"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

sabato 9 gennaio 2016

I tavoli della Sinistra e il mutualismo


Il Quarto Stato visto da Luca Peruzzi



Anche per l'ultimo tavolo per la Costituente della Sinistra Unita Italiana è stato dichiarato il fallimento ma non credo che la cosa possa destare meraviglia né che ciò spingerà qualcuno a strapparsi le vesti o tantomeno al suicidio.
Le ragioni di questi fallimenti, ampiamente prevedibili e scontati anche guardando a quanto successo nel passato recente, sono a mio avviso sostanzialmente due.
Prima ragione. Un movimento, un partito, un'iniziativa politica non nasce e non assume rilevanza di massa perché si uniscono pezzi di ceto politico (per di più screditati e impopolari) ma perché si ha la capacità di cogliere, di rappresentare, di organizzare bisogni e sentimenti collettivi diffusi, di essere espressione di almeno una parte del popolo. Non vi è da parte mia una furia “rottamatrice” verso i vecchi dirigenti dei partiti della Sinistra i quali anzi, presi uno per uno, sono spesso persone anche dignitose e rispettabili, meritevoli di ascolto e che potrebbero ancora dare un utile contributo. Ma se manca la capacità di coinvolgere, di mobilitare, di suscitare l'interesse concreto di coloro che si vogliono rappresentare (anzitutto precari, disoccupati, lavoratori e pensionati poveri, disabili, studenti di serie B senza futuro) non si va da nessuna parte. Se non si riesce a rompere l'involucro impenetrabile (disinformazione di massa, cultura dell'egoismo e del consumo compulsivo, la paura di perdere anche quel pochissimo che si ha) che rende prigionieri i più, se non si riesce a mettere al centro del dibattito politico l'idea di una società comunista e socialista quale soluzione dei problemi e quale premessa per il bene comune e a non lasciare la parola solo alla destra nelle sue varie declinazioni si è condannati alla marginalità e all'impotenza. E se manca la “ciccia” di una visibile partecipazione e di un consenso almeno potenziale che convinca a stare insieme, al di là delle fisiologiche differenze di opinione e di strategia, è inevitabile che ciascuno scelga di restare asserragliato nel proprio fortino, per quanto fragile e fatiscente, e magari ad accontentarsi di raccogliere le briciole di potere lasciate cadere sotto il tavolo.
Seconda ragione. Pensare o far credere di pensare di poter costruire un soggetto politico di Sinistra radicalmente alternativo e contrapposto al PD, il partito del liberismo subalterno all'Europa e dell'eversione costituzionale, insieme a SEL è da folli o da incompetenti o da persone in malafede (o magari tutte e tre le cose insieme). L'orizzonte e la mission originaria di SEL sono quelli di essere “sinistra di governo” e di poter condizionare “dall'interno” il potere, nel suo dna vi è la nostaglia del centrosinistra e dunque il ritorno all'alleanza con il PD quale unico contesto politico possibile – a qualunque livello, nazionale e locale - nel quale ottenere qualcosa per i ceti popolari. Al punto di arrivare persino a sostenere l'impresentabile renziana Moretti alle ultime elezioni regionali in Veneto e ad accettare l'eventualità di appoggiare Sala (l'uomo dell'Expo simbolo della globalizzazione capitalista, della cementificazione, del lavoro gratuito) alla carica di nuovo sindaco di Milano. Delle due l'una: o si condivide l'impostazione di SEL e allora si sta dentro SEL, è inutile inventarsi altri soggetti; oppure si pensa, come io penso, che siano stati proprio i compromessi del centrosinistra a gettare i ceti popolari tra le braccia di Grillo e di Salvini e che solo il conflitto e una dura opposizione possono far arretrare il Potere e farci riguadagnare credibilità e allora SEL va lasciata al suo destino. Se questo è un dato evidente e inconfutabile ci spieghino i soloni dell'Altra Europa, quelli della politica orizzontale e dal basso, e la segreteria di Rifondazione Comunista per quale motivo sono da due anni in attesa di SEL e dei cosiddetti dissidenti PD per un'unione che anche i bambini sapevano che non avrebbe mai potuto esserci se non arrendendosi al ruolo di sostanziale stampella del PD.

