"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

domenica 30 settembre 2012

La vergogna del mausoleo al macellaio e criminale di guerra Rodolfo Graziani

127 mila euro di soldi pubblici è costato il mausoleo dedicato dal comune di Affile al macellaio e criminale di guerra Rodolfo Graziani ma questo ennesimo sperpero del denaro di tutti è l'aspetto meno grave di uno scempio in cui, come meritoriamente ci informa e denuncia Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, viene commemorato, in un Paese in cui ancora vige il reato di apologia del fascismo, colui che fu secondo lo storico Angelo Del Boca, massimo studioso di quel periodo, «il più sanguinario assassino del colonialismo italiano».
Succede tutto in un silenzio assordante e nell'indifferenza generale, sempre per citare Gian Antonio Stella: evidentemente la memoria storica non fa parte del DNA di questa Italia e commemorare un gerarca fascista è da considerarsi meno grave che pasteggiare ad ostriche e champagne con i soldi del finanziamento pubblico ai partiti. 


L'apologia del fascismo è un reato previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645 (contenente "Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione"), anche detta Legge Scelba, che all'art. 4 sancisce il reato commesso da chiunque «faccia propaganda per la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista», oppure da chiunque «pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche». E' vietato perciò la ricostruzione del PNF e del Partito dei Nazionalsocialisti (ovvero quello Nazista). Ogni tipo di apologia è denunciabile con un arresto dai 18 mesi a 4 anni.

sabato 29 settembre 2012

Cercasi disperatamente leader per la Sinistra




Cercasi disperatamente leader per la Sinistra o se si preferisce per l'Alternativa alla dittatura liberista e del finanzcapitalismo incarnata in Italia dal suo plenipotenziario Mario Monti.
Età dai 35 ai 45 anni, preferibilmente donna, dotato di sufficiente carisma e prestigio per sparigliare – forte di un consenso e di una popolarità diffusi - i giochi e i giochini, frutto di egoismi e di ambizioni personali, dei vari capetti dell'opposizione, esterno ai partiti esistenti per non restarne intrappolato nei rispettivi veti. Segni particolari: onesto.
A me vengono in mente i nomi di Maurizio Landini, 51 anni sindacalista, Roberto Scarpinato, 60 anni magistrato antimafia e fine intellettuale, Milena Gabanelli, 56 anni giornalista – tutti a dire il vero oltre il range d'età ipoteticamente ideale per rappresentare una candidatura di vero cambiamento – ma mi auguro che in giro ce ne siano altri e magari di migliori a cui non ho pensato.
Ci sarebbe stato anche Luigi De Magistris, 45 anni ex magistrato ed ora sindaco di Napoli, che però ha deciso di saltare un turno e di riproporsi alla prossima occasione anche perché, al di là di ogni considerazione dietrologica, non poteva certo abbandonare l'incarico di primo cittadino della città partenopea dopo nemmeno due anni dall'elezione.
Mi rendo conto che puntare tutto sul leader sia una scorciatoia ed una semplificazione pericolosa, che non sia il percorso ottimale, politicamente corretto per la costruzione dell'alternativa rispettando gli ideali di scuola della sinistra e/o della politica 2.0: rifiuto del leaderismo, affermazione del principio che ciascuno vale uno, percorso condiviso e partecipato dal basso per l'elaborazione del programma politico e delle regole di organizzazione del soggetto politico (utilizzando le opportunità offerte dal web), coinvolgimento dei movimenti e delle associazioni di base e via discorrendo.
Ma non c'è più tempo come è scritto nel Manifesto fondativo del Soggetto Politico Nuovo (Alba) e, anche se tutte quelle 'norme' che ho sopra menzionato non fossero utopia e non si dovesse tornare alle logiche leniniste di organizzazione politica, le elezioni sono dietro l'angolo.

