Renzi si esercita ispirandosi al suo modello by Luca Peruzzi |
Se essere di destra significa sostenere
gli interessi delle classi dominanti contro quelli delle classi
subalterne cosa c'è dietro l'ossessione ricorrente di tutte le
destre (quella liberale-liberista alla Monti e Giavazzi, quella
populista di Berlusconi, quella modernista plebiscitaria del PD
renziano) verso la 'riforma' del lavoro ed in particolare verso
l'articolo 18?
Questa offensiva non è nata oggi e
l'assedio dura da anni: si è aggirato l'ostacolo con le leggi Treu e
Biagi che istituivano il precariato creando una scissione insanabile
nel mondo del lavoro dipendente tra 'garantiti' e 'non garantiti'; la
manifestazione organizzata dalla CGIL di Cofferati il 23 marzo 2002
al Circo Massimo per salvaguardare l'esistenza dell'articolo 18
rappresenta forse l'ultimo grande 'segno di vita' della Sinistra
nella storia del nostro Paese, per gli ex 'socialisti' craxiani Brunetta e Sacconi è la madre di tutte le battaglie, la Fornero con la sua riforma, sotto il governo Monti, ha realizzato un ulteriore passo in avanti verso la cancellazione di questo principio di civiltà.
Oggi la riforma del lavoro (e dunque
l'abolizione dell'articolo 18) è la priorità di tutto
l'establishment economico e finanziario italiano ed internazionale:
per Draghi (e se non ho capito male anche per Juncker) è la
condizione per accordare una qualche flessibilità nel rispetto dei
parametri europei sui conti pubblici, per gli imprenditori
intervenuti al convegno di Cernobbio è l'unica cosa che ci si
aspetta realmente dal governo Renzi (e per Scaroni,
l'ex capo dell'ENI, il giudizio su Renzi dipenderà da quali
risultati riuscirà ad ottenere al riguardo), questo argomento è
all'origine di contrasti, mugugni e distinguo tra il potere economico
italiano (espresso attraverso i suoi organi di informazione
Repubblica, Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore) e Renzi.
Per un establishment economico che
ragiona in termini di velocità nel poter cogliere le occasioni di
profitto è inaccettabile l'atteggiamento di Renzi che subordina la
questione del lavoro alla propria partita personale per il potere e
dunque ne criticano l'impantanamento nella riforma costituzionale ed
elettorale i cui esiti sono tutt'altro che certi anziché operare
subito per realizzare le cosiddette riforme.
L'impressione cioè è che Renzi voglia
arrivare alle elezioni nella primavera del 2015 con un nuovo assetto
costituzionale ed una nuova legge elettorale che ne garantiscano per
anni e anni la permanenza al potere prendendo tempo per quanto
riguarda l'esecuzione dei diktat liberisti più impopolari e
penalizzanti sul piano elettorale su pareggio di bilancio e lavoro. E
da questo oltre che dallo stretto rapporto di dipendenza da
Berlusconi nascono probabilmente molte delle critiche espresse
ultimamente sulla stampa espressione del grande capitale.
Tornando alla domanda di cosa c'è
dietro l'ossessione delle destre per l'articolo 18 è evidente che si tratta di una questione considerata decisiva per gli interessi del grande capitale. E che l'affermazione secondo cui maggiore flessibilità in entrata
(assunzioni precarie) ed in uscita (licenziamenti) dei lavoratori
consentirebbe di aumentare l'occupazione è una colossale balla.
L'Italia era già nel 2012 (secondo i
dati OCSE) uno dei Paesi più flessibili per assunzioni e
licenziamenti, la legge Fornero ha sostanzialmente svuotato
l'articolo 18 che peraltro non si è mai applicato alle aziende con
meno di 15 dipendenti e né, soprattutto, in caso di crisi aziendali:
tutte queste cose peraltro non hanno impedito all'Italia di avere uno
dei più alti tassi di disoccupazione in Europa.
