Anche per l'ultimo tavolo per la
Costituente della Sinistra Unita Italiana è stato dichiarato il
fallimento
ma non credo che la cosa possa destare meraviglia né che ciò
spingerà qualcuno a strapparsi le vesti o tantomeno al suicidio.
Le ragioni di questi fallimenti,
ampiamente prevedibili e scontati anche guardando a quanto successo
nel passato recente, sono a mio avviso sostanzialmente due.
Prima ragione. Un movimento, un
partito, un'iniziativa politica non nasce e non assume rilevanza di
massa perché si uniscono pezzi di ceto politico (per di più
screditati e impopolari) ma perché si ha la capacità di cogliere,
di rappresentare, di organizzare bisogni e sentimenti collettivi
diffusi, di essere espressione di almeno una parte del popolo. Non vi
è da parte mia una furia “rottamatrice” verso i vecchi dirigenti
dei partiti della Sinistra i quali anzi, presi uno per uno, sono
spesso persone anche dignitose e rispettabili, meritevoli di ascolto
e che potrebbero ancora dare un utile contributo. Ma se manca la
capacità di coinvolgere, di mobilitare, di suscitare l'interesse
concreto di coloro che si vogliono rappresentare (anzitutto precari,
disoccupati, lavoratori e pensionati poveri, disabili, studenti di
serie B senza futuro) non si va da nessuna parte. Se non si riesce a
rompere l'involucro impenetrabile (disinformazione di massa, cultura
dell'egoismo e del consumo compulsivo, la paura di perdere anche quel
pochissimo che si ha) che rende prigionieri i più, se non si riesce
a mettere al centro del dibattito politico l'idea di una società
comunista e socialista quale soluzione dei problemi e quale premessa
per il bene comune e a non lasciare la parola solo alla destra nelle
sue varie declinazioni si è condannati alla marginalità e
all'impotenza. E se manca la “ciccia” di una visibile
partecipazione e di un consenso almeno potenziale che convinca a
stare insieme, al di là delle fisiologiche differenze di opinione e
di strategia, è inevitabile che ciascuno scelga di restare
asserragliato nel proprio fortino, per quanto fragile e fatiscente, e
magari ad accontentarsi di raccogliere le briciole di potere lasciate
cadere sotto il tavolo.
Seconda ragione. Pensare o far
credere di pensare di poter costruire un soggetto politico di
Sinistra radicalmente alternativo e contrapposto al PD, il partito
del liberismo subalterno all'Europa e dell'eversione costituzionale,
insieme a SEL è da folli o da incompetenti o da persone in malafede
(o magari tutte e tre le cose insieme). L'orizzonte e la mission
originaria di SEL sono quelli di essere “sinistra di governo” e
di poter condizionare “dall'interno” il potere, nel suo dna vi è
la nostaglia del centrosinistra e dunque il ritorno all'alleanza con
il PD quale unico contesto politico possibile – a qualunque
livello, nazionale e locale - nel quale ottenere qualcosa per i ceti
popolari. Al punto di arrivare persino a sostenere l'impresentabile
renziana Moretti alle ultime elezioni regionali in Veneto e ad
accettare l'eventualità di appoggiare Sala (l'uomo dell'Expo simbolo
della globalizzazione capitalista, della cementificazione, del lavoro
gratuito) alla carica di nuovo sindaco di Milano. Delle due l'una: o
si condivide l'impostazione di SEL e allora si sta dentro SEL, è
inutile inventarsi altri soggetti; oppure si pensa, come io penso,
che siano stati proprio i compromessi del centrosinistra a gettare i
ceti popolari tra le braccia di Grillo e di Salvini e che solo il
conflitto e una dura opposizione possono far arretrare il Potere e
farci riguadagnare credibilità e allora SEL va lasciata al suo
destino. Se questo è un dato evidente e inconfutabile ci spieghino i
soloni dell'Altra Europa, quelli della politica orizzontale e dal
basso, e la segreteria di Rifondazione Comunista per quale motivo
sono da due anni in attesa di SEL e dei cosiddetti dissidenti PD per
un'unione che anche i bambini sapevano che non avrebbe mai potuto
esserci se non arrendendosi al ruolo di sostanziale stampella del PD.
