incontro pubblico parteciperanno le associazioni e i movimenti della Città dell’Altra Economia 2.0 di Roma, dei mercati rionali (come il Mercato Metronio, a via Magna Grecia), le ex autorimesse ATAC, gli ex distretti produttivi (come il Mattatoio di Testaccio), i luoghi storici e periferici della produzione e della distribuzione culturale (come il Teatro Valle, l’ex Cinema Palazzo di San Lorenzo e il Teatro del Lido di Ostia).

Una coalizione per ripensare il futuro degli spazi pubblici
L’invito è rivolto a tutta la cittadinanza che ha deciso di opporsi ad ogni ulteriore tentativo di strappare al pubblico accesso e alla pubblica utilità ogni singolo spazio potenzialmente alienabile. Il progetto è quello di iniziare un percorso comune e ripensare l’uso pubblico di questi spazi, alla luce anche delle esigenze dei lavoratori indipendenti.

Dai mercati alle caserme, dai teatri ai cinema, dai depositi auto-tranviari ai luoghi di produzione dismessi, lavoriamo insieme ai comitati di quartiere e all’associazionismo diffuso per:

- Sostenere la coalizione sociale che lotta per un’altra idea di città e di crescita;
- Garantire nuove condizioni di vivibilità e fruibilità degli spazi pubblici da parte di tutta la cittadinanza, senza nessuna esclusione;
- Riaffermare il diritto delle comunità locali a scegliere le destinazioni d’uso e a co-progettare questi luoghi;
- Rivitalizzare il tessuto sociale urbano e i quartieri, creando nuove opportunità di incontro, scambio, cura, mutualismo, formazione, co-working e co-housing, esigenze fondamentali anche per i lavoratori indipendenti;
- Ripensare e costruire una nuovo e più sostenibile rapporto tra centro e periferia, tra città e campagna.

I soldi della parata del 2 giugno ai terremotati: scriviamo al Presidente della Repubblica


Aderiamo all'appello che sta girando in rete e che riprendiamo da E-Il Mensile ricordando quello che già l'anno scorso avevamo pubblicato su questo Blog.



INVIAMO UNA MAIL A:

Egregio Presidente Giorgio Napolitano
Lei ha chiesto ai giovani di aprire porte e finestre, anche qualora le trovassero chiuse.
Le chiediamo con tutto il rispetto di dare l’esempio: apra porte e finestre alla solidarietà; trasformi il 2 giugno da festa della Repubblica militare a festa della Repubblica solidale.
Annulli la parata, che l’anno scorso era costata 4,4 milioni di euro e che secondo il ministero della Difesa quest’anno costerà quasi 3 milioni di euro.
Quei denari siano investiti in opere di solidarietà con la popolazione stremata dal terremoto e quei contingenti chiamati a sfilare vengano utilizzati nelle zone bisognose di aiuti.

Grazie con tutto il cuore,

domenica 27 maggio 2012

Elogio di Zdenèk Zeman




Perché su un blog politico l'elogio di Zdenèk Zeman, un allenatore di calcio che di politica ha sempre esternato pochissimo, che non ha nemmeno mai rivelato se fosse di destra o di sinistra (anche se le vicende della sua vita, essere diventato cittadino italiano seguendo lo zio juventino Čestmír Vycpálek dopo l'invasione sovietica della sua patria, la Cecoslovacchia, nel 1968 fanno piuttosto propendere per la prima ipotesi)?
Perché per la sua radicalità, la coerenza delle idee, il rigore morale, il non aver mai accettato compromessi (almeno sul piano prettamente sportivo), il carattere schivo che non concede nulla a vacue forme di vanità, Zeman rappresenta, per quanto mi riguarda, il modello a cui dovrebbero ispirarsi le classi dirigenti della sinistra o, se si preferisce, delle forze che cercano di costruire un'alternativa al sistema (politico, economico, sociale) dominante.
Non serviva il suo ultimo successo, la splendida e sorprendente vittoria del campionato di serie B con il Pescara - segnando caterve di gol, lanciando giovani che vengono convocati in nazionale e ambiti dai maggiori club italiani - ed ora il probabile ritorno sulla panchina della Roma per poter dire queste cose.

venerdì 25 maggio 2012

L'ipocrisia nell'omaggio alla memoria di Falcone e Borsellino


Nell'orgia retorica che sta accompagnando la rievocazione del ventennale dell'assassinio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ormai divenuti - ovviamente solo da morti - gli eroi celebrati da tutto l'establishment politico italiano dovremmo avere la lucidità e l'onestà intellettuale di mettere alcuni punti fermi.
Anzitutto non dimenticare chi ha osteggiato, denigrato, ostacolato i due magistrati mentre erano ancora in vita e nel pieno della propria azione contro la mafia.
Dovremmo poi ammettere che la mafia non è stata affatto sconfitta ed oggi non è certo più debole di vent'anni fa. Il fatto che dopo le stragi del '92 e del '93 si sia in qualche modo occultata senza più agire in modo eclatante è perché nell'epoca berlusconiana ha potuto agevolmente condurre indisturbata i propri affari e i propri traffici. L'entità del suo fatturato annuo (120-130 miliardi di euro) e del suo patrimonio (stimato in mille miliardi di euro da Elio Veltri) dà conto della sua forza, di come rappresenti il primo problema italiano, della sua capacità di distorcere se non addirittura di determinare il funzionamento della democrazia di questo Paese e di come continui a costituire l'autentico convitato di pietra in ogni momento di svolta della vita nazionale (e ciò sembra testimoniato dall'attentato terroristico di Brindisi).

giovedì 24 maggio 2012

Tzunami Democratico




TZUNAMI DEMOCRATICO


di Gaspare Serra


IL “BOOM!” DI GRILLO… E IL “PLIN PLIN” DI BERSANI!