venerdì 28 settembre 2012

La vita fatta di priorità, Giavazzi & Alesina e lo Stato sociale

La vita è fatta di priorità: così dice o diceva (non so se viene ancora trasmesso) l'ammiccante spot del gelato Magnum Algida.
E lo stesso vale per la politica e l'economia.
L'economia è, dovrebbe essere, l'impiego di risorse scarse per la soddisfazione dei bisogni umani e dunque impone sempre delle scelte su quali necessità sia opportuno privilegiare e quali altre considerare secondarie. E la politica, in quanto governo della società, si fonda anch'essa sul dovere di individuare gli obiettivi da perseguire prioritariamente, in un contesto definito da un lato dalle risorse disponibili e dall'altro dai principi e valori etici su cui si fonda la convivenza civile e che definiscono il bene comune.
Per l'ineffabile duo Giavazzi e Alesina la priorità è la crescita ed in funzione di questa, come scrivono nel loro ultimo editoriale di domenica 23 settembre sul Corriere della Sera, bisogna ridurre le spese dello Stato sociale – pensioni, sanità, scuola pubblica – per diminuire il fabbisogno finanziario pubblico e dunque le tasse e con ciò favorire la crescita.
Concetti già espressi da Mario Draghi: lo Stato sociale europeo è morto perché costa troppo mantenerlo a causa delle trasformazioni demografiche che si sono verificate in Europa ed anche in Italia. Troppi vecchi a cui pagare le pensioni e per troppo tempo, troppi vecchi da curare e i vecchi hanno bisogno di maggiori e più costose cure.
Ora intanto è tutto da dimostrare che un Paese che lasci campo libero al far west sociale (meglio la Germania e i Paesi scandinavi fondati sul welfare o gli Stati Uniti?) e comunque sulla liberazione delle dinamiche del mercato anziché sull'intervento pubblico, secondo le teorie keynesiane, sia più idoneo a favorire la crescita o quantomeno una crescita virtuosa. Ma soprattutto la crescita, concetto discusso e discutibile per chi apprezza Maurizio Pallante e Paolo Cacciari ma contestato, addirittura oltre quarant'anni fa, anche da Robert Kennedy (cfr. il video aggiunto alla fine del post), non può essere in sé considerato il fine ultimo di un consesso sociale. Al massimo può essere definita un mezzo o una condizione per incrementare la ricchezza materiale collettiva da redistribuire eventualmente in base ai principi che si ritengono equi e per consentire di far fronte alle funzioni fondamentali dello Stato e tra queste appunto le pensioni, la scuola e la sanità.

sabato 22 settembre 2012

La Polverini e quer pasticciaccio brutto di Via della Pisana




Quali riflessioni suscita l'ultimo caso di politici colti con le mani nella marmellata, il 'disinvolto' utilizzo dei finanziamenti erogati dalla Regione Lazio – milioni di euro – al gruppo consiliare del PDL a causa del quale ne è stato posto sotto inchiesta l'ex capogruppo Fiorito detto “er Batman”?
Anzitutto che nonostante ci abbiano raccontato che l'Italia era sull'orlo del baratro e che per salvarci era necessario adottare misure da economia di guerra, provocando la più grave recessione dal 1945 ad oggi e bombardando welfare e diritti sociali, la stragrande maggioranza del ceto politico ha continuato a gozzovigliare alle nostre spalle, utilizzando a fini privati i soldi del finanziamento pubblico ai partiti e continuando a percepire retribuzioni sproporzionate per lo svolgimento di cariche elettive, ad arricchirsi con la corruzione, a sperperare il denaro pubblico per favorire congiunti, amici, amanti, vecchi sodali attraverso consulenze, appalti e nomine nelle aziende pubbliche.
Dimostrando con ciò non solo il proprio infimo livello morale ma anche scarsa intelligenza, incapaci di muoversi pur nell'illegalità con un minimo di prudenza, di pudore, di truffaldina furbizia.
Questi soggetti – sono quelli che quando intervistati dalla Iene mostrano di non avere alcuna nozione di base della Costituzione, della storia, della geografia, delle questioni internazionali – si segnalano esclusivamente per la propria sguaiatezza, arroganza, ignoranza.
Se le teorie lombrosiane – individuare i soggetti predisposti ai comportamenti devianti e criminali in base ai propri tratti somatici - non fossero inaccettabili per il loro insito razzismo troverebbero sorprendenti conferme nelle facce di numerosi 'protagonisti' politici di questi tempi: Belsito, Fiorito, Scilipoti.
Andando indietro con la memoria solo negli ultimi anni ci troviamo di fronte ad un autentico stillicidio di inchieste giudiziarie per episodi di corruzione, di malversazione, di tradimento dello spirito di disciplina e onore che deve ispirare chi svolge funzioni pubbliche: dall'inchiesta sull'urbanistica contrattata a Firenze con coinvolgimento di Ligresti e dell'ex assessore piddino di Firenze Graziano Cioni a quella sulla sanità publiese, dallo scandalo della protezione civile (con annesso appartamento di Scajola pagato da qualcuno a sua insaputa) al caso Penati, Delbono, la P3, la P4 e Alfonso Papa, Milanese, Lusi il tesoriere della Margherita che ha tenuto per sè o trasferito ad altri gran parte dei finanziamenti destinati ad un partito morto e defunto, Belsito che faceva altrettanto insieme ai membri del 'cerchio magico' di Bossi con i finanziamenti alla Lega, Formigoni e la sanità lombarda.