Sono sempre stato a favore di una sinistra plurale ma per l'ambiguità con cui questo ideale è stato declinato, per l'essere concetto incomprensibile a chi non vive di pane e politica, confusione si è aggiunta a confusione, fallimenti e delusioni si sono succeduti uno dopo l'altro. Oggi dunque si riacquista a Sinistra una dignitosa presenza elettorale, per quel poco che può contare, solo con una identità chiara e riconoscibile, rivendicando a testa alta il meglio della storia socialista e comunista: l'antifascismo, la Resistenza, il contributo essenziale alla stesura della Costituzione Repubblicana, le lotte per i diritti sociali e dei lavoratori, Enrico Berlinguer e Sandro Pertini. Serve un soggetto politico non contraddistinto da settarismi, dogmatismi e centralismi burocratici, aperto a tutti i contributi utili ma che manifesti con forza l'orgoglio del percorso secolare del movimento dei lavoratori ed il progetto di costruire una società socialista.
Spetterebbe anzitutto a Rifondazione Comunista assumere un ruolo da protagonista per la formazione di un tale soggetto, in cui definirsi comunista non sia considerata una bestemmia ed una colpa da tenere nascosta. Ma questo evidentemente richiederebbe l'abbandono da parte di quel partito dell'atteggiamento subalterno che l'ha contraddistinto negli ultimi anni ed un cambio di segreteria per sostituire il volonteroso ma inesorabilmente fallimentare Paolo Ferrero con una leadership dotata di un minimo di carisma, di capacità comunicativa, di adeguate attitudini tattiche e strategiche.
Poi, se e quando vorremo lasciare da parte soggetti politici nuovi, appelli (“perché non c'è più tempo”) e tavoli unitari (naturalmente “partecipati e dal basso”) e cominciare a parlare di cose serie e cioè di come si costruisce un movimento di massa, bisognerà riprendere a ragionare seriamente di iniziative sociali mutualistiche e solidali. Stante il fatto che attraverso il marketing politico, per il quale per di più mancano mezzi e competenze, non si conquista il potere, una comunità sociale e politica che abbia la forza necessaria per far sentire la propria voce per una vera uguaglianza ed una vera giustizia sociale si ricostruisce organizzando, diffondendo e mettendo in rete iniziative di socializzazione, per fare cultura, di integrazione/creazione di reddito, di tutela di diritti, di autodifesa dei più deboli, di produzione cooperativa, di sostegno alle lotte sociali e ambientali che nascono sul territorio. Una rete di iniziative e di luoghi che rispondano al binomio resistenza/mutualità e che sia in grado di coinvolgere e avvicinare milioni di persone. Questa è la strada che tutti sanno e tutti riconoscono essere l'unica possibile ma alla quale si sostituisce sempre - perché meno faticosa - un bell'appello, una inutile discussione sui massimi sistemi, un'invettiva sui social network, un post su di un blog o un articolo sull'Huffington Post o sul Manifesto (ed evidentemente anche chi sta scrivendo qui non riesce a fare altro).

Eppure proprio così Syriza ha costruito il proprio radicamento elettorale (lasciamo da parte ovviamente i successivi esiti politici); eppure proprio così eviteremmo di lacerarci già prima di cominciare in base alle tessere, alle appartenenze, alle magliette; eppure proprio così si potrebbe far crescere una nuova generazione di quadri politici sulla base non dell'attitudine all'eloquio ma della capacità di realizzare risultati concreti per le persone. Eppure basterebbe dare vita a due o tre di queste nuove “case del popolo” per suscitare un interesse ed un effetto imitativo che si estenderebbe a valanga.

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