Le elezioni amministrative (le prime dell’era post berlusconiana -a proposito: chi ha più notizie del Cavaliere?-) hanno avuto un effetto “deflagrante” sul sistema politico italiano.
Il voto (e il non voto) degli Italiani si è abbattuto sui partiti come uno “tzunami democratico”, rischiando -ancor più col probabile ritorno dell’onda lunga grillina alle politiche- di spazzare via dalla scena molte “prime donne” di questa giovane morta Seconda Repubblica.
Ciò che più preoccupa la Casta, nondimeno, è la sopravvenuta consapevolezza di come questa scossa possa essere solo la prima di una lunga serie di “terremoti politici” dalle conseguenze imprevedibili!


PRIMO “BOOM!”



Disfatta per la Lega, schiacciata dal peso dell’oro del tesoriere Belsito e dalla beffa di dover giustificare stravaganti investimenti in Tanzania e miracolose lauree albanesi!
Unica affermazione di rilievo quella del “barbaro sognate” Tosi a Verona (in realtà anch’essa uno schiaffo per il Senatur, trattandosi del successo personale del primo degli oppositori interni al Capo!).
Per il resto, crollo dei consensi e macerie politiche:
  • sconfitta al primo turno in città come Legnano (storica sede del Carroccio) e Sarego (sede del Parlamento Padano, dove si è insediato il primo sindaco grillino d’Italia!);
  • e disfatta anche al secondo, dove la Lega ha perso in tutti e 7 i capoluoghi in cui aveva conquistato il ballottaggio, tra cui Monza (ovvero sede distaccata dei fantomatici Ministeri di Roma tanto reclamati da Bossi) e Cassano Magnago (città natale del Senatur).
Oggi i consensi del Carroccio si attestano attorno al 5%, anche meno stando ai sondaggi (contro l’8% delle ultime elezioni politiche e il 10% delle europee).
Riuscirà l’incoronato Maroni nell’impresa titanica di rianimare un movimento indipendentista e legalitario scopertosi d’improvviso centralista e ladrone?


mercoledì 23 maggio 2012

L'assalto alla Legge Basaglia e il tentativo di ripristinare i manicomi

Riceviamo e pubblichiamo. Come sempre invece di seguire la via retta e cioè attuare le norme di civiltà della Legge Basaglia accompagnandole con servizi assistenziali pubblici efficienti e di qualità si tenta di sfruttare il disagio delle famiglie dei malati e dei malati stessi, che deriva essenzialmente proprio dalle carenze di tali servizi pubblici, per creare le condizioni per una ricca opportunità di profitti e per riportare culturalmente indietro, anche in questo settore, il nostro Paese.
 
La proposta Ciccioli va respinta:
PER NON TORNARE INDIETRO
 
La Commissione Affari Sociali della Camera ha approvato la proposta di alcune modifiche alla legge 180 del 1978 sull’assistenza psichiatrica, detta anche legge Basaglia.  
Mai come in questo caso le parole sono state usate in modo strumentale e manipolativo. Infatti secondo il promotore del nuovo “Testo unificato sull’assistenza psichiatrica”, Carlo Ciccioli del PdL, la modifica andrebbe “nella direzione del sostegno alle famiglie dei pazienti, oggi abbandonate a se stesse”.
Siamo certi che dietro questo proposito apparentemente ammirevole ci sono, in realtà, due aspetti non altrettanto ammirevoli: un punto di vista ormai superato su ciò che si intende per salute mentale e interessi economici che si formano e si alimentano con la salute dei cittadini.
Per quanto riguarda il primo aspetto potrebbe bastare il solo fatto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha recentemente indicato proprio la legge 180 come un modello da seguire per quanto riguarda la tutela della salute mentale. Dopo 34 anni dalla promulgazione di quella legge stupisce come possano esistere ancora psichiatri, come Carlo Ciccioli, che mettano in dubbio la sua validità e i grandi passi avanti che tale legge ha permesso sia in termini di salute mentale che in termini di rispetto dei diritti dei pazienti psichiatrici, ponendoli sullo stesso piano di tutti gli altri cittadini.
Il sostegno alle famiglie, che sarebbe il motivo ufficiale delle modifiche che si vorrebbero apportare alla legge 180, si è potuto affrontare invece proprio grazie a tale legge: prima del 1978 le famiglie non venivano nemmeno considerate, visto che gran parte dei malati di disturbi psichici venivano strappati dai loro contesti relazionali e rinchiusi negli ospedali psichiatrici per anni. La legge 180, invece, con la chiusura dei manicomi e la costituzione dei dipartimenti di salute mentale organizzati a livello territoriale, ha determinato le condizioni affinché si lavorasse per il reinserimento dei malati psichici nel contesto sociale e quindi anche nel proprio contesto familiare.
Da qui si evince il punto di vista arretrato che sta alla base della proposta Ciccioli: non abbandonare le famiglie a se stesse significherebbe, all’atto pratico, alleggerire le strutture preposte alla tutela della salute mentale dallo sforzo di lavorare affinché la persona malata e la sua famiglia trovino il modo giusto per convivere al fine di non creare ulteriori disagi. Come interpretare altrimenti la proposta di allungare i tempi del Trattamento Sanitario Obbligatorio e soprattutto la possibilità di ricoverare il paziente, per lunghi periodi di tempo e senza il suo consenso, in strutture extraospedaliere tramite il cosiddetto “Trattamento sanitario necessario extraospedaliero”?
In altre parole alla base di queste proposte c’è una vecchia concezione dei disturbi mentali secondo la quale la malattia mentale rappresentava soprattutto un problema di ordine pubblico, per cui i malati psichici andavano allontanati dal contesto sociale per motivi, non di salute, ma di sicurezza. Il risultato era l’aggravamento della patologia psichica e l’insorgenza, in gran parte dei pazienti rinchiusi nei manicomi, di una nuova malattia – la sindrome da istituzionalizzazione - dovuta proprio alla lunga permanenza in questi istituzioni chiuse dove tutti i diritti venivano annullati e ogni possibilità di libera scelta veniva annullata.  

