Un tempo in tv andavano in onda i programmi di approfondimento in cui i
giornalisti - con tutti i limiti del caso (di orientamento e di
condizionamento ideologico, culturale, politico) ma con indiscutibili qualità professionali – provavano a svolgere
un ruolo di divulgazione descrivendo, spiegando e interpretando fatti e
notizie. Poi venne la novità stimolante del giornalismo a tesi in cui
il conduttore (il Santoro di Samarcanda, il Lerner di Milano Italia)
dispiegava più o meno apertamente, servendosi strumentalmente anche del pubblico in
piazza o nello studio, il proprio punto di vista politico. Oggi si è
arrivati all'orgia dei talk show politici - trasmessi a tutte le ore, in
qualunque giorno della settimana e da tutte le reti televisive – il cui
unico scopo è offrire ai telespettatori, come in un'arena di gladiatori
o più propriamente in un ring per il wrestling, questo o quel
personaggio della sempre uguale e squallida compagnia di giro per cui
parteggiare o fare il tifo. Oggi si guardano i talk show,
opportunamente orientati dal conduttore al soldo dell'editore di
riferimento (e da cui riceve un ingaggio pari allo stipendio di decenni
di lavoro di ciascuno di noi), non per ascoltare e capire, non per
conoscere le visioni e le proposte delle forze politiche in campo ma per
osannare i nostri 'beniamini', per poter dire (e sentirci di questo
soddisfatti) quanto sono stati bravi e fischiare e insultare, preferibilmente sui social network, i nostri
'nemici' e ovviamente la parzialità dell'arbitro-conduttore al servizio
della parte avversa. Non si orienta il voto con i talk show politici e le comparsate in televisione (sono convinto che non lo creda nemmeno chi li commissiona e chi li gestisce), si crea semplicemente quello che Giulietto Chiesa definisce il rumore di fondo: cioè un brusio (un chiacchiericcio) talmente fastidioso e opprimente che impedisce (le 'armi di distrazione di massa') ai cittadini di comprendere quali siano i veri problemi da affrontare e le soluzioni da adottare.
Ci sono persone, e credo tante, che pensano di partecipare alla politica per il solo fatto che hanno ascoltato una trasmissione televisiva. Dicono: se ne è parlato, ho sentito.
RispondiEliminaMolti di quei personaggi che vanno a litigare in TV lo fanno ad arte, puntano allo sviluppo delle appartenenze: schierarsi, guerreggiare, beccarsi, fare il tifo e poi di conseguenza chieder un voto per appartenenza.
L'ipnosi collettiva della TV è giocata oggi con le appartenenze litigiose, ma riguardo al passato non avrei tante nostalgie, c'era la sceneggiata dei grandi depositari delle verità, qualsiasi cosa dicevano andava bene; anche allora si giocava sulle appartenenze DC - PCI, c'era forse un po' meno maleducazione. ciao
ciao Francesco ... assolutamente d'accordo con te ...
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