Alla manifestazione che la Fiom terrà a Roma il prossimo 16 ottobre va riconosciuta, per onestà intellettuale, anzitutto la sua specifica natura sindacale. Gli operai e gli impiegati del settore metallurgico che scenderanno in piazza avranno quali primi obiettivi quelli di difendere i propri concreti diritti di lavoratori: per il reddito e l'occupazione, per la dignità del lavoro, per la salvaguardia del contratto nazionale di categoria, unico argine in grado di assicurare a tutti i lavoratori del comparto un quadro unitario di garanzie e non lasciarli in balia e all’arbitrio delle singole aziende da cui dipendono, per condizioni di lavoro umane in termini di sicurezza, turni e tempi di lavoro, per la difesa di diritti sanciti dalla Costituzione quali il diritto di sciopero e di organizzazione sindacale, per la riaffermazione e realizzazione della democrazia sindacale ovvero che le decisioni che riguardano i lavoratori debbano essere prese in base al voto delle persone e non al numero delle sigle, spesso prive di effettiva rappresentatività, che firmano gli accordi.
E’ evidente però - e questo è esattamente ciò che la Fiom voleva - che questa manifestazione ha assunto un carattere politico e sociale che va ben oltre le rivendicazioni di una specifica categoria.
Per la sua importanza, la sua rappresentatività, la sua storia la lotta della Fiom è diventata la lotta di tutti i lavoratori, dei precari, dei disoccupati. E' forse l'ultimo baluardo che i cittadini democratici e di sinistra ritrovano, di fronte all'offensiva incontrastata del pensiero unico liberista, a difesa dei propri diritti, dello stato sociale, della dignità del lavoro che si vuole degradare a semplice merce, per respingere un futuro di precarietà. In essa si afferma una diversa idea di società e l'aspirazione a relazioni sociali e a rapporti di lavoro fondati sulla giustizia e la dignità di ciascun essere umano.
Ecco dunque l'enorme valore politico della manifestazione di sabato 16 e la consapevolezza che la battaglia della Fiom sarà decisiva per il futuro di tutti i lavoratori italiani.
Tante volte si è descritta, soprattutto in sede di commento dei risultati delle elezioni politiche, un'Italia divisa in due (centro sinistra e centro destra). La sensazione, per chi osservi con attenzione questa Italia martoriata, è invece piuttosto quella di un Paese spappolato e frantumato in innumerevoli realtà e soggetti, sociali e territoriali, a volte artificiosamente contrapposti, a volte effettivamente inconciliabili e l'un contro l'altro rivolti: sud nord e centro; lavoratori garantiti e non garantiti; occupati e disoccupati; imprenditori squali, media borghesia decaduta, nuovi poveri; oligarchie al potere e sudditi; dipendenti pubblici e dipendenti privati; lavoratori subordinati e autonomi; chi vive onestamente e chi si arricchisce violando la legge ed evadendo il fisco; italiani e stranieri; grandi città e piccoli centri; giovani e vecchi.
E se è possibile ed utile una rappresentazione semplificata del quadro politico emergono invece tre macro raggruppamenti.
La prima è l'area leghista e berlusconiana: indegna, impudica e impresentabile.
La seconda è l'area, che va da Fini a Bersani, di chi vuole accreditarsi come fautore del politicamente corretto e che pretende di restituire un minimo di credibilità e di decenza alle Istituzioni ma che non persegue in alcun modo la trasformazione della società, professando l'ossequio ai meccanismi di mercato e ai diktat che vengono imposti dal grande capitale e dagli organismi sovranazionali.
E' l'area di Marchionne, di Montezemolo, della Marcegaglia, di Diego Della Valle che in una puntata di Annozero auspicava per il paese competitività e solidarietà: cioè rinunciate oggi ai vostri diritti e domani noi vi faremo un po' di elemosina.
E' l'area di chi prosegue a parlare di sviluppo, di crescita, di competitività pur consapevole che queste parole significano concretamente continuare a depredare il sud del mondo, continuare a peggiorare le condizioni di vita dei lavoratori italiani obbligandoli ad una concorrenza impossibile e ad una guerra fra poveri con quelli dei paesi emergenti e privi di tutele sociali, continuare a perseguire insostenibili ed alienanti stili di vita, continuare a compromettere la sopravvivenza stessa del nostro pianeta.
Esiste infine una terza area che non si riconosce in questa politica e che anzi la rifiuta. E che esprime la propria alterità o con la scelta deliberata dell’astensione o tentando di percorrere nuove strade, di volta in volta identificate con movimenti come quello dei Girotondi, di Grillo, Di Pietro, Vendola, del popolo viola o restando fedele a quel poco che resta della sinistra comunista.
La Fiom con il suo rifiuto di arrendersi al ricatto dei Marchionne, alla logica del meglio un lavoro precario e senza diritti che niente, al buon senso peloso dei Veltroni e dei Chiamparino, alla organicità confindustriale di UIL e CISL, alle timidezze delle segreterie nazionali della CGIL, è diventata il simbolo di questa Italia.
E' questa l'Italia che marcerà accanto alla Fiom sabato 16 ottobre o le sarà idealmente vicina. E' l'Italia dei movimenti e delle proteste, contro il precariato, contro la religione del PIL che annienta la qualità della vita delle persone, contro lo smantellamento della scuola pubblica, contro le grandi opere inutili e devastanti, contro la distruzione dell'ambiente che si traduce in attentati alla salute ed alla vita dei cittadini, contro il razzismo, contro la criminalità organizzata, contro la privatizzazione dell’acqua, contro la corruzione e l’illegalità, contro il parassitismo della rendita e delle oligarchie politiche, contro la guerra, contro Berlusconi ed il suo attacco alla Costituzione repubblicana.
E' un'Italia che per il momento sa solo ciò che non vuole, che auspica un'alternativa di sistema a questa società e a questa politica, ma a cui ancora non è stata presentata una proposta politica coerente e credibile ed una struttura organizzativa funzionale a realizzare le sue speranze e i suoi sogni.
E' un'Italia a cui, prima o poi, si dovrà offrire - quale risposta alla richiesta di piena occupazione, di eguaglianza, di progresso qualitativo e quantitativo dello stato sociale - un massiccio intervento pubblico nell'economia ed il trasferimento di risorse dai consumi individuali voluttuari a quelli collettivi.
E' ora che i movimenti, gli intellettuali, i partiti che si propongono il superamento di questo sistema trovino un percorso ed un'organizzazione comune per rappresentare una unitaria proposta politica alternativa e attraverso questa si candidino alla guida del Paese.
Nessun commento:
Posta un commento