Chi è Stato?





La mia domanda non si riferisce all'attentato terroristico di Brindisi. Dopo la prima ubriacatura di analisi, di ipotesi, di congetture alla quale i politici di professione hanno dato il loro immancabile contributo lasciamoci tempo per saperne di più e riflettere senza farci travolgere dalle emozioni nella consapevolezza che, come ci insegna la storia del nostro Paese, faranno ogni cosa per nasconderci la verità e dovremo tutti tenere le antenne dritte per non abboccare a ricostruzioni e conclusioni di comodo.
Mentre si tenta, o si è tentato, di accreditare la tesi del pazzo che ha agito da solo (come se un esecutore solitario non possa essere il terminale di un progetto più vasto e architettato da forze oscure) è però inevitabile rievocare la strategia della tensione dei decenni passati e le stragi di mafia del 92-93. Perché questo sistema politico e di potere non regge più (e lo dimostrano le proteste sociali, i risultati delle ultime elezioni ed il rifiuto di una quota sempre più vasta di cittadini di andare a votare) ed ha bisogno di eventi 'esterni' che, attraverso la paura, gli restituiscano un minimo di ruolo guida della nazione. Perché, in un momento di passaggio e di trasformazioni politiche quali quelle che stiamo vivendo, la mafia non può mancare di far sentire il proprio peso e di lanciare segnali inquietanti ed intrisi di sangue ai propri interlocutori e complici. E da questo punto di vista appaiono del tutto insoddisfacenti e inattendibili le motivazioni con le quali si vorrebbe escludere essersi trattato di un crimine mafioso: ad esempio perché la mafia non userebbe certi strumenti (le bombole di gpl) o perché non metterebbe a rischio i propri affari in un territorio che controlla come se le mafie non fossero capaci di ogni tipo delitto e di colpire, come fatto innumerevoli volte, ovunque e senza alcun riguardo per le vittime da colpire.

lunedì 21 maggio 2012

MA QUALE CRESCITA?


  Di Giandiego Marigo
Continuo a sentirne parlare, da tutti! A destra, a sinistra...al centro, nelle grandi riunioni mondiali. Tutti si riempiono la bocca con questo termine. Per lamentarne la mancanza, per prometterla qualora gli si dia fiducia, per stigmatizzare il percorso che porti al suo agognato ritorno...comunque , sempre fornendo la certezza che nella sua eternità, stia ogni soluzione possibile e che nella sua affermazione si realizzi “il miglior mondo possibile” Finirò per essere catalogato come un "rompipalle farneticante", un classico mai contento, un grillino dalla capa molle che nega tutto ed il contrario di tutto. Però non intendo aderire a questa speranza, non mi sento di condividere, questa certezza. Non mi interessa un modello culturale e sociale basato sulla convinzione che solo crescendo eternamente sia possibile un percorso di Civiltà e Progresso. Non ci sto! In genere, anche dalle nostre parti, laddove si dovrebbe concepire alternativa e dove la cultura dominante non dovrebbe far presa, dove ci beiamo d'avere anche altro pensiero che non l'unico, riconosciuto e santificato...bhè anche qui paga molto di più aderire all'opinione corrente, farsi parte del flusso e del mucchio. Portare, docilmente e possibilmente allegramente, la propria dose d'acqua al mulino del conformismo di sinistra, ma, pur cosciente di andarmi a cacciare nell'ennesimo guaio, non posso non notare quel che , per me, è evidente. Porre la questione, come viene fatto sempre più spesso anche in AreA di Progresso, mettendo in dubbio la sincerità della dichiarazione di chi la auspica (per esempio i capi di stato riuniti al G8) e non la sua realizzabilità è profondamente mistificatorio. Accettare la stessa logica della necessità che la Crescita Eterna torni ad essere il nostro riferimento lo è altrettanto Un mezzuccio retorico, un espediente comunicativo, sarebbe come dire "Loro mentono...ma se ci fossimo noi non lo faremmo...riusciremmo a darvela la crescita".
Oggi il termine stesso "crescita" definito nel modo e nel contesto in cui viene adoperato è già di per sé mistificante! Discuterne! Quasi fosse possibile, in un contesto come il nostro , ormai chiaramente delineato e cioè di "consumo quasi totale delle risorse"  è già un inganno, è l'altra parte del discorso duale. La negazione che conferma, un raggiro, una canzone. Noi consumiamo due pianeti ogni anno...stiamo dando fondo, come parassiti impazziti ad ogni risorsa possibile, stiamo ricorrendo a mezzi “folli” per estrarre materie prime sempre più rare e scarse. Stiamo distruggendo e sperperando il nostro pianeta. Questa è la verità e la “crescita eterna” invece è un inganno, da chiunque venga raccontata. Aderire a questo "livello" di discussione, comunque venga giustificato ed anche nascondendosi dietro il giochino del "fossimo noi...saremmo meglio" senza avere il coraggio di porre la necessità , ormai non rinviabile di una "decrescita guidata e felice" è giocare con l'equivoco, sfruttandone le contraddizioni ma non è dire la verità. Significa accettare logica e premesse poste dal potere, riconoscere validità a questo modello. Accettare l'idea che si continui così, illudere ed illudersi che basti un “ritocchino”, in un impianto, filosoficamente, eticamente, spiritualmente ed economicamente valido, per riportare le cose ad una vivibilità diffusa e ad una normalità, che in fondo non si è mai veramente allontanata. Inganno, mistificazione, tanto quanto quella portata avanti dal potere...nel medesimo solco e del medesimo segno Per uscire da questa crisi il mondo dovrà cambiare, è stato detto a tratti, in occasionali sprazzi di sincerità, anche da intellettualità riconosciute e santificate, persone ben più preparate dello scrivano ignorante che vi intrattiene in questo frangente La scelta è fra un Evo Medio elitario, in mano a poche Famiglie Dominanti e ricchissime, oppure attraverso il "Cambiamento Profondo di Paradigma", la ridiscussione dei nostri postulati, delle nostre premesse con la modificazione delle filosofie delle spiritualità e degli stili di vita. Il resto, amici miei è raggiro, illusione, ipnosi e presa in giro ed io credo, in tutta sincerità, che chi si ponga come cielo Il Cambiamento non possa non affrontare questo dato fondamentale.

