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L'Italia venduta a pezzi by Lupe |
In Italia dagli anni novanta in poi sono state attuate politiche
che - attraverso le privatizzazioni, la cancellazione del ruolo attivo dello
Stato nell’economia, l’attribuzione alla speculazione finanziaria del compito
di fornire allo Stato le risorse monetarie necessarie per svolgere le sue
funzioni, il “dimagrimento” dello Stato a vantaggio del privato (in base alla menzogna
che il privato fosse più efficiente e conveniente per i cittadini a confronto
del pubblico), la precarizzazione del lavoro, la progressiva demolizione dei
servizi sociali pubblici essenziali (sanità, scuola, pensioni, trasporti,
edilizia pubblica), l’ingresso nella gabbia dell’euro e delle regole europee
della finanza e della concorrenza senza adeguate contropartite e senza reti di
protezione - hanno realizzato il passaggio dall’economia sociale di mercato, prevista
dalla Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza antifascista e frutto del
compromesso tra comunisti e democristiani, al liberismo selvaggio (senza
peraltro intaccare minimamente le incrostazioni della corruzione, delle mafie,
del familismo che ammorbano la società e l’economia italiana).
I risultati di queste politiche, nelle condizioni di questo
disgraziato Paese, sono ora sotto gli occhi di tutti.
Ma se si dimentica che queste politiche sono state in larga
parte guidate e realizzate dai governi di centrosinistra (a cui partecipavano
anche Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani), con il silenzio/assenso dei
Sindacati complici (ivi compresa la CGIL), non si può capire perché oggi la
Sinistra è morta in Italia.
Per la Sinistra – responsabile o corresponsabile della
distruzione delle condizioni di vita dei ceti popolari - pensare adesso di riguadagnare
la fiducia, il consenso, la partecipazione politica attiva dei ceti popolari ad
una prospettiva di trasformazione socialista della società italiana attraverso l’allarmata
denuncia del razzismo e dell’imminente arrivo del fascismo o irridendo o stigmatizzando
questa o quella dichiarazione, questo o quello strafalcione linguistico, questa
o quella proposta di esponenti della maggioranza gialloverde (a cui viene così
lasciato di fatto il monopolio dell’agenda politica) è totalmente sbagliato
perché inefficace e velleitario. Inefficace e velleitario perché inidoneo a
spezzare e ribaltare il senso comune dominante fondato sull’individualismo e il
consumismo e sull’idea che il mondo capitalistico del profitto e della rincorsa
al successo individuale è l’unico mondo possibile. Inefficace e velleitario perché
inadatto ad intercettare la rabbia e la paura dei ceti popolari riguardo il
futuro, l’impoverimento, la difficoltà a soddisfare i propri bisogni
fondamentali.
Altrettanto illusoria e velleitaria è l’idea che possa
esistere nel contesto socio-economico-culturale in cui viviamo in Italia una
svolta fondata esclusivamente su elementi politico-programmatici in grado di
restituire di per sé alla Sinistra una dimensione di massa. Penso al
sovranismo, al cosiddetto populismo di Sinistra, alla richiesta di un’uscita
dall’euro “da sinistra”. Lo spazio populista e di contrasto delle élites (sia
esso autentico o simulato) è oggi saldamente in mano a Lega e 5 Stelle e non si
vede all’orizzonte la possibilità di scalzarli da Sinistra finché impererà il
pensiero unico capitalista. E penso anche al partito assembleare che “nasce dal
basso e sul territorio”, senza organizzazione e senza leader con un briciolo di
carisma, il “format” ormai consolidato con cui i partitini di Sinistra provano
ad ogni tornata elettorale a riproporre un nome e un simbolo (sempre nuovi e dunque
sempre sconosciuti) per tentare di raccattare qualche seggio e qualche briciolo
di finanziamento. O ancora a chi richiede di riprendere la lotta di classe
quando non esiste più coscienza di classe. Per tutti costoro poi vale
l’impossibilità di rivolgersi in modo massiccio alla generalità dei cittadini
usando quegli stessi mezzi di formazione dell’opinione pubblica (tv, giornali,
cinema, musica, la produzione culturale in generale, ecc.) da cui si è
sistematicamente esclusi.
