"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

venerdì 4 aprile 2014

La Sinistra e il Movimento 5 Stelle: un'intesa è possibile?


Del Movimento 5 Stelle non conosciamo o comunque non è possibile definire con certezza la vera natura, i reali scopi ed obiettivi. Ma certamente sappiamo che non è una formazione politica di Sinistra, intendendo con questo termine l'adesione ad un progetto di superamento della società capitalistica.
D'altro canto anche la Sinistra - quella Sinistra che cerca di elaborare il lutto del disvelamento della natura classista, liberista, subalterna ai grandi potentati economici del Partito Democratico provando a riorganizzarsi nella lista L'Altra Europa con Tsipras - non è priva di ambiguità e contraddizioni.
Ma queste due aree politiche raccolgono, piaccia o non piaccia e sia pure in proporzioni numeriche oggi non comparabili, il bisogno di cambiamento radicale di questo Paese.
E' dunque possibile ed auspicabile un accordo politico tra queste due aree per dare la maggioranza a chi vuole uscire dal degrado morale, sociale, economico, istituzionale in cui è precipitata l'Italia?
Considerando anche che nel merito delle cose da fare (denuncia dei trattati europei, abbandono delle politiche recessive di austerità, lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, difesa dei beni pubblici, tutela dell'ambiente e del territorio e no alle grandi opere, opposizione alle missioni di guerra all'estero; i candidati proposti dal Movimento 5 Stelle per la Presidenza della Repubblica – Gino Strada, Stefano Rodotà, la Gabanelli – erano candidati di Sinistra) vi è una larga convergenza tra queste due aree.
A mio avviso questo accordo sarebbe auspicabile ma evidentemente non è realizzabile sul piano elettorale. Non solo per un fatto di diverse sensibilità e di diverso linguaggio ma perché il Movimento 5 Stelle deve il proprio eccezionale successo di consenso alla tattica di tenere il piede contemporaneamente, grazie alla professione di fede anti-ideologica, in due staffe: quella della destra e quella della sinistra. E così raccoglie il voto degli ex elettori piddini o rifondaroli così come di ex leghisti o berlusconiani o addirittura di simpatizzanti fascisti.

A giorni alterni di sinistra (con Rodotà, in difesa della Costituzione, contro la guerra in Afghanistan) o di destra (contro gli immigrati e seguendo la retorica anti-tasse e pro piccola e media impresa).
Il Movimento 5 Stelle non può dunque, pena un drastico ridimensionamento sul piano elettorale, dichiararsi di Sinistra o allearsi con la Sinistra né può, perché comporterebbe l'allentamento della drastica ed autocratica presa sul Movimento di Grillo e Casaleggio, candidare alle elezioni le 'icone' della Sinistra che non sarebbero certamente disposte, come qualunque Signor Nessuno miracolato dall'elezione in una istituzione rappresentativa, a rinunciare alla propria autonomia di pensiero e di giudizio.
Ma questa alleanza o almeno una collaborazione e un dialogo vanno perseguiti con forza se non vogliamo rassegnarci alla fogna in cui ci hanno imprigionato Napolitano, Renzi e Berlusconi dopo D'Alema, Prodi, Monti, Fini, Casini, alla loro ferocia sul piano sociale ed al loro stare al servizio delle oligarchie dominanti italiane e straniere e non importa se viene rottamato questo o quell'attore o figurante: cambiano (forse) gli interpreti ma non la natura antidemocratica e oligarchica di una concezione politica.
Un accordo (“Italicum” permettendo) sarà forse possibile in un secondo turno delle elezioni o in un dopo elezioni.

In ogni caso richiede, perché non perda anche questo (possibile) appuntamento, che la Sinistra lavori per la propria riorganizzazione unitaria e per riconquistare uno spazio significativo nella società e nelle istituzioni, per riacquistare una massa critica che ne faccia un interlocutore credibile ed attraente, affermando con forza la propria identità ed i propri valori, abbandonando senza equivoci, reticenze e compromessi ogni forma di collaborazione con il Partito Democratico, oggi il vero nemico dei ceti popolari.

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