venerdì 18 maggio 2012

LA “SPINA” DI PALERMO


Riceviamo e volentieri pubblichiamo 



LA “SPINA” DI PALERMO





E’ ormai il “caos” a Palermo.
Caos “democratico” (per il Partito Democratico, s’intende…).

Chiusasi fragorosamente la stagione del berlusconismo (anche nelle sue diramazioni -“metastasi”, per alcuni- locali: dalla Moratti a Milano, a Cammarata a Palermo…), tutti i segnali convergevano in un’unica direzione: l’irripetibile opportunità per il Pd, principale forza d’opposizione in questi anni, di capitalizzare elettoralmente da un lato la “frustrazione pidiellina” (per quel promesso “miracolo economico” trasformatosi in incubo!), dall’altro la “rabbia leghista” (di chi è passato dall’orgoglio di gridare “padroni a casa nostra!” alla vergogna di scovare “ladroni in casa propria”!).

Test politico di primordine era rappresentato dalle amministrative di Palermo (quinta città d’Italia), dove dieci anni di mala amministrazione Cammarata (macchiata da svariati scandali e da una “gestione privata” della Cosa pubblica) avevano fatto lievitare le ambizioni del centrosinistra di governo cittadino.
Per il Pd, dopo essere entrati a Palazzo dei Normanni “furtivamente” dalla finestra, la prospettiva di entrare a Palazzo delle Aquile dall’ingresso principale appariva alquanto “allettante”… (in molti già pregustavano di dare il “benservito” al Pdl).

Nello stesso Popolo della Libertà tutti davano per persa la “fortezza palermitana” (previsione quanto mai azzeccata).
Avendo “perso la faccia”, del resto, il Pdl non si era fatto scrupoli a “chiederla in prestito” al giovane Massimo Costa, il candidato col volto da tronista prescelto come agnello sacrificale dai “berluscones” (tanto corteggiato prima del voto… quanto scaricato immediatamente dopo!).

Tutto sembrava già scritto…
Nessuno, però, aveva fatto i conti con una legge che non ammette sconti, quella di Murphy, secondo la quale se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi può condurre alla catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo”.
Ebbene, questo “qualcuno” si è concretizzato nel Partito Democratico!
L’autolesionismo proverbiale del Pd si è spinto al punto di seminare “tanta polvere” da raccogliere “solo vento” da quello che si preannunciava come il più grande raccolto dopo il “bunga bunga”!

Salvare la Grecia, salvare l'Europa



E' possibile che il dissolvimento dell'euro, o almeno l'abbandono della moneta comune da parte della Grecia per poi proseguire, con quello che è stato definito effetto domino, con gli altri PIIGS (Portogallo, Irlanda, Spagna, Italia) per arrivare forse fino alla Francia sia ormai un fatto ineluttabile. Ma evitiamo per carità di considerarlo uno scenario auspicabile, l'unica possibilità di salvezza per tutti i paesi coinvolti.
Anche chi, come ad esempio Loretta Napoleoni, da sempre è convinta che l'unica risposta alla crisi sia il ritorno alle monete nazionali non ne nega le conseguenze disastrose pur nella convinzione che ciò costituirebbe la fine di una lunga agonia, poter toccare finalmente il fondo per poi poter ricominciare a risalire.
L'uscita dell'Italia (e ciò vale anche per gli altri Paesi) dall'euro significherebbe la conversione del debito pubblico in una valuta estremamente più debole e dunque le sue dimensioni si ingigantirebbero ulteriormente. Farvi fronte ricorrendo ai mercati finanziari comporterebbe costi insostenibili, farlo attraverso l'emissione di moneta determinerebbe un'inflazione disastrosa. Quello che avviene in questi casi, si prenda l'esempio dell'Argentina, è il panico, l'assalto alle Banche e il loro fallimento, l'azzeramento dei risparmi privati, la paralisi per un periodo più o meno lungo dell'economia e dunque la chiusura di gran parte delle aziende, disoccupazione, fame, l'impossibilità di acquistare dall'estero i beni e le materie prime indispensabili (derrate alimentari, farmaci, combustibili) o l'aumento esponenziale dei relativi costi, insufficiente liquidità dello Stato per garantire la continuità nel pagamento di pensioni e stipendi. Qualcuno pensa che lo Stato possa rifiutarsi di onorare il proprio debito senza che questo comporti una conflittualità pericolosissima con i creditori esteri? Qualcuno pensa che la svalutazione renda nuovamente concorrenziale l'economia italiana senza tener conto delle sanzioni cui sarebbe sottoposta dalla comunità internazionale e comunque della difficoltà di poter collocare i propri prodotti in un periodo di recessione mondiale causato proprio dal crollo dell'euro? Davvero si è convinti che in un mondo saturo di prodotti e dove la minaccia incombente è l'esaurimento delle risorse naturali sia possibile ricominciare a produrre e vendere a go-go lavatrici, automobili, frigoriferi?
E' più facile che la reazione politica al caos sia la nascita di una democrazia popolare e solidale o piuttosto l'affermazione di un regime autoritario e para-fascista?