giovedì 20 settembre 2012

Nazionalizzare la Fiat

Dunque Marchionne ha finalmente fatto vedere le carte che aveva in mano e svelato il suo bluff: il programma Fabbrica Italia, venti miliardi di euro da investire nelle industrie Fiat in Italia, era solo un inganno a cui hanno potuto abboccare o far finta di abboccare solo gli allocchi e le persone in mala fede.
Tra questi, ciascuno è libero di scegliere come collocarli tra le due categorie, Mario Monti, Fassino, Renzi, Chiamparino, Ichino, Sacconi, Bonanni e Angeletti (con la pavida e complice Camusso a tenergli il gioco) e molti altri.
Tra coloro che invece avevano compreso e denunciato da subito l'inganno ne cito due: Guido Viale e Giulietto Chiesa.
Una sceneggiata che ha fornito dolosamente il pretesto per portare un ulteriore attacco letale ai principi su cui si fonda una avanzata civiltà del lavoro – tempi e condizioni di lavoro compatibili con la dignità umana, le libertà sindacali, il contratto nazionale - ed è solo grazie alla resistenza della Fiom di Landini, Ariaudo e Cremaschi ed al coraggio degli operai di Pomigliano d'Arco e Mirafiori se i diritti dei lavoratori, di tutti i lavoratori, richiamati dalla Costituzione non sono stati completamente travolti.
Correttamente, mi sembra, Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera smonta le argomentazioni e le giustificazioni che Marchionne nell'intervista a Ezio Mauro ha addotto per spiegare il cambio di strategia: che il mercato dell'auto fosse in crisi perché la domanda di nuove autovetture non è più e non può essere più quella del passato lo si sapeva da anni e la congiuntura economica attuale ha solo accentuato un trend già in atto; la scelta della Fiat, a differenza dei propri concorrenti, di non investire su nuovi modelli di automobile ha accentuato il calo di vendite e la perdita di quote di mercato in Italia e in Europa; non è vero che la Fiat è andata ed è diretta verso una sempre maggiore internazionalizzazione: di fatto ha sempre più la testa ed il corpo radicato negli Stati Uniti mentre il crollo del mercato italiano non giustificherebbe la chiusura degli stabilimenti se l'azienda fosse in grado di produrre automobili di qualità tali da poter alimentare in quantità adeguate le esportazioni.

martedì 18 settembre 2012

Renzi e gli outsiders

Uno dei misteri, non propriamente gloriosi, della politica non solo italiana è rappresentato dalla frequenza con cui personaggi ai quali in condizioni normali non si darebbe una lira riescano ad assumere un ruolo di leadership ed a poter influenzare in modo decisivo le dinamiche elettorali e parlamentari di un Paese.
Di Berlusconi si è detto e scritto di tutto ma il suo successo elettorale non può essere considerato sorprendente potendosi basare su di un impero mediatico-finanziario e dunque soldi, mezzi di comunicazione, esperti e strateghi pubblicitari senza uguali in Italia.
Più sbalorditiva è la fiducia che in questi anni ha potuto riscuotere un personaggio come Umberto Bossi, non esattamente un fine intellettuale né uomo dai modi raffinati, ma evidentemente ha potuto trovare rilevanti percentuali di cittadini che si sono riconosciuti nei suoi rozzi atteggiamenti e discorsi.
Chi sta su sponde opposte a quelle di chi scrive su questo blog sarà schifato dagli exploit di Di Pietro, dalle sue contraddizioni tra l'anima di destra e la rappresentanza di istanze di sinistra, di Nichi Vendola, con i suoi discorsi in stile supercazzola di monicelliana memoria (mentre guarda caso un politico sobriamente comunista come Paolo Ferrero resta pressoché ignorato dal grande pubblico), di Beppe Grillo e della sua aggressività verbale politicamente scorretta.
Quello che non si capisce, per lo meno io non riesco a capirlo, è se è talmente basso il livello generale della classe politica che basta imbroccare, pur senza grandi qualità personali ma con il fiuto di intuire cosa vuol sentirsi dire la gente, il filone giusto – in termini di immagine personale, proposte, linguaggio – per realizzare imprevedibili exploit elettorali oppure se certi sorprendenti casi di successo diventano tali solo quando fanno comodo o sono promossi dal sistema (il potere economico) o sono da questo almeno considerati utili o non pericolosi.
Non dice questo la parabola della Lega di Bossi ed il suo repentino tramonto?
L'ultimo outsider apparso all'orizzonte è Matteo Renzi assurto ad uno dei possibili vincitori delle primarie del centrosinistra.

