"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

lunedì 10 ottobre 2011

Steve Jobs, il sogno americano e il welfare europeo


Pur Impero in crisi, gli Stati Uniti non hanno tuttora rivali e non hanno perso il proprio primato in una specifica attività: la capacità di creare e diffondere miti. La fabbrica dei sogni (o per alcuni la fabbrica delle illusioni e delle menzogne) che è il vero collante ed il vero fattore di stabilità sociale di quel grande e controverso Paese
Non so quanto rimarrà nei libri di storia della sua vita ma Steve Jobs, il fondatore della Apple e certamente uno degli uomini che hanno contribuito a costruire il mondo in cui viviamo, ha tutti i requisiti per incarnare il sogno americano dove ognuno può diventare ricco e famoso (ma dove contemporaneamente milioni di persone non riescono ad avere quanto è necessario per vivere dignitosamente).
La stessa morte prematura per un cancro contribuirà ad accrescerne il mito e la società da lui fondata non si è risparmiata dallo sfruttare l'evento luttuoso per accrescere prestigio, fatturato e profitti.
Figlio di un arabo siriano e di una ragazza madre che è costretta a darlo in adozione, rinuncia a conseguire la laurea per non consumare tutti i risparmi dei propri nuovi genitori e studia da autodidatta.
Valente capitano di industria (da un'idea nata in un garage è stata realizzata una società che capitalizza in borsa oltre 350 miliardi di dollari), genio tecnologico, grande venditore e creatore di un marchio che è andato ben oltre il semplice prodotto industriale per diventare griffe di tendenza amata e venerata nel mondo liberal in contrapposizione ai giganti massificati quali Microsoft e Ibm.
Solo in pochi hanno ricordato che accanto all'immagine innovativa e originale delle sue ideazioni ed al mondo democratico ed egualitario di internet, esiste una realtà di sfruttamento e di sopraffazione.

Nel discorso all'Università di Stansford c'è tutta la sua filosofia e la filosofia del sogno americano: per ottenere qualcosa e realizzare quello che si ritiene lo scopo della propria vita bisogna volerlo a tutti i costi, essere folli e affamati. Accanto a tutta la retorica del sogno americano, un discorso suggestivo, affascinante e toccante, un invito di cui tutti dovremmo tenere conto anche quando sogniamo di cambiare la società e la politica italiana.
Ma il discorso di Steve Jobs ha suscitato in me anche un'altra riflessione. La sua è una risposta individuale alla sfida che ci pone la vita. A me interessano le risposte collettive che riguardano tutti gli individui.
Chissà forse alcuni geni riescono ad esprimere meglio il proprio talento proprio nelle (o nonostante le) situazioni estreme: la miseria, la guerra, la dittatura, la malattia.
Ma per tutti gli altri e per tutte le persone normali, coltivare i propri sogni e le proprie aspirazioni, tentare di mettere a frutto il proprio talento più o meno grande, senza rischiare di compromettere la vita futura, richiede una rete sociale di protezione che garantisca eguali condizioni di partenza, un reddito minimo garantito, un sistema formativo, scolastico e universitario pubblico e gratuito di qualità, la cura e l'assistenza gratuita per la  malattia e per la disabilità, l'accessibilità a prezzi 'politici' dei servizi essenziali e della casa.
Esattamente quel welfare europeo che la maggioranza degli americani sdegnatamente rifiuta e che l'Italia non ha mai conosciuto in forme realmente efficaci ed efficienti e che ora per tutti i Paesi colpiti dalla crisi finanziaria si pretende di smantellare.



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