In questo strano Paese, in questa Italia alla rovescia, può succedere che un potente, Nicola Mancino, indagato per un reato gravissimo quale aver partecipato alla trattativa tra Stato e mafia che fu all'origine delle stragi nelle quali trovarono la morte Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, possa rivolgersi alla Presidenza della Repubblica, chiedere e ottenere di intervenire e di intercedere presso le supreme magistature per ottenere garanzie in merito al procedimento penale che lo riguarda.
Mentre Napolitano da un lato si appella ai cittadini, in nome del dettato costituzionale, perché non neghino la propria fiducia ed il proprio consenso alle Istituzioni ed ai partiti politici, in quanto indispensabili strumenti del gioco democratico che nessuna 'mela marcia' può delegittimare, dall'altro opera - lui o i suoi più stretti collaboratori - affinché un indagato più uguale degli altri, avendo ricoperto le cariche di Ministro degli Interni, di Presidente del Senato, di Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, possa godere di una corsia preferenziale nell'esercizio del suo diritto di difesa dall'accusa di alto tradimento.
Non si esplica in questi comportamenti, nel 'predicare bene e razzolare male' che inevitabilmente denota di un carattere palesemente ipocrita gli appelli alla coesione nazionale e a non far venire meno il credito nei confronti dei partiti e degli esponenti politici, il peggio della degenerazione partitocratica italiana (della quale Giorgio Napolitano è per 'cursus honorem' piena espressione) e la negazione dell'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge?
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