In questi giorni il dibattito politico
e l'informazione avrebbero dovuto occuparsi e dare conto di una
grande giornata di democrazia, di centinaia di migliaia di persone
convenute a Roma il 15 ottobre – in concomitanza con quanto
avvenuto in quasi 1000 città del mondo - per reclamare una politica,
una società, un'economia diverse (fondate sull’idea di superare il
capitalismo e sulla richiesta di giustizia sociale e di una vera
democrazia, tutti temi che fanno parte del dna della sinistra).
Avremmo dovuto confrontarci sulla nascita di un grande movimento
presente
in tutti i continenti della Terra e spesso
assoluto protagonista – dal nord Africa alla Cina, da Madrid e
Barcellona a Santiago del Cile, da New York a Tel Aviv, da Bruxelles
ad Atene – fino al punto che non in pochi parlano di un nuovo '68
per la rivoluzione culturale e politica che esso preannuncia, sul
rapporto tra partiti e movimenti, gli uni sclerotizzati ed incapaci
di interpretare e governare la realtà che si è materializzata
davanti a noi, gli altri innovativi espressione delle istanze e dei
bisogni che provengono dalla società civile.
E invece in Italia tutto è stato
coperto, annebbiato, deviato, confuso dagli atti di teppismo e di
vandalismo di 500 o mille individui. Le centinaia di migliaia di
persone scese in piazza e le loro richieste non contano più nulla,
il loro grido che la crisi finanziaria mondiale sia fatta pagare agli
speculatori e non ai ceti popolari che la stanno subendo sovrastato
da un chiacchiericcio assordante, tutto è ridotto ad un problema di
ordine pubblico, a quali misure siano più opportune (il ripristino
della legge Reale per Di Pietro o il divieto di sfilare in corteo per
Alemanno) per contrastare i black bloc.
Senza che vi sia stata chiarezza sul
fatto che se vi è stato un problema di polizia, causato da una
piccola minoranza di facinorosi, la responsabilità va addebitata a
chi l'ordine pubblico doveva gestire e cioè il ministero degli
interni di Bobo Maroni. Senza che si sia riusciti a capire chi
fossero effettivamente quei black bloc.
Gruppi antagonisti 'diretti' ed
‘orientati’ da infiltrati e provocatori insieme a vecchi
residuati degli anni di piombo? Compagni che sbagliano? Giovani che
non hanno altro modo per esprimere la propria rabbia e la propria
frustrazione, di fronte ad una società e ad un mondo brutalmente
ingiusti, se non attraverso la violenza? Idioti che pensano che la
rivoluzione si faccia sfasciando vetrine, bruciando cassonetti e le
automobili di qualcuno che magari la sta ancora pagando a rate
mettendo a repentaglio la vita delle persone che gli stanno
manifestando accanto?
Forse tutte queste cose insieme.
In ogni caso le violenze hanno
determinato, come afferma
Giorgio Cremaschi, una battuta d’arresto per il movimento (un vero
e deliberato boicottaggio politico) e fatto il gioco del potere
('missione compiuta' ha scritto Vittorio Zucconi su Repubblica). Il
potere di tutti i partiti che possono ora tentare di riappropriarsi
della supremazia sull’agire politico rivendicando la propria
affidabilità e la propria organizzazione. Il potere della destra
berlusconiana e para-fascista che con i suoi altrimenti
impresentabili Alemanno, La Russa, Gasparri, Maroni può permettersi
di rialzare la testa e pontificare sulle proteste distogliendo, per
un po' di tempo, l'attenzione dai problemi del paese.
E hanno fatto il gioco dei fautori (e
beneficiari di affari inconfessabili) del folle progetto dell’alta
velocità in Val di Susa che a tutti i costi vogliono associare i
black bloc al movimento No-Tav e a tale scopo si servono di
interviste, non sempre credibili, a qualche ‘facinoroso
rivoluzionario’.
Dunque ancora una volta si dimostra
l'anomalia italiana. Con un capo del governo, plurinquisito e
coinvolto in infiniti scandali, che non sarebbe tollerato in nessuna
delle cosiddette democrazie occidentali (e probabilmente in pochi
paesi nel mondo) e con la manifestazione degli indignados, unico caso
nel mondo, che ha assunto caratteri violenti.
