"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

martedì 2 giugno 2015

Commento Elettorale



La politica non è una partita di calcio e dunque lasciamo le metafore da deficienti sui risultati – 7 a 0, 5 a 2, 4 a 3 – alla propaganda piddina e agli ultras renziani e proviamo a ragionare sui fatti e sui numeri.
Che il PD fosse destinato a prevalere in gran parte delle sette regioni in cui si votava era scontato: per la martellante propaganda televisiva di Renzi, perché tre di quelle sette regioni fanno parte del tradizionale insediamento storico dei degeneri eredi del PCI, perché di fatto il partito di Renzi è oggi pressoché l'unica proposta di governo che ai cittadini è consentito percepire e concepire con il disfacimento della destra berlusconiana, con l'emergere dell'inaccettabile (per la maggioranza delle persone al di fuori del “civile” nord) fascio-leghismo di Salvini, con l'incapacità dei 5 Stelle di diventare i promotori di un'alleanza politica e sociale che vada oltre i confini del grillismo, con la scomparsa della sinistra radicale.
Le elezioni regionali designano dei “vincitori” solo grazie a truffaldini meccanismi elettorali maggioritari e per di più su due delle “vittorie” del PD grava una pesante ipoteca costituzionale-giudiziaria: sulla costituzionalità della legge elettorale umbra e sulla impresentabilità di Vincenzo De Luca.