martedì 15 maggio 2012

Sei mesi di governo Monti



Sono trascorsi sei mesi dall'insediamento di Mario Monti alla Presidenza del Consiglio ed è passato abbastanza tempo per fare un bilancio ragionato dell'azione svolta dal suo governo nel quale possa prevalere l'analisi dei fatti più che le valutazioni o i pregiudizi ideologici.
Quando fu chiamato, a furor di poteri forti, alla guida dell'Esecutivo Monti deve essersi sentito una specie di Unto del Signore. La possibilità di applicare le proprie convinzioni e le proprie idee – politiche, economiche, sociali - avendo dalla propria parte i Grandi del mondo occidentale (Obama, Sarkozy, Merkel), le istituzioni finanziarie sovranazionali, il presidente Napolitano, la grande stampa italiana e internazionale, il consenso ampio dell'opinione pubblica italiana che, spesso anche dentro la sinistra radicale, tirava un sospiro di sollievo di fronte alla fine della vergogna del governo Berlusconi (e per quanto riguarda la qualità dei ministri, sarebbe bastato prendere una ventina di persone a caso per strada per trovare maggiore competenza e decoro di quella espressa dalla compagine di Lega e PDL), la benedizione del Vaticano, la fiducia del 90 per cento del parlamento con i partiti della sua maggioranza da un lato resi inoffensivi dalla perdita della propria credibilità e dall'altro ben contenti che ci fosse qualcun altro a fare il lavoro sporco 'chiesto dall'Europa'.
Una situazione che ricordava quello spot in cui si diceva “ti piace vincere facile”.
Quali sono i risultati (i fatti) dopo sei mesi di governo? I conti non sono stati messi in sicurezza se lo spread viaggia ormai da settimane intorno e oltre i quattrocento punti (e la riduzione rispetto ai tempi berlusconiani (532 punti il 9 novembre) è stata determinata solo dai miliardi di euro messi a disposizione all'uno per cento dalla BCE alle Banche per l'acquisto dei titoli degli Stati in crisi della zona euro) e il collasso dell'euro a partire da Grecia, Portogallo, Spagna per poi coinvolgere anche l'Italia appare un'ipotesi sempre meno improbabile, i compiti fatti a casa (le riforme (leggi macelleria sociale) e l'incremento delle tasse) non hanno in alcun modo attenuato la linea del rigore della Merkel e convinta ad intraprendere quell'azione (rendere la BCE prestatore di ultima istanza dei paesi euro) che sola potrebbe spuntare le unghie alla speculazione, il nostro Paese conosce una pressione fiscale mai vista in precedenza (e, in attesa che l'IMU si abbatta sui cittadini si studiano per le prossime settimane nuovi tagli allo Stato sociale (la spending review di Bondi) quale alternativa all'ulteriore incremento dell'IVA di due punti percentuali se non addirittura una manovra finanziaria aggiuntiva per riequilibrare i conti pubblici a seguito della riduzione del PIL), il costo della vita è aumentato in modo tragico per i ceti medi e bassi, l'economia è in piena recessione, il malessere sociale – dei lavoratori, dei disoccupati, dei precari, degli imprenditori, degli artigiani, dei pensionati, degli esodati - esplode.

domenica 13 maggio 2012

QUESTA! LORO CHIAMARONO GIUSTIZIA

Di Marigo Giandiego


SIA CHIARO! CHIARISSIMO!
Da che parte 
da sempre stia 
la ragione dei potenti 
Non ci si illuda 
che sia dato 
poter giocare ai giustizieri.
Qui si parla di guerra 
di morte! 
Non si scherza, 
ognuno svolga il proprio ruolo, 
senza fiatare. 
Chi ha da pagare , paghi  
chi non ne ha muoia , 
ma lo faccia in silenzio! 

Che  nessuno 
mai più 
mi parli di giustizia, 
non mi cantate libertà 
democrazia. 
Collaboraste  allo scempio 
all'omicidio 
Lontani da me 
voi avvolti in inutili bandiere 
Silenzio per favore. 
Non narratemi del vostro cambiamento 
che mai non cambia...nulla!
Voi che condannate  
voi che obbligate
quelli che furon schiavi  
a riabbassare il capo. 
Piegar  la schiena 
nuovamente, 
e poi sdraiarsi a terra 
perché ricchi, potenti e i sacerdoti, 
ne abbian spianato e ripulito il passo

Questa! Loro  chiamarono "giustizia" 
Questa! Loro  chiamano "legge" 
Questa! Loro  chiameranno "equità". 
Questa! Che i loro servi 
malamente travestiti 
dicon "democrazia" 

sabato 12 maggio 2012

Una proposta di legge d'iniziativa popolare per l'acqua pubblica nel Lazio

Perché una proposta di legge d’iniziativa popolare da presentare tramite il referendum propositivo?

Firma anche tu il referendum per l'acqua
Con la vittoria del 1° quesito referendario del 12-13 giugno 2011 è stata abrogata la norma che prevede l’obbligatorietà della privatizzazione del servizio idrico integrato.
Il referendum è stato proposto per far valere un principio chiaro: nella gestione dell’acqua, un bene comune fondamente, non si devono fare profitti e di conseguenza il privato deve stare fuori dalla gestione. La risposta dei cittadini votanti (95,35 % a favore della cancellazione dell’obbligo di privatizzazione) non può lasciare alcun dubbio sull’opinione, praticamente unanime, del popolo italiano.
Nel Lazio i cittadini che si sono espressi in tal senso sono più di 2.500.000 cittadini.
Perché allora ci stiamo muovendo con questa raccolta firme?
 La normativa europea dà ancora la possibilità di privatizzare il servizio idrico integrato e inoltre entro il 31 dicembre 2012  tutte le regioni dovranno legiferare in materia di servizio idrico, in particolare relativamente alla riorganizzazione degli Ato (Ambiti di Bacino Ottimali).
Per spingere la nostra Regione verso una gestione del servizio idrico  pubblica e partecipata, nel rispetto della volontà popolare, con un'ampia coalizione di cittadini, associazioni, forze sindacali e politiche, già impegnate nei referendum nazionali del 2011, vogliamo presentare una proposta di legge in tal senso alla Regione Lazio, attraverso un referendum propositivo.
La proposta di legge dovrà essere firmata da almeno 50.000 elettori del Lazio e, se entro un anno dalla sua consegna non sarà discussa, il Presidente della Regione Lazio sarà tenuto ad indire il voto referendario, in cui  cittadine ed i cittadini saranno chiamati ad esprimersi su questa proposta di legge.

