"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

sabato 18 agosto 2018

La privatizzazione di Autostrade: ve li ricordate i governi di Centrosinistra?



L'Italia venduta a pezzi by Lupe

In Italia dagli anni novanta in poi sono state attuate politiche che - attraverso le privatizzazioni, la cancellazione del ruolo attivo dello Stato nell’economia, l’attribuzione alla speculazione finanziaria del compito di fornire allo Stato le risorse monetarie necessarie per svolgere le sue funzioni, il “dimagrimento” dello Stato a vantaggio del privato (in base alla menzogna che il privato fosse più efficiente e conveniente per i cittadini a confronto del pubblico), la precarizzazione del lavoro, la progressiva demolizione dei servizi sociali pubblici essenziali (sanità, scuola, pensioni, trasporti, edilizia pubblica), l’ingresso nella gabbia dell’euro e delle regole europee della finanza e della concorrenza senza adeguate contropartite e senza reti di protezione - hanno realizzato il passaggio dall’economia sociale di mercato, prevista dalla Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza antifascista e frutto del compromesso tra comunisti e democristiani, al liberismo selvaggio (senza peraltro intaccare minimamente le incrostazioni della corruzione, delle mafie, del familismo che ammorbano la società e l’economia italiana).
I risultati di queste politiche, nelle condizioni di questo disgraziato Paese, sono ora sotto gli occhi di tutti.
Ma se si dimentica che queste politiche sono state in larga parte guidate e realizzate dai governi di centrosinistra (a cui partecipavano anche Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani), con il silenzio/assenso dei Sindacati complici (ivi compresa la CGIL), non si può capire perché oggi la Sinistra è morta in Italia.

lunedì 16 luglio 2018

È DAVVERO TROPPO CHE NON FACCIAMO OH YEAH!






di giandiego 




o
Per quelli che chiudono i porti … oh yeah!
Per quelli che , pubblicmente e palesemente inneggiano a quelli che chiudono i porti …. oh yeah!
Per quelli che, pubblicamente dileggiano, ma intimamente approvano quelli che chiudono i porti … molti, ma molti oh yeah!
Per quelli si sono adattati, in un modo o nell'altro, a questo modello di mondo, competitivo, crudele, fondato sulla furbizia e sulla legge del più ricco e del più forte … oh yeah!
Per quelli che fanno appelli per gli ultimi del mondo dalla terrazza di Portofino con o senza Rolex, poco c'importa … oh yeah!
Per quelli che misurano le buone intenzioni da un'orologio … oh yeah!
Per quelli che erano comunisti … oh yeah!
Per i moralisti, i bigotti, gli omofobi, i nazionalisti e i sovranisti … oh yeah!
Per quelli che senza L'uomo nuovo come si può fare qualche cosa che sia diverso dal vecchjo? … oh yeah!
Per quelli che sono ancora qui, in fondo, insieme agli ultimi e che per loro non cambia mai nulla … Re, Imperatori, Papi, Presidenti o Duci restano dove sono a spalare fango e a piangere lacrime e sangue … oh yeah!
Per i migranti ricchi che si chiamano turisti e che nessuno sembra accorgersi che si spostino … oh yeah!
Per quelli che sono giovani, Italiani e laureati, intelligenti e forti che se ne vanno, costretti dall'immanenza, lasciandoci qui, soli, con i mediocri … che sono tanti, tanti di più di quei migranti poveri che ci fan tanta paura … ciao ragazzi e oh yeah!