Analogo ragionamento può essere fatto sulla questione
migranti. Un conto è l’affermazione di principi etici che fanno parte del DNA della
Sinistra: la solidarietà, l’accoglienza, l’integrazione, il dovere di salvare
chi è in pericolo di vita,
l’affermazione del diritto alla libera circolazione degli esseri umani,
il riconoscimento che le migrazioni sono diretta conseguenza dell’imperialismo
economico e militare dell’Occidente capitalistico e al di sopra di tutto questo
la convinzione che tutti gli esseri umani sono uguali nella dipendenza dal contesto
sociale per poter realizzare ciascuno il meglio di sé stessi (e francamente
lascia allibiti chi a Sinistra lancia l’allarme per un’asserita “minaccia” del
meticciato e sulla conseguente perdita delle nostre tradizioni culturali come
se tutta la storia dell’umanità non fosse la storia della mescolanza di popoli
e dell’evoluzione di usi e culture dipendenti da tale mescolanza e come se, in
particolare, il nostro Paese non fosse il risultato del “meticciamento” di
tutti i popoli che nel corso dei secoli scorsi lo hanno invaso e colonizzato
(normanni, franchi, arabi, slavi, germanici, ecc.)). Un altro conto è sul piano
politico (che è inesorabilmente ricerca del consenso e dei voti) auspicare una
immigrazione senza limiti o disconoscere i comportamenti socialmente devianti
di buona parte delle popolazioni romanì laddove la stragrande maggioranza degli
elettori la pensa in modo totalmente differente, ignorando i problemi sociali,
economici, culturali che obiettivamente crea l’immigrazione (regolare e irregolare,
comunitaria ed extracomunitaria, di migranti economici e di richiedenti asilo,
di cristiani o musulmani o atei) e la fortissima pressione che essa pone sul
mercato del lavoro, su quello delle abitazioni e sull’accesso ad un welfare
ormai ridotto all’osso a danno indiscutibilmente soprattutto dei ceti popolari
e socialmente più deboli.
Per quanto detto fare della questione migranti la “linea del
Piave” della Sinistra ed il suo principale o quasi esclusivo argomento di polemica
e propaganda politica è assolutamente autolesionistico ed un autentico suicidio
politico.
La mia convinzione è che il bisogno e la speranza di
realizzare una società socialista per dare piena soddisfazione alla necessità ineludibile
ed inestinguibile di uguaglianza e giustizia sociale e di liberazione dal
bisogno non potrà mai morire ma nel contempo ritengo incontestabile il fatto che
per restituirgli il necessario peso politico e la centralità nel dibattito
pubblico – ora che siamo all’anno zero della Sinistra – sia indispensabile un
immane e titanico lavoro – che richiederà anni ed anni – da svolgere sul piano culturale,
comunicativo, sociale, organizzativo, programmatico.
Lavoro culturale e nella comunicazione – da condurre con
genialità e perseveranza stante l’esclusione dai mezzi di comunicazione di
massa – per dimostrare che senza l’abbattimento del capitalismo non può
esistere benessere e sicurezza, per spezzare la dittatura del pensiero unico
liberista e capitalista e conquistare alla causa socialista e comunista quella
massa critica necessaria per poter costruire una prospettiva politica che non
sia condannata alla marginalità.
Lavoro nella società perché è indispensabile far rinascere una
grande comunità politica attraverso la ricostruzione di un sindacato
conflittuale e la presenza sul territorio. Il mutualismo non è e non deve
essere, come alcuni temono e accusano, la resa alla dissoluzione dello stato ma
il mezzo con cui contribuendo a soddisfare, attraverso l’auto-organizzazione, bisogni
primari delle persone – incremento del reddito disponibile, difesa dei diritti,
affrancamento dall’isolamento cui ci condanna la società attuale – si può ricominciare
a stare tra le persone, a parlare con le persone, a riconquistare la fiducia
delle persone. Ed un mezzo che ci faccia uscire al più presto dalla bolla dei social network con
cui qualcuno si illude di poter fare politica.
Lavoro organizzativo perché serve un partito di militanti e
di sezioni, stabile e riconoscibile nel tempo, in grado di raccogliere le
risorse necessarie alla sua attività, predisposto a selezionare una nuova
classe dirigente, all’altezza di studiare la realtà che ci circonda e i problemi
che la caratterizzano e di indicare programmi e strategie idonee alla radicale
trasformazione economica e sociale che è necessaria, guidato da leader
carismatici che possano diventare dei punti di riferimento in grado di ispirare
fiducia e speranza nella maggioranza dei cittadini. La realtà che abbiamo
conosciuto negli ultimi dieci anni è stata invece quella dei cartelli
elettorali last minute ed “usa e getta”, destinati ad essere abbandonati poco
dopo le elezioni: un destino che mi sembra inevitabile anche per Potere al
Popolo.
E’ evidente, per concludere, che nessuno oggi a Sinistra ha
la forza e le risorse per agire contemporaneamente su questi tre piani. Si
parta dunque dall’azione culturale e nella comunicazione per recuperare spazio
nel dibattito pubblico e nella coscienza collettiva, accantonando per l’immediato
velleità elettorali prive di prospettive e foriere solo di divisioni e
contrasti, mettendo insieme partiti, associazioni, gruppi di informazione
indipendente, singoli individui di buona volontà per costituire una Rete dove
ciascun soggetto agirà secondo le proprie capacità e le proprie inclinazioni ma
coordinati in vista dell’obiettivo comune. Alle elezioni ci si penserà più
avanti, quando sarà possibile.
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