Come per i Referendum del giugno 2011 anche questa battaglia ci riguarda tutte e tutti perché si scrive acqua ma si legge democrazia!

venerdì 11 maggio 2012

La crisi e i suicidi

Qualcuno sta cercando di far passare la tesi che non si sia in presenza di alcuna ondata di suicidi per motivi economici e a causa della crisi ma che, a fronte di numeri sostanzialmente 'fisiologici' e in linea con gli anni passati o addirittura in diminuzione, l'evidenza che i grandi mezzi di informazione stanno dando a queste tragedie faccia parte di una strategia volta a criminalizzare le tasse e a preparare l'agenda degli argomenti sui quali si combatterà la prossima campagna elettorale.
Premesso che sarebbe inaccettabile se anche una sola persona all'anno si togliesse la vita perché ha perso ogni speranza di ritrovare un lavoro o di salvare la propria impresa e far fronte ai debiti contratti, credo che sommessamente e in punta di piedi - tenuto conto dell'argomento - sia possibile proporre alcune riflessioni.
Anzitutto poiché presumo sia estremamente complicato risalire ai reali motivi di un suicidio e non so quanto possano far fede a tal fine i rapporti delle forze dell'ordine, forse sbrigativi e magari redatti principalmente sulla base di quanto riferito dai familiari delle vittime, credo sia più opportuno partire dai dati complessivi. E questi ci dicono, secondo quanto riportato dall'Istat, di un aumento dei casi dai 2828 del 2008 (primo anno della crisi) ai 3048 del 2010. Mentre diminuiscono contemporaneamente, dai 3327 del 2008 ai 3101 del 2010, i tentativi di suicidio.
E' casuale che l'aumento complessivo dei suicidi si sia verificato in concomitanza con la crisi economica?
Forse si potrebbe trarre qualche conclusione più attendibile se si avessero anche i dati del consumo, nello stesso periodo, di psicofarmaci, di droga e alcool e del ricorso alle strutture psichiatriche, nonché quello dei tumori sulla cui insorgenza influiscono, secondo alcuni, le condizioni psicologiche.
Nel contempo si deve rilevare come i suicidi tra i disoccupati siano aumentati del 40 per cento tra il 2008 e il 2010 (Rapporto Eures "Il suicidio al tempo della crisi"). 

martedì 8 maggio 2012

ALLORA? PARLIAMONE!




