"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

domenica 28 febbraio 2010

L'eversore - La cura delle parole

 
di Andrea Demontis
 
“Essendo la democrazia una convivenza basata sul dialogo, il mezzo che permette il dialogo, cioè le parole, deve essere oggetto di una cura particolare”. Apre così la sua analisi sullo strumento cardine delle relazioni umane Gustavo Zagrebelsky, ex Giudice e Presidente della Corte Costituzionale e attualmente docente di diritto costituzionale all'Università di Torino. Zagrebelsky, nel libro “Imparare democrazia”, individua dieci punti principali dei quali uno stato democratico non può fare a meno, per potersi definire tale. Il decimo punto, “La cura delle parole”, ha un ruolo fondamentale, e il giurista piemontese focalizza la sua attenzione sulla quantità e sulla qualità delle parole, caratteristiche necessarie affinché lo spirito del dialogo non sia corrotto da interessi di parte. Secondo Zagrebelsky, infatti, “Il numero di parole conosciute e usate è direttamente proporzionale al grado di sviluppo della democrazia. Poche parole, poche idee, poca democrazia; più sono le parole che si conoscono, più ricca è la discussione politica e, con essa, la vita democratica”. Il dialogo inoltre “deve essere paritario. Se uno solo sa parlare, o conosce la parola meglio degli altri, la vittoria non andrà all'argomento, ma alla persona più abile con le parole. La democrazia esige uguaglianza nella distribuzione delle parole”. La cura più importante, però, sta a mio avviso, considerata la nostra situazione sociale attuale, nella qualità che le parole devono avere. L'ex Presidente della Corte Costituzionale prosegue, appunto, dicendo che “Le parole non devono essere ingannatrici, affinché il dialogo sia onesto. Parole precise, specifiche, dirette, basso tenore emotivo, poche metafore, lasciar parlare le cose attraverso le parole. Le parole devono rispettare il concetto, non lo devono corrompere, altrimenti il dialogo diventa un inganno, un modo di trascinare gli altri dalla tua parte con mezzi fraudolenti”. Già, è proprio di termini e di categorie ideologiche ingannatrici che la nostra politica si serve per trascinarci e corromperci, e la lista dei casi nei quali i significati delle parole sono stati stravolti a piacimento, potrebbe essere talmente lunga da riempire interi libri. Zagrebelsky, dopo aver affermato che i luoghi di potere sono quelli in cui questo tradimento si consuma maggiormente, sottolinea dei casi generali come: legge di mercato per sfruttamento, economia sommersa per lavoro nero, guerra preventiva per aggressione, pacificazione per guerra. Il nostro elenco, però, è più ampio e ha bisogno di essere costantemente aggiornato, vista l'incredibile propensione verso l'inganno dialettico della casta politica italiana. Esuli per latitanti, statisti per ladri; persecuzione giudiziaria, disegno eversivo, toghe politicizzate per legittime indagini; giustizialismo per istinto di legalità (scusateci se vogliamo una politica pulita e senza macchia), comunismo per antiberlusconismo o qualunque forma di opposizione al potere del sovrano; mandato popolare per monarchia assoluta (Fini dixit), par condicio per bavaglio, fango e campagne dell'odio per libertà di parola e di penna; dialogo istituzionale per inciucio, legittimo impedimento, processo breve e riforma della giustizia per impunità; governo del fare per non si capisce bene cosa, fannulloni di sinistra (come se i nullafacenti avessero adesso una classe politica specifica di riferimento) per inefficienza burocratica; eroi e persone rispettabili per mafiosi omertosi, e chi più ne ha più ne metta.
Perdonatemi se ho dimenticato qualche caso rilevante, ma anche la mia memoria vacilla di fronte all'innumerevole serie di mistificazioni della realtà volta a giustificare l'operato di questi relitti umani che pensano di poter campare ancora a lungo con questa politica delle menzogne. E per non morire mai, hanno istituito delle scuole per lasciare la loro eredità alla prole. Istruiscono tutti i loro servi a mentire a se stessi oltre che a farlo spudoratamente in pubblico. Vi sono iscritti giornalisti, politici, semplici presentatori televisivi, e, per chi non abbia ancora avuto la fortuna di essere indottrinato dal Papi in persona, ci son sempre i corsi televisivi quotidiani, in onda sulle reti Mediaset e non solo. Proprio quella Mediaset che Craxi reputava un patrimonio nazionale, e che salvò con il decreto Berlusconi nel lontano 1985. La Rai, poi, è un cadavere maleodorante, con il Tg1 che, diretto da Augusto Scodinzolini, passa da essere telegiornale del servizio pubblico a ulteriore roccaforte dell'indottrinamento nazionale. Il lavaggio del cervello che subivano i militari nel film “The Manchurian Candidate”, con Denzel Washington, era uno scherzo se paragonato agli editoriali onnipervasivi del fido Minzolini.
La cura delle parole in Italia perciò, caro Zagrebelsky, è quella che è, e se i maestri continueranno a essere gli stessi, uscire dal tunnel dello sproloquio professionale sarà impresa ardua e faticosa per una nazione che parla come mangia, e “pappagalleggia” ciò che sente dall'alto.
Non è quindi una mancanza involontaria dei nostri politici, nè una questione di ignoranza o di uso superficiale di certi termini, ma è invece un vero e proprio sistema, mirato ad unire una parte della popolazione sotto il segno di una serie di categorie nemiche da combattere. E' la costruzione dell'uomo massa propria dei regimi totalitari. Tutti i cittadini parlano alla stessa maniera (vedere sul web i commenti dei lettori agli articoli di testate giornalistiche come “Il Giornale” o “Libero”, o i commenti nelle pagine facebook dedicate a certi movimenti politici). Tutti si rapportano nei confronti del potere allo stesso modo, creando una coscienza politica piatta, livellata verso il basso, manipolabile appunto con parole poco curate.
E non abbiate paura di essere chiamati con ridicoli appellativi, sono anch'essi frutto di un sistema che si scioglierà come neve al sole. Sforziamoci di essere immuni da questo conformismo linguistico che svuota quotidianamente le menti di chi ha purtroppo subito il contagio. Siate orgogliosi di essere dei "fannulloni comunisti giustizialisti" in un paese di servi prostrati al potere e al linguaggio del padrone.
 

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