"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

sabato 2 marzo 2013

Per uscire dallo stallo dell'ingovernabilità

Realizzazione artistica di Luca Peruzzi
Sono cominciati a girare sulla rete e su facebook appelli (più o meno autentici e condivisi, più o meno frutto dell'influenza mediatica del gruppo Repubblica-Espresso) per un Governo che possa godere dell'appoggio congiunto del PD, di SEL e del Movimento 5 Stelle.
Mi sembrano iniziative francamente inutili perché totalmente avulsi dalla realtà. Al di là delle probabilmente inconciliabili differenze programmatiche Grillo è convinto che la propria convenienza politica sia oggi quella di restare estraneo a qualunque maggioranza parlamentare e attendere gli ulteriori passi falsi di PD e PDL (e un nuovo governissimo Bersani-Berlusconi-Monti sarebbe da questo punto di vista l'ideale) per conquistare al prossimo giro elettorale la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e al Senato (previsione peraltro opinabile perché sembra non tener conto del carattere tutto affatto rivoluzionario degli italiani che potrebbero essere alla fine spaventati dalla permanenza dell'incertezza e dal rischio della novità).
D'altro canto l'assenza di un Governo nella pienezza dei propri poteri non sembra essere cosa così preoccupante (il Belgio ha resistito in questa situazione per un paio d'anni senza particolari conseguenze negative) con le istituzioni politiche nazionali quasi totalmente esautorate dai mercati e dalle organizzazioni finanziarie sovranazionali. In questo senso il giudizio positivo espresso dalla Goldman Sachs rispetto all'esito delle elezioni italiane (e la sostanziale tenuta dello spread) fa ritenere/sperare che non si debba andare incontro ad un'aggressione della speculazione finanziaria ai titoli del debito pubblico italiano.

Certo suscita un sorriso amaro ricordare le dichiarazioni di Bersani che giustificava la decisione di non andare subito alle elezioni dopo le dimissioni di Berlusconi nel novembre 2011 con la volontà di non costruire il successo elettorale del PD 'sulle macerie dell'Italia' e per non andare a votare con 'questa legge elettorale' (il porcellum). Sono anni che mi chiedo quanto prevalga nella dirigenza del PD (D'Alema, Veltroni, Bersani) l'attitudine politica maldestra o la malafede. Sta di fatto che la scelta (tale a questo punto la possiamo considerare) di consentire la resurrezione di Berlusconi perché funzionale (con il baubau del padrone di Mediaset) al mantenimento dello status quo del bipolarismo e del sistema economico-finanziario capitalistico (sulla base anche delle 'preferenze' di Napolitano volte ad escludere dall'alleanza del centrosinistra le presenze più radicali, anomale e non governabili di Ingroia, Di Pietro, Ferrero e Diliberto) è stata travolta dalla protesta popolare per le politiche montiane espressa con l'esplosione del voto per il Movimento 5 Stelle. Il bipolarismo tradizionale centrosinistra-centrodestra è stato sostituito dal bipolarismo casta-anti casta. In questo senso sia benedetto il risultato di Grillo che fa saltare logiche politiche antiche e rende non più rinviabile il cambiamento radicale - politico, economico, sociale, culturale - di cui l'Italia ha bisogno.
Certo ora ci troviamo in condizioni forse peggiori del novembre 2011: in piena recessione economica, con Berlusconi nuovamente protagonista della scena politica, con un Parlamento ingovernabile e con l'immutato porcellum quale legge elettorale.
Stante il fallimento del risultato elettorale (dove si è riusciti a non vincere persino con il Berlusconi di Ruby e delle Olgettine e che ne dovrebbe comportare l'azzeramento della classe dirigente ma non a favore del moderato Renzi bensì per una reale svolta socialdemocratica analoga a quanto esiste in Francia e Germania) al PD non resta che una strada. Non quella di tentare un impossibile accordo con il Movimento 5 Stelle o quella di un ignobile inciucio con Berlusconi, ma quella di proporre per la Presidenza del Consiglio e per la Presidenza della Repubblica candidati di reale prestigio, capacità e probità.
Stefano Rodotà per il Quirinale e Maurizio Landini (può darsi che ce ne siano di migliori o più adatti ma io non li conosco) per Palazzo Chigi: su questi nomi sfidare gli avversari per un governo a termine (con poche cose da fare: legge elettorale, riforma della politica, rinegoziazione dei trattati europei sull'euro e sul debito, politiche di contrasto della povertà) oppure ripresentarsi al popolo sovrano tra pochi mesi ma con una diversa, più credibile e autorevole proposta politica.
Ma qualcuno può dubitare che il PD sceglierà ben altre e suicide 'soluzioni' per sè e il Paese?

2 commenti:

  1. Questa proposta di Landini a me piace. Non perché è una provocazione, ma perché Landini è in grado di avviare un piano industriale e delle misure per il Lavoro. Chissà come la digerirebbe Marchionne? Temo che alla fine tutta la tiritera di Grillo determinerà la permanenza di Monti, o l'arrivo di un Passera. saluti

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  2. Ciao Francesco .... infatti è qualcosa in più di una provocazione .... sarebbe l'unico modo per il PD di recuperare una dimensione almeno socialdemocratica. Sono molto più probabili altri esiti .... la leadership di Renzi e un governo tecnico affidato al solito tecnocrate ...

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