Di Marigo Giandiego

Ho voluto aspettare che le bocce fossero ferme, che quello che sta avvenendo in questo paese si solidificasse in un avvenimento compiuto. Ho aspettato perchè la prima risposta e reazione non fosse:
“Stai facendo campagna elettorale!”.
Ho aspettato, limitando le mie prese di posizione a dei post su Facebook e Google+, perchè gli spazi in cui pubblico sono spesso condivisi con altri, che hanno opinioni e soprattutto speranze ed aspettative diverse ed io li rispetto, anche se molti, nella loro cerchia, molto spesso durante questa breve, prima campagna non lo hanno fatto e non hanno dato alcun rispetto...io, invece, ho preferito farlo ed ho evitato di pubblicare negli spazi comuni
Adesso però le bocce sono ferme, per un poco, ed io ne approfitto.
Non foss'altro che per stigmatizzare il coro unanime che ha accompagnato quest'avvenimento, che ha raggiunto livelli di parossismo ed isteria quasi ridicoli.
Sto parlando, ed è ovvio dell'unico vero vincitore di questa piccola tornata elettorale quella fetta di Società Civile che si è autonomamente organizzata nel M5S.
I livelli di contrapposizione della politica tradizionale nei suoi confronti sono stati , sinceramente, sconcertanti ed hanno evidenziato tutta l'impreparazione e l'incapacità di comprendere un fenomeno come questo.
Persino da parte di quell'intellettualità di pseudo-sinistra che tanta sufficienza ha nell'auto incensare le proprie capacità raffinate e storicamente materialistiche d'analisi.
La corda è stata tirata oltre misura.
Le risposte, vaghe e ripetitive, si sono sovrapposte alle risposte dando come risultato finale quel Grande Nulla che si è presentato a nostri occhi in questa tornata elettorale.
Ed è solo l'inizio!
Le porte si sono aperte e nonostante la convinzione che solo la politica dei professionisti abbia un qualche capacità a governare, presto ci si accorgerà quanto sia difficile richiuderle.
Perchè, la gente ha imparato la strada e dopo oggi sarà davvero difficile convincerla che si debbano spendere dei miliardi per una buona campagna elettorale, che i costi della politica debbano essere senza limiti per oscure ragioni di decoro e di immagine. Oppure ingannarli con qualche nuovo soggetto, che non comprenda la loro partecipazione, diretta, anche in fase di pensiero, direzione ed analisi. La vecchia favola del gruppo di intellettuali variamente illuminati che, per spirito di dedizione ed abnegazione, pensano al futuro del “libero pensiero progressista” ormai non convince più nessuno.
Senza partecipazione e senza regole precise che limitino l'ambizione sfrenata di chi si ritiene leader e non personale di servizio...cosciente, qualificato, stimato...ma sempre di servizio, non credo che aggregazioni arbitrarie, abbiano alcun futuro.
Perchè il servizio è un premessa indispensabile, la passione, l'abnegazione e la dedizione sono postulati comportamentali e non definizioni teoriche, “essere il cambiamento che si vuole”.
Ho sostenuto da sempre come fosse necessario individuare un nuovo linguaggio, un nuovo ambito...per reinventare l'AreA di Progresso e Civiltà.
Ne sono ancora convinto, ma sono altresì certo che sottovalutare, ignorare, giocare a sminuire questa esperienza sarebbe demenziale, suicida e miope.
Assisto con il raccapriccio di sempre all'attribuzione, solita, delle vittorie...dove hanno vinto tutti e quelli che non lo hanno fatto , sicuramente non hanno perso , ma tenuto in una fase difficile, variazioni su relatività incrociate.
Mi sembra quanto meno originale affermarlo a fronte al fatto, che pur con l'evidente successo di M5S, che ha riportato al voto astensionisti incalliti, l'area dei non-votanti sia comunque aumentata, significa, e non occorre un analista di flussi per comprenderlo, che un numero mostruoso di votanti abituali non si è recato alle urne e, pur non avendo il coraggio civile di una scelta radicale e di impegno come M5S, ha tolto la propria fiducia e la conseguente delega alla “politica tradizionale”.
Questo però i veri anti-politici...i veri populisti, arruffapopoli sembrano non volerlo affatto capire e continuano nella loro marcia demenziale, ammannendoci i loro discutibili commenti.
E' chiaramente solo l'inizio del “grande cambiamento”...un accenno, un assaggio.
Oggi più che mai sarà necessario vigilare, controllare , partecipare, ma fra le mille cose che in molti non hanno capito di M5S è che il Movimento non è Grillo, ed egli stesso lo ha ripetuto più e più volte, pur con tutto quello che gli si deve e gli si riconosce, ma la schiera sempre più consistente di cittadini attivi che ne controllano i meccanismi e non capire questo significa non avere compreso nulla. M5S è un'opportunità!
Che bada e pone grande attenzione ai meccanismi di rappresentatività e di controllo democratico dal basso della medesima, perchè è lì che il meccanismo della democrazia occidentale si è inceppato ed è, ancora, lì che il capitalismo e la corruttela hanno creato maggiori disastri. Perchè è lì che avviene il controllo e la più grande manipolazione.
Per un volta, e finisco, non ho voluto parlare di cose “Alte” sebbene sia L'AreA di Progresso e Civiltà, così come la Rivoluzione Spirituale abbiano grandissima attinenza con questo percorso, mi dispiace di deludere ulteriormente i detrattori. Ci sarà tempo per ri- approfondire questi discorsi che fanno parte del mio umilissimo portato...e d'altra parte proprio essi mi hanno condotto a queste spiagge, dove sono, al momento, assiso con grande soddisfazione. Questi discorsi, per me, importanti non vengono, affatto, dimenticati e non sono in alcuna contrapposizione con il percorso, tutt'altro essi hanno una possibilità, finalmente reale, di verificarsi nella pratica quotidiana, che nessuna “formazione” aveva, sin qui, dato loro

Il punto. Riflessioni elettorali


La risposta sul piano elettorale alla crisi economica è abitualmente il rafforzamento delle opposizioni e ciò è tanto più naturale di fronte a quella epocale che stiamo attraversando.
Nel contesto contingente, la linea di tendenza prevalente in tutti i paesi europei in cui si è votato in questi giorni è che vincono o che si rafforzano coloro che contrastano più o meno radicalmente le politiche di austerità e neoliberiste.
Nella Gran Bretagna di Cameron i laburisti conquistano molte amministrazioni locali, nella Germania la Merkel perde un ulteriore Land, lo Schleswig-Holstein.
In un Paese a democrazia matura come la Francia la governabilità viene assicurata, con la vittoria della collaudata proposta socialdemocratica di François Hollande, a detta di molti niente più che un burocrate di partito privo di particolare carisma (ma questo non è in sé un male), solo perché lì il sistema elettorale vigente, a doppio turno, taglia inesorabilmente le estreme (Mélenchon e Marine Le Pen).
Sapremo presto se e come il nuovo Presidente francese, al di là degli entusiasmi che ha suscitato nella sinistra nostrana, saprà e vorrà realizzare una politica realmente e radicalmente riformatrice, se e come potrà muoversi dentro i percorsi definiti dalle compatibilità economiche europee e non dover cedere alle pressioni e ai ricatti della speculazione e dei mercati.
Laddove, come in Grecia, si è abbattuta sulla società civile la feroce scure delle politiche economiche delle istituzioni europee, i partiti - i 'socialisti' del Pasok e la destra di Nuova Democrazia - che sostenevano il premier Papademos, il Monti o se si preferisce il Quisling ellenico, sono travolti e dimezzati fino a non avere più la maggioranza in Parlamento.
E' questo, a mio avviso, più della vittoria di Hollande il dato più significativo di questa tornata elettorale europea, la dimostrazione che le politiche dei sacrifici senza adeguate contropartite nella redistribuzione dei redditi e nel contrasto della povertà sono inaccettabili senza se e senza ma (proprio perché in tal modo diventano esclusivamente massacro sociale).