sabato 15 settembre 2012

“PARASSITI”: COME NASCONO, CRESCONO E PROLIFICANO GLI ELETTI…



“OVERDOSE” DEMOCRATICA

“CHI VIVE A SPESE DEGLI ALTRI DANNEGGIA TUTTI”.
Questo il noto slogan d’una recente e alquanto stravagante pubblicità progresso, che, accostando le foto di orripilanti parassiti con quella d’un evasore fiscale -invero più simile a un povero disgraziato!-, metteva in guardia i cittadini dalla tentazione di non pagare le tasse…
Ma chi sono i veri “parassiti”?
Solo i commercianti che non erogano lo scontrino -magari perché strangolati da un regime fiscale opprimente-?
Oppure le vere “sanguisughe” sono in primis quei politici che, adagiati su comode poltrone -senza alcuna voglia di mollarne la presa!-, hanno prosciugato le speranze d’un’intera generazione (la stessa che è divenuto improprio chiamare “generazione 1000 euro”, visto che sempre più si ritrovano “0 euro” in tasca a fine mese!)???

La Democrazia è l’antibiotico più efficace contro i pericoli di “devianze autoritarie” che possono minare la salute di qualsiasi Corpo civico.
Sosteneva saggiamente Paracelso, però, che “è la dose che fa il veleno”.
Allora, come un sovradosaggio antibiotico può esser letale per un paziente, allo steso modo L’ECCESSO DI RAPPRESENTANZA POLITICA PUÒ RISULTARE UN “COLPO MORTALE” PER LA DEMOCRAZIA!

Ogni democrazia “deve” avere un prezzo, in termini di costi della politica che si ripercuotono sui contribuenti.
Ma QUANDO TALE PREZZO VIENE PERCEPITO COME INGIUSTIFICATO, arbitrario, insostenibile dai cittadini IL RISCHIO É D’ASSISTERE A UNA LENTA, INESORABILE “DELEGITTIMAZIONE” DELLA POLITICA, FOMENTANDO POPULISMI D’OGNI GENERE che rischiano di portare al collasso il Sistema democratico!
L’ITALIA, senza nemmeno accorgersene, si É così ridotta a UN PAESE “sotto occupazione”: OCCUPATO DA UN “ESERCITO” DI POLITICI mestieranti, benpensanti, brizzolati e dai colletti bianchi, pronti a occupare stabilmente ogni Palazzo, ogni scranno, ogni seggiola disponibile in ogni ganglio vitale -e non- delle Istituzioni, ingolfando una macchina repubblicana già alquanto rodata con la propria parassitica sovrabbondanza!

LA CURA da adottare al più presto per evitare che il Paese muoia “d’overdose democratica” É solo una: LA RISCOPERTA DEL SENSO DEL “PUDORE” DA PARTE DI CHI CI GOVERNA E RAPPRESENTA, chiamato al costo di duri sacrifici -di riforme “impressionanti”- ad abbattere lo “spread” tra il costo della politica italiana e quella dei restanti paesi occidentali, ormai superante ogni livello di guardia!
Se i politici vogliono tagliare sul serio i costi della politica, per primo devono tagliare “se stessi”, eliminando qualche poltrona di troppo -più d’una!- al costo di scontentare molti contendenti del “gioco delle sedie” cui si è ridotta la politica italiana!