Sono sempre stato a favore di una
sinistra plurale ma per l'ambiguità con cui questo ideale è stato
declinato, per l'essere concetto incomprensibile a chi non vive di
pane e politica, confusione si è aggiunta a confusione, fallimenti e
delusioni si sono succeduti uno dopo l'altro. Oggi dunque si
riacquista a Sinistra una dignitosa presenza elettorale, per quel
poco che può contare, solo con una identità chiara e riconoscibile,
rivendicando a testa alta il meglio della storia socialista e
comunista: l'antifascismo, la Resistenza, il contributo essenziale
alla stesura della Costituzione Repubblicana, le lotte per i diritti
sociali e dei lavoratori, Enrico Berlinguer e Sandro Pertini. Serve
un soggetto politico non contraddistinto da settarismi, dogmatismi e
centralismi burocratici, aperto a tutti i contributi utili ma che
manifesti con forza l'orgoglio del percorso secolare del movimento
dei lavoratori ed il progetto di costruire una società socialista.
Spetterebbe anzitutto a Rifondazione
Comunista assumere un ruolo da protagonista per la formazione di un
tale soggetto, in cui definirsi comunista non sia considerata una
bestemmia ed una colpa da tenere nascosta. Ma questo evidentemente
richiederebbe l'abbandono da parte di quel partito dell'atteggiamento
subalterno che l'ha contraddistinto negli ultimi anni ed un cambio di
segreteria per sostituire il volonteroso ma inesorabilmente
fallimentare Paolo Ferrero con una leadership dotata di un minimo di
carisma, di capacità comunicativa, di adeguate attitudini tattiche e
strategiche.
Poi, se e quando vorremo lasciare da
parte soggetti politici nuovi, appelli (“perché non c'è più
tempo”) e tavoli unitari (naturalmente “partecipati e dal basso”)
e cominciare a parlare di cose serie e cioè di come si costruisce un
movimento di massa, bisognerà riprendere a ragionare seriamente di
iniziative sociali mutualistiche e solidali. Stante il fatto che
attraverso il marketing politico, per il quale per di più mancano
mezzi e competenze, non si conquista il potere, una comunità sociale
e politica che abbia la forza necessaria per far sentire la propria
voce per una vera uguaglianza ed una vera giustizia sociale si
ricostruisce organizzando, diffondendo e mettendo in rete iniziative
di socializzazione, per fare cultura, di integrazione/creazione di
reddito, di tutela di diritti, di autodifesa dei più deboli, di
produzione cooperativa, di sostegno alle lotte sociali e ambientali
che nascono sul territorio. Una rete di iniziative e di luoghi che
rispondano al binomio resistenza/mutualità
e che sia in grado di coinvolgere e avvicinare milioni di persone.
Questa è la strada che tutti sanno e tutti riconoscono essere
l'unica possibile ma alla quale si sostituisce sempre - perché meno
faticosa - un bell'appello, una inutile discussione sui massimi
sistemi, un'invettiva sui social network, un post su di un blog o un articolo sull'Huffington Post o
sul Manifesto (ed evidentemente anche chi sta scrivendo qui non riesce a fare altro).
Eppure proprio così Syriza ha
costruito il proprio radicamento elettorale (lasciamo da parte
ovviamente i successivi esiti politici); eppure proprio così
eviteremmo di lacerarci già prima di cominciare in base alle
tessere, alle appartenenze, alle magliette; eppure proprio così si
potrebbe far crescere una nuova generazione di quadri politici sulla
base non dell'attitudine all'eloquio ma della capacità di realizzare risultati
concreti per le persone. Eppure basterebbe dare vita a due o tre di
queste nuove “case del popolo” per suscitare un interesse ed un
effetto imitativo che si estenderebbe a valanga.
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