domenica 1 aprile 2018

ECCOCI DI NUOVO ED ANCORA LA RISPOSTA. È QUELLA DI SEMPRE:FARE RETE





di giandiego


Ieri mattina chiacchieravo con un vecchio amico, un intellettuale di spessore internazionale, direttore di rivista culturale (vera). Uomo di pensiero, anche se, forse, un poco troppo cattedratico e sistemico per i miei gusti selvaggi ed ignoranti.
Si parlava di editoria, grande e piccola, sistemica e non e si constatava come il problema di fronte al quale molti si arenano sia e resti La Distribuzione. Settore che diviene pretesto di super sfruttamento per Trangugia et Divora.
Cioè di come essa stia diventando la parte più rivelante e costosa dell'editoria moderna, nelle sue componenti fondamentali come la visibilità e la pubblicità, ma anche solo la reperibilità e la facilità di accesso.
É agghiacciante come, per esempio, qualsiasi velleità di auto-produzione si areni inesorabilmente e definitivamente di fronte a questa problematica, a quanti scrittori anche di valore rimangano al palo, nascosti ed ignorati solo perchè non sistemici, non famosi, non remunerativi., solo perchè sarebbero da seguire ed accompagnare.
Già il libro è merce … e nemmeno fra le più richieste e facilmente vendibili. Non conta il valore intrinseco, ma la vendibilità.
Si discuteva, quindi, di come si potesse sviluppare e vivificare una editoria alternativa. Una editoria che tenga conto dell'essere umano autore, dei suoi diritti … del suo lavoro. Che rispetti la proprietà intellettuale come valore prima che come fonte di business.
Due i sentieri individuati da questa amena discussione. Il primo “il coinvolgimento degli autori nella gestione editoriale”, cioè una via mista fra l'editoria tradizionale e l'auto-produzione che vede gli autori stessi associarsi e fare “editoria di qualità”, percorrendo le strade della cooperazione e del possesso collettivo e cedendo i ruoli organizzativi ad una struttura di servizio che abbia come prime finalità la “cultura popolare” ed i “beni comuni”.
Partendo da un ruolo ed una ridiscussione della figura dell'intellettuale e del produttore d'opera letteraria, piuttosto che musicale. L'intellettuale nel suo ruolo “sociale” e non come divo auto-referente o prodotto da vendere.
Il secondo, ovviamente, non può che riguardare la “distribuzione”. Fare Rete! … ( mi sovviene come a suo tempo con alcuni dei protagonisti chiamati in causa in questa lettera aperta, non solo se ne parlò ma si fondò anche una pagina su Facebook che titolava Fare Network, Fare rete, Fare movimento).
Sono un autore che si “picca” d'esser buono e dire qualche cosa, un Poeta e mi piacerebbe che quel che scrivo “sorgesse” da una esperienza di “diffusione” comune, una piattaforma condivisa che sia il “luogo della letteratura d'alternativa, di base, condivisa e realizzata dal basso”.
Che sia un luogo riconoscibile, conosciuto e di cui si parli. Un Luogo in cui la lettura si riconcilia con il lettore in cui sia facile trovare tutti quei libri che derivano da queste esperienze e che non sia mera “auto-produzione di poche speranze”, ma una proposta reale che abbia attinenza con la verità, con la cultura, con l'alternativa di sistema.
Utopia?
Forse pensare ad una letteratura non di sistema, ad una figura d'intellettuale fuori dal coro eppure “di spessore” è pura follia?
Eppure due Radio Web, che io amo ed un contenitore di notizie che stimo si sono , pur in tempi diversi, posti questo obbiettivo cercando la strada editoriale. Una di loro è il mio attuale editore e con essa collaboro , proprio nell'ottica di quella prima proposta di sviluppo della “nuova editoria”.
Ed allora io, nella mia infinita ignoranza ed ininfluenza mi chiedo
Perchè non cominciare da qui?
Dagli autori, e sono molti, che si dibattono in rete proponendo sé stessi con poche o nulle speranze di successo, pur avendo per le mani prodotti validi e credibili. Da questo epico e coraggioso tentativo delle due radio in questione di fare editoria accarezzando la cultura, la verità, l'onda anti-sistemica … perchè non fare sinergia, non condividere, non creare, per esempio una piattaforma comune di diffusione dell'edito, Una pratica comune di pubblicizzazione, una connessione che non sia mera coltivazione di orticelli, ma un vero colpo di zappa nell'immenso campo della cultura letteraria e musicale … perchè NO?
Scrivo questa mia con l'ovvia speranza di essere letto, nella speranza che succeda qualche cosa che questa antica perorazione Fare Network, Fare Rete, Fare Movimento diventi realtà … Chissà io aspetto e continuo disperatamente a scrivere

mercoledì 14 marzo 2018

Potere al Popolo: un contributo per l'assemblea del 18 marzo




Un commento sulle elezioni del 4 marzo e sulle possibili prospettive future di Potere al Popolo


