di Andrea Demontis
“Essendo la democrazia una convivenza basata sul dialogo, il mezzo che permette il dialogo, cioè le parole, deve essere oggetto di una cura particolare”. Apre così la sua analisi sullo strumento cardine delle relazioni umane Gustavo Zagrebelsky, ex Giudice e Presidente della Corte Costituzionale e attualmente docente di diritto costituzionale all'Università di Torino. Zagrebelsky, nel libro “Imparare democrazia”, individua dieci punti principali dei quali uno stato democratico non può fare a meno, per potersi definire tale. Il decimo punto, “La cura delle parole”, ha un ruolo fondamentale, e il giurista piemontese focalizza la sua attenzione sulla quantità e sulla qualità delle parole, caratteristiche necessarie affinché lo spirito del dialogo non sia corrotto da interessi di parte. Secondo Zagrebelsky, infatti, “Il numero di parole conosciute e usate è direttamente proporzionale al grado di sviluppo della democrazia. Poche parole, poche idee, poca democrazia; più sono le parole che si conoscono, più ricca è la discussione politica e, con essa, la vita democratica”. Il dialogo inoltre “deve essere paritario. Se uno solo sa parlare, o conosce la parola meglio degli altri, la vittoria non andrà all'argomento, ma alla persona più abile con le parole. La democrazia esige uguaglianza nella distribuzione delle parole”.