L’alternativa che abbiamo di fronte non è tra Democrazia e “mancanza di Democrazia”: l’alternativa è tra una Democrazia inefficiente e sprecona e una Democrazia che funziona!
LA POLITICA É UN’ARTE “NOBILISSIMA”.
LO É MENO, però, SE FATTA DA GENTE CHE DI “ONOREVOLE” CONSERVA SOLO IL TITOLO!

Fenomenologia di Beppe Grillo

Seguo da anni Beppe Grillo, attraverso i post ed i video che pubblica sul suo blog, considerandolo, al di là delle critiche nei suoi confronti, siano esse giuste o sbagliate, uno dei più importanti fenomeni politici dell'Italia di questi ultimi anni, uno dei pochi tentativi – poi si potrà discutere se spontaneo o manovrato da qualcuno alle sue spalle, se utile per la consapevolezza collettiva o mero sfogatoio delle frustrazioni dei cittadini – di squarciare il conformismo del regime – culturale, economico e politico – che domina il nostro Paese.
Ma non avevo mai visto integralmente un suo spettacolo finché, a seguito delle polemiche innescate dalle 'rivelazioni' del Corriere della Sera sulle presunte dichiarazioni razziste tratte da un suo show del 2006, ho voluto verificare la fondatezza della replica di Grillo stesso che dal blog contestava l'estrapolazione arbitrarie di alcune frasi dal contesto in cui erano state dette invitando ad esaminare il video completo della sua esibizione su youtube.
Be' allora diciamolo, secondo me, certe allusioni, certe cadute di stile, razziste e omofobe sono presenti negli spettacoli e nelle dichiarazioni di Grillo. Intendiamoci, cose non eclatanti che passerebbero probabilmente inosservate se si fosse in presenza esclusivamente di esibizioni comiche ma che non possono non essere rimarcate quando ci si trova di fronte al leader di un importante movimento politico.
E d'altra parte Grillo è uso proporre consapevolmente post, argomenti, idee, dichiarazioni che alternativamente solleticano i valori e le rivendicazioni dell'elettorato di sinistra (il reddito di cittadinanza, la Resistenza, i diritti dei lavoratori, la denuncia del pensiero unico filo-israeliano) e di quello di destra (le tasse troppo alte soprattutto per lavoratori autonomi e imprenditori, la necessità di ridurre le spese dello Stato e i dipendenti pubblici, la contrarietà al riconoscimento della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati). Insieme a temi che incontrano un favore trasversale: la contestazione dei privilegi dei politici e gli sprechi dello Stato, la difesa dell'ambiente.
Ma chi è e cosa rappresenta Grillo, oltre ad essere un personaggio carismatico, un attore comico di razza, uno showman instancabile ed efficace capace di stregare per due ore e passa il pubblico che assiste ai propri spettacoli? Un esperimento mediatico del dottor Stranamore Casaleggio? Un'entità manovrata da qualche potenza straniera o dai poteri forti per destabilizzare l'Italia? Un uomo che combatte il declino che colpisce inesorabilmente i personaggi di successo del mondo dello spettacolo percorrendo nuove strade per conservare popolarità e guadagni milionari? Un uomo spinto dall'ambizione e dai propri sogni di gloria? Semplicemente un uomo onesto che combatte per il bene comune?
Non lo so e credo che nessuno possa dare una risposta in assenza di concreti elementi di fatto.
Per quanto mi riguarda mi riconosco pienamente in quello che scrive il buon Aldo Giannuli: “Non ho mai nascosto la mia simpatia esterna verso un movimento che può crescere e dare un contributo importante al rinnovamento di questo paese ed ho sempre detto che l’esito del processo aperto dalla nascita del M5s dipenderà anche dalla capacità di dialogo che avremo noi da sinistra. E dunque ho avuto un atteggiamento amichevole che confermo –pur nella differenza di collocazione politica: io ero e resto marxista- ma la migliore prova di amicizia è non tacere nessuna critica.”