Come non ricondurre tutto questo al
drammatico deficit di legalità che caratterizza l'Italia? Il Paese
dei tentativi di golpe che vedevano coinvolti le alte gerarchie
militari, dei servizi segreti deviati che indirizzavano il terrorismo
negli anni di piombo, delle trattative tra Stato e mafia che fece da
sfondo e rese possibili le stragi in cui furono uccisi Falcone e
Borsellino, della gestione liberticida di alcuni grandi eventi
antagonisti, come il G8 di Genova 2001, in cui si lasciano
indisturbati nell'agire i black bloc e ci si accanisce contro i
manifestanti inermi e pacifici. L’Italia attuale della povertà
impetuosamente in aumento, dei privilegi intollerabili ma
intoccabili, della macelleria sociale, dei giovani e dei precari
senza speranza. Non sorprende che in alcuni il senso di impotenza che
deriva dalla convinzione di non poter praticare una lotta politica
democratica si trasformi (e venga 'opportunamente' orientata o
agevolata), oggi come 40 anni fa, nella scelta di una violenza fine a
se stessa.
Ma deve essere chiaro a tutti coloro
che vogliono realmente costruire un mondo nuovo che questa è la
strada sbagliata, che non è tollerabile indulgenza e tolleranza nei
confronti di chi vuole condurci alla sconfitta e al suicidio politico
e che si dovrà fare di tutto per impedire che si ripeta un'altra
giornata come il 15 ottobre.
Il movimento continuerà anche dopo
questo parziale fallimento con la consapevolezza, se mai ci fossero
stati dei dubbi, di dover riaffermare la propria natura non violenta
e la necessità di una strategia comunicativa e di lotta che realizzi
una autentica rivoluzione anzitutto nelle nostre menti, nei nostri
cuori, nei nostri comportamenti, nelle nostre relazioni
interpersonali.
Tutti dobbiamo essere coscienti, anche
coloro che sembrano indulgere a giustificazioni e distinguo nei
confronti dei violenti, che l'unica strategia vincente è quella
della non violenza.
Doppiamente vincente.
Perché è moralmente giusta, non
persegue scorciatoie impraticabili e dagli effetti perversi ma
coerentemente persegue la difesa dei diritti e della legalità, il
dialogo, il confronto, l'uso della ragione e la forza delle idee.
Perché è la più efficace, disorienta
e spariglia il potere, non gli offre alibi e pretesti per la
repressione e per le mistificazioni dell'informazione di regime, non
consente che strumentali rumori di fondo possano coprire la sostanza
della protesta, conquista i cuori e il consenso della maggioranza dei
cittadini.
Noi del Movimento Radicalsocialista,
che abbiamo nel nostro ideale Pantheon Aldo Capitini uno dei padri
della non violenza, siamo ben coscienti e convinti di tutto ciò.
Che fare ora per ripartire?
Certo il movimento dovrà riflettere,
come già ha cominciato a fare ed è molto interessante in questo
senso l'intervento
di Bifo Berardi, sulle forme e sui modi in cui esprimere il proprio
dissenso e la propria lotta.
Pensare di strutturarsi e di
organizzarsi scegliendosi dei leader, identificando delle gerarchie e
dandosi un'architettura pesante significherebbe snaturare la propria
natura fluida, reticolare e trasversale.
E’ evidente che nel momento in cui si
riproporranno nuove manifestazioni di massa ci si dovrà dotare di un
servizio d'ordine e di regole in base alle quali non sia consentito
la partecipazione al corteo di chi si presenta a volto coperto e
porti con sé oggetti per offendere e colpire.
Più ancora probabilmente dovrà
trovare nuove forme per affermare la propria presenza: innovative e
spettacolari, mobili, decentrate e diffuse sui territori, giocare sul
fattore sorpresa, sfruttare a pieno le opportunità di propagazione
delle idee che offre il web. Optare, così come si fa in tutto il
mondo, per l'occupazione delle piazze e rinunciare ai cortei.
Per spostare gli equilibri sociali e i rapporti di forza con il
potere politico ed economico, per conquistare alle proprie lotte e
alle proprie proposte la maggioranza delle persone, per rendere
liberi gli individui dai condizionamenti e dalle catene del bisogno
(e che spinge troppi nelle maglie del clientelismo e della contiguità
con le organizzazioni criminali o nella disperazione della violenza)
dovrà porsi però anche l'obiettivo di operare nel profondo della
società e creare/sviluppare/mettere in rete nuove iniziative
economiche associative che riescano ad indicare e realizzare
un'alternativa concreta ai modelli di vita e di consumo dominanti,
per la soddisfazione delle necessità materiali e la diffusione di
una cultura solidale che faccia prevalere le soluzioni collettive su
quelle individuali. .
Nessun commento:
Posta un commento