domenica 6 maggio 2012

Come ridurre gli sprechi dello Stato


Nell'ambito dell'incarico assegnato al super-super tecnico Enrico Bondi per la riduzione degli sprechi della spesa pubblica (la spending review) il Governo ha invitato i cittadini a segnalare sul proprio sito con un apposito form i casi di dissipazione del denaro pubblico. E' evidente l'uso strumentale e propagandistico di tale 'appello al popolo' e di 'esercizio' di democrazia diretta: quello di dare l'illusione ai cittadini di poter influenzare le decisioni della politica e di ricavarne magari qualche caso eclatante (chissà, un dipendente pubblico infedele che si porta a casa un rotolo di carta igienica o la penna dell'amministrazione pubblica) da dare in pasto, in stile blitz anti-evasione o di falso invalido colto in flagrante, alla pubblica opinione e alla riprovazione generale.
Per poter realmente perseguire il bene comune, per compiere le scelte coerenti con tale fine sul piano della legislazione, della pratica amministrativa e della politica economica e fiscale, questo Governo e queste Istituzioni dovrebbe avere il carattere di reale espressione democratica e non essere i meri esecutori della volontà di poteri forti nazionali e internazionali più o meno identificati che si realizza, per soprammercato, attraverso la mediazione di caste partitiche corrotte, inette, prive di ogni credibilità.
In ogni caso, anche per rispondere agli appelli di Sbilanciamoci e della Rete italiana per il disarmo, credo sia utile promuovere un dibattito pubblico e partecipato sulle scelte di finanza pubblica che consenta ai cittadini di prendere consapevolezza delle questioni in gioco e di far sentire, alta e senza ipocrisie, la propria voce.

sabato 5 maggio 2012

A proposito del libro "Il Casalese", la biografia non autorizzata di Nicola Cosentino

Riceviamo e pubblichiamo dalla Casa Editrice Cento Autori gli aggiornamenti in merito alla richiesta di sequestro del libro "Il Casalese", la biografia non autorizzata dell'ex sottosegretario all'economia Nicola Cosentino, salvato dall'arresto richiesto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli dal voto della Camera dei Deputati grazie all'apporto determinante dei rappresentanti della Lega Nord.
Per la cronaca l'onorevole Nicola Cosentino fa parte della maggioranza PD-PDL-UDC che sostiene il governo del 'moralizzatore e riformatore' Mario Monti e rende il giusto valore agli appelli di Napolitano a dare fiducia alla politica e ai partiti che dovrebbero salvare l'Italia.


"Cari Amici,

Vi aggiorniamo in merito alla vicenda de Il libro IL CASALESE.
Il giudizio civile promosso dal fratello dell'ex sottosegretario all'economia, Nicola Cosentino, contro l'editore e i giornalisti del libro “Il Casalese - Ascesa e tramonto di un leader politico di Terra di Lavoro”, sarà ripreso da una Sezione ordinaria del Tribunale di Napoli, in quanto il giudice accogliendo la prima delle contestazioni mosse dalla difesa della casa editrice Cento Autori, si è dichiarata incompetente. Era accaduto infatti che i legali dell'imprenditore Giovanni Cosentino si fossero impropriamente rivolti alla “Sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale”. Sarà dunque una Sezione ordinaria a dover esaminare il secondo motivo dell'opposizione dell'editore alla procedura d'urgenza (art.700 del codice di procedura civile).
Intanto continua la mobilitazione e continuiamo a chiedere la Vostra solidarietà e collaborazione nel diffondere questo aggiornamento affinché non si spengano le luci su questa vicenda che mina la libertà d’informazione e la libertà di stampa.

casalese con fascia
 


Edizioni Cento Autori
Via A. Genovesi, 5
80010 Villaricca (Na)


martedì 1 maggio 2012

Ora Grillo chieda scusa per quanto detto sulla mafia



Non ho mai condiviso l'idea che sembra unire gli esponenti della nomenklatura italica (e i loro megafoni), gli irriducibili oppositori al sistema nonché i puristi della democrazia liberale e cioè che il vero problema italiano sia Beppe Grillo (e magari anche Di Pietro).
Per alcuni Grillo svolgerebbe nient'altro che la funzione di sfogatoio subdolamente offerto o tollerato dal sistema per placare gli animi di indignati e incazzati ed allontanare la prospettiva di una vera rivoluzione, per altri rappresenterebbe la peggiore risposta possibile alla crisi italiana della democrazia e della politica.
Crisi che nasce in tutto l'Occidente, vale la pena di ricordarlo, a causa dell'espropriazione della possibilità di decidere liberamente della cosa pubblica e sul bene comune operata nei confronti dei cittadini e dei loro rappresentanti da parte di un complesso finanziario-militar-industriale sovranazionale e delle varie istituzioni, prive di legittimazione democratica, che esso esprime: FMI; BCE, WTO e via discorrendo.
In Italia la situazione è ancora più grave perché a questo formidabile fattore di distorsione della volontà popolare, quello che ha portato nelle strade e nelle piazze i giovani di tutto il mondo da Occupy Wall Street agli Indignados spagnoli, se ne aggiungono altri ancora: la scarsa coscienza civica di una larga fetta di cittadini, l'inquinamento sociale determinato dall'economia illegale e criminale, una classe dirigente corrotta, inetta, inadeguata e abituata alla subalternità ai poteri stranieri, il ruolo politico del Vaticano.
Tornando a Grillo la premessa da cui parto è che quando si subisce un'aggressione o si assiste ad un'aggressione, quando si vive una condizione di sudditi in cui i diritti individuali e collettivi sono negati, gridare è la prima e più spontanea cosa che si possa fare, non è che si pensa anzitutto ad aggiustarsi giacca e cravatta e ad articolare discorsi sociologici e giuridici. E se c'è qualcuno che grida con te e dà voce alla tua rabbia e alla tua disperazione bisogna dargliene atto. Poi certo ci si chiederà chi è, da dove viene, perché lo fa, che scopi ha, chi ha dietro, cosa vuole da te, cosa ti sta proponendo.
Io intanto come cittadino, allo stato attuale dei fatti, sono grato a Grillo per aver rotto da tempo e con efficacia innegabile il coro assordante di chi vorrebbe farci credere che tutto deve andare così, che non ci sono alternative, che la crisi si risolverà grazie alla competenza e all'indipendenza dei tecnici e al senso di responsabilità di Berlusconi, Casini e Bersani.