mercoledì 12 settembre 2012

Lavoro e Mercato

Credo, immagino, mi auguro che la stragrande maggioranza delle persone stia dalla parte dei lavoratori che lottano in difesa del proprio posto di lavoro, cioè del diritto ad avere un reddito sufficiente per vivere e a conservare quel ruolo e quel riconoscimento sociale che solo il lavoro assicura.
Si condividono le ragioni legate al bisogno di chi lotta anche quando appare evidente che si tratta di vertenze sconfitte in partenza perché le imprese che si cerca di non far chiudere sono ormai 'fuori mercato' e non più in grado di produrre profitti considerati adeguati dagli investitori o che confliggono con la tutela dell'ambiente, della salute e dell'integrità fisica dei cittadini.
E d'altra parte se in cima alle paure degli italiani vi sono proprio la crisi e la perdita del lavoro non dipende da una ben congegnata e coordinata campagna di disinformazione dei media ma proprio dalla realtà della situazione economica attuale del nostro Paese.
Realtà di cui danno prova tutti gli indicatori economici: l'andamento del PIL, il tasso di disoccupazione che assume livelli intollerabili soprattutto al Sud, per le donne e per i giovani (il cui accesso al mondo del lavoro è stato reso ancora più difficile proprio dalla riforma delle pensioni della Fornero che ha bloccato l'uscita dalle aziende degli anziani), l'aumento della pressione fiscale ed il contemporaneo incremento in valore assoluto del debito pubblico, la riduzione del potere d'acquisto di lavoratori e pensionati con i salari rimasti al livello di decenni fa, gli sfratti per morosità ed i protesti e le insolvenze bancarie a livelli record, la contrazione dei consumi (compresi ovviamente quelli legati al turismo estivo), il saldo negativo tra le nuove imprese che nascono e le vecchie che falliscono (150 'tavoli' relativi ad aziende in crisi aperti presso il Ministero dello Sviluppo Economico 'Economia con 180 mila lavoratori coinvolti ed almeno 30 mila esuberi previsti), il ricorso alla cassa integrazione per un numero di ore sempre crescente, la nuova emigrazione dei giovani verso i Paesi stranieri.
Per chi perde il lavoro (il “posto di lavoro” esecrato dalla Fornero), soprattutto se ha più di quaranta o cinquant'anni, non c'è speranza di poterlo ritrovare e non resta che salire sulle gru, sulle torri, scendere sotto terra nelle miniere per affermare i propri diritti o addirittura togliersi la vita in preda alla disperazione.
La verità è che il lavoro non c'è, non c'è più, non c'è per tutti.

lunedì 10 settembre 2012

Centralità operaia



Sarà che le elezioni si avvicinano ed Istituzioni e partiti non possono certo smentire quella retorica del lavoro, dello sviluppo, della crescita che profondono a piene mani, sarà che gli operai, nonostante tutto e nonostante i tempi in cui viviamo, continuano a mantenere quel riconoscimento politico e quella centralità sociale attraverso cui seguitano a rappresentare simbolicamente il lavoro, sarà che nei loro confronti non è possibile o non è, almeno in questo momento, elettoralmente conveniente usare gli stessi metodi di repressione violenta e di mistificazione truffaldina che si è abituati ad usare nei confronti di altri movimenti di protesta e di lotta, quello NoTav ad esempio, i cui militanti vengono etichettati come giovincelli scansafatiche e attaccabrighe, contrari al progresso e contigui a forme di pseudo nuovo terrorismo, di anarco-insurrezionalismo o se non altro da essi condizionabili o infiltrabili,
Ma sta di fatto che sono bastati 500 operai dell'Alcoa, giustamente incazzati nel vedere messi a repentaglio il proprio lavoro ed il proprio futuro, per mettere in riga tecnici e politici, costringerli a trattare e far fuggire con la coda tra le gambe l'utile (o inutile a seconda dei gusti) idiota del PD, Stefano Fassina, colui che dovrebbe continuare ad incarnare l'area laburista e di sinistra del PD (e questo dice tutto delle condizioni di quel partito) ma che certo non può nascondere, tra un'esternazione e l'altra (più o meno concordata od unicamente voci dal sen sfuggite: “il governo Monti ha finito il suo compito”, “la prossima maggioranza comprenderà SEL e UDC”), il tradimento perpetrato dal suo partito nei confronti degli ideali e degli interessi dei lavoratori.

domenica 9 settembre 2012

Napolitano e la sovranità popolare

Così recita l'articolo 1 della Costituzione Repubblicana:
“L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”