La questione dunque è un'altra: i
lavoratori garantiti dall'articolo 18 sono tra i 9 e i 10 milioni
(stime raccolte sul web) ed avere la libertà assoluta (la legge
Fornero evidentemente non è considerata sufficiente) di farne fuori
dalle aziende anche solo 2 o 3 milioni e sostituirli, ove necessario,
con giovani precari sottopagati significherebbe trasferire ai
profitti decine di miliardi di euro dalla quota di reddito nazionale oggi assorbita dai salari, accrescendo il valore di borsa delle aziende
italiane e il loro prezzo di acquisto per gli investitori stranieri.
Poter falcidiare centinaia di migliaia di lavoratori anche nel
settore pubblico significherebbe altresì recuperare quei miliardi di
euro con cui finanziarie nuove mance elettorali come quella degli 80
euro e quelle opere pubbliche con cui dare lustro ai membri del
governo e far girare soldi per appalti e tangenti.
Si aggiunga a questo la ben maggiore
attitudine produttiva e la malleabilità di giovani precari, vergini
da ogni velleità di sindacalizzazione, rispetto a navigati
'garantiti': solo per fare un esempio senza l'articolo 18 non sarebbe
mai stata possibile la vertenza della Fiom su Pomigliano d'Arco.
Così
l'imprenditore cessa di essere il datore di lavoro e torna
ufficialmente ad essere il Padrone.
Cancellato definitivamente l'articolo 18, nel giro di qualche tempo non è da escludere che i dati
macroeconomici (il PIL, il numero degli occupati, le esportazioni,
gli investimenti dall'estero) farebbero anche dei progressi (come in
Grecia dove dopo il crollo del PIL del 25 per cento se ne annuncia
con toni trionfalistici l'aumento dell'1 per cento) ma dovremmo
chiederci tutti se è questa la società che vogliamo. Una società
composta da una piccola minoranza di ricchi e una stragrande
maggioranza di poveri e di precari in un contesto economico e sociale
reso ancora più drammatico dallo smantellamento del welfare, dalla
privatizzazione dei servizi pubblici locali e dunque dall'incremento
delle loro tariffe, dall'erosione dei risparmi familiari a causa del
crollo dei valori immobiliari.
I giovani sono disposti, in cambio di illusorie opportunità di lavoro, a sostenere le riforme di Renzi e di
Draghi e ad andare contro i propri stessi padri e le proprie stesse
madri? Il diritto alla stabilità del lavoro, alle ferie e alla
malattia pagate, ad una pensione non sono privilegi ma semplicemente
la NORMALITA' che andrebbe estesa a tutti e non tolta a chi ce l'ha
ancora. Noi vecchi lasceremo che vengano bruciate, senza lottare, le
speranze di serenità dell'ultima parte della nostra vita? La vecchia
dirigenza sindacale e politica di quella che un tempo si chiamava
Sinistra accetterà di rendersi complice, guardando passivamente
gli eventi o in cambio di qualche misera ricollocazione personale,
dell'annientamento di conquiste frutte di secoli di lotta dei
lavoratori?
Ancora una volta mi sembra che le opposizioni a Renzi non colgano nelle loro critiche il cuore del problema: irridere Renzi perché non ha ancora realizzato le 'riforme' che ha promesso è sbagliato e fuorviante (meno male che non abbia fin qui rispettato i tempi annunciati!). Renzi va contestato da un punto vista culturale e nei valori che fondano la sua visione totalmente individualista e sull'egoismo elevato a regola sociale.
Ancora una volta mi sembra che le opposizioni a Renzi non colgano nelle loro critiche il cuore del problema: irridere Renzi perché non ha ancora realizzato le 'riforme' che ha promesso è sbagliato e fuorviante (meno male che non abbia fin qui rispettato i tempi annunciati!). Renzi va contestato da un punto vista culturale e nei valori che fondano la sua visione totalmente individualista e sull'egoismo elevato a regola sociale.
Nessun commento:
Posta un commento