Il lavoro come diritto sostanziale di tutti i cittadini e fondamento della vita sociale ce l'eravamo già giocati da tempo.
Per quanto riguarda la sovranità popolare, ovviamente solo facendo finta che l'Italia possa essere ancora considerata una democrazia e che le regole costituzionali siano effettivamente applicate, essa trova la propria espressione centrale, anche se non unica, nelle elezioni attraverso le quali il popolo sceglie i propri rappresentanti in Parlamento in funzione dell'indirizzo politico e del programma di governo che vuole vedere realizzato.
Ma per Napolitano, ad ascoltarne le parole pronunciate nel videomessaggio inviato al Workshop Ambrosetti di Cernobbio, anche questa ultimo simulacro della democrazia deve essere svuotato e sterilizzato.
Non è contento colui che è stato definito il peggior Presidente della storia repubblicana di aver deragliato dal proprio compito di imparziale garante delle istituzioni e del gioco democratico (compito disatteso durante tutto il mandato di governo di Berlusconi avallandone le leggi ad personam) per assumere, contra constitutionem, il ruolo di promotore ed artefice dell'indirizzo politico di governo ma nutre ora la pretesa che le politiche del suo governo Monti, opinabili e contestabili come tutte le scelte politiche, debbano necessariamente perpetuarsi anche nella prossima legislatura al di là di quanto potranno decidere gli elettori.
E che i partiti che dovranno e potranno contendersi, gli unici a ricevere la legittimazione in tal senso in una specie di lavagna dei buoni e dei cattivi, la guida del governo saranno quelli che sottoscriveranno su sua iniziativa l'impegno a proseguire gli impegni europei come se queste – l'euro, l'austerità, le politiche monetarie e sul lavoro, le compatibilità europee – non fossero proprio le opzioni su cui devono pronunciarsi gli elettori.

sabato 1 settembre 2012

Il secondo lavoro dei poliziotti

Se fossero vere (ho cominciato altri post con questa premessa perché nella congerie di informazioni che ci propinano i media, resi disponibili in quantità industriali dal web, è sempre più difficile distinguere il vero dal falso, ciò che è supportato – soprattutto quando si citano stime e statistiche - da ricerche oneste e ciò che è costruito strumentalmente per ingannare e confondere l'opinione pubblica) le risultanze dell'inchiesta di Repubblica la Second life dei poliziotti e cioè che il trenta per cento dei membri delle forze dell'ordine del nostro Paese ha un secondo lavoro, prevalentemente in nero, ci troveremmo di fronte a dati di estrema gravità.
Oltre a trovare un'ulteriore conferma l'impoverimento della classe media, il fatto che anche i cosiddetti garantiti, con posto fisso e stipendio sicuro, non riescono più ad arrivare a fine mese e a garantire la sussistenza (definita nel contesto storico attuale) ed una vita dignitosa a sé e alla propria famiglia, significherebbe che il trenta per cento degli addetti alla sicurezza pubblica vive nell'illegalità (perché l'economia in nero significa evasione fiscale e contributiva) e potenzialmente sotto ricatto, soggetti al rischio di incorrere, a fronte dello svolgimento di attività non autorizzate, in sanzioni disciplinari o addirittura nel licenziamento.
C'è da chiedersi come questi agenti della Guardia di Finanza, della Polizia di Stato, dei Carabinieri, dei Vigili Urbani possano operare – con il dovuto impegno, con motivazioni adeguate, scevri da qualunque tentazione di compromesso e di resa alle lusinghe della corruzione – il dovuto contrasto all'evasione fiscale, alla criminalità organizzata e comune.
Ed ancora e soprattutto non si deve ritenere che la ferocia e l'odio da cui le 'forze dell'ordine' si fanno travolgere in tante occasioni – la Diaz, Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, per citare solo alcuni tragici esempi – e che li porta a gestire con intollerabile violenza le manifestazioni pubbliche e l'arresto di povericristi derivino, oltre che da ben determinate visioni ideologiche, anche dalla frustrazione, dal rancore, dalla stanchezza che comporta questa 'doppia vita'? Una situazione, un contesto di fragilità e di disagio di cui le autorità politiche ed i vertici delle forze dell'ordine non possono non essere a conoscenza ma sui quali, per deliberata strategia, è forse più utile e conveniente non intervenire.