Il primo inequivocabile dato che è emerso dalle elezioni del 4 marzo è quello della rabbiosa e rancorosa richiesta di cambiamento del popolo italiano. Lega e Cinque Stelle raggiungono insieme circa il 50% dei voti, se ad essi sommiamo altre forze di opposizione radicale o antisistema, di destra e di sinistra che non hanno superato il quorum emerge che la larga maggioranza di chi si è recato alle urne ha espresso questa richiesta. E' il risultato di un Paese da almeno trent'anni in inesorabile declino in cui la macelleria sociale e la cancellazione dei diritti conquistati attraverso decenni di lotte - in contemporanea allo smantellamento della struttura produttiva italiana innescato dalla globalizzazione capitalistica, dai diktat liberisti della UE e dalla partecipazione all'euro - si è innestata su di una struttura politico-burocratico-amministrativa ed imprenditoriale che è restata arretrata, inefficiente, corrotta, impregnata di familismo, collusa assai frequentemente con le mafie. E' sufficiente, ahimé, girare in questi giorni per le strade di Roma devastate dalle buche per qualche giornata di neve e pioggia, pensare alle condizioni delle zone terremotate del centro Italia tormentate dalla neve e dal gelo, trovarsi nel girone infernale di un Pronto Soccorso o alle prese con le bibliche liste di attesa delle prestazioni sanitarie pubbliche per toccare con mano la realtà di un Paese che non è più in grado di far fronte nemmeno alle sue funzioni e necessità fondamentali. La condizione reale del Paese è quella che emerge da tutti gli indici statistici: milioni e milioni di persone sotto la soglia di povertà e che hanno dovuto rinunciare a curarsi, disoccupazione, precariato, invecchiamento, mortalità e nuovi nati, abbandoni scolastici e universitari, mezzogiorno, deindustrializzazione delocalizzazioni e shopping di aziende nazionali da parte di soggetti stranieri e si potrebbe andare avanti a lungo. Rispetto a questa drammatica condizione reale non vengono più accettate le vecchie rappresentazioni e narrazioni politiche: centro sinistra e centro destra, la promessa che stiamo uscendo dalla crisi per uno zero virgola in più qui o li, che abbiamo bisogno di più Europa, che l'immigrazione è solo una risorsa e non anche un ulteriore problema sociale, che i problemi si risolvono con i bonus o tagliando qualche tassa. Da qui la crisi irreversibile della “vecchia” politica del Partito Democratico di Renzi (ma anche dei trasfughi di D'Alema e Bersani) e di Forza Italia di Berlusconi. Questo ce l'avevano detto anche le elezioni amministrative degli ultimi anni e soprattutto il referendum costituzionale del dicembre 2016 (nel quale è stato determinante il ruolo di Lega e 5 Stelle) laddove i cittadini avevano rifiutato esplicitamente la “normalizzazione” istituzionale in coerenza con la struttura del “sistema”, propagandata come indispensabile dall'establishment politico-economico e dal mainstream informativo. Da qui il fatto che la disperazione montante faccia sì che ci si aggrappi a qualunque promessa di cambiamento. Se vogliamo anche il 40% di Renzi alle Europee del 2014 poteva essere letto così: la percezione del cambiamento attraverso un tangibile provvedimento, ancorché inefficace e iniquo nell'esclusione proprio dei più poveri, a favore dei lavoratori di livello medio-basso quale il bonus degli 80 euro, la prima concessione sociale dopo anni e anni di macelleria sociale. Dopo sono venuti jobs act, buona scuola e la perpetuazione delle politiche di austerità e dunque il crollo del renzismo.

martedì 23 gennaio 2018

Potere al Popolo: intervista a Viola Carofalo





Ciao Viola anzitutto grazie per la tua disponibilità a questa intervista. Prima domanda: chi è Viola Carofalo? In breve puoi descrivere la tua storia personale e politica? Sarai candidata?

La mia storia politica e personale non è molto diversa da quella di tutti i militanti e gli attivisti di Potere al popolo: non ho un lavoro stabile; nello specifico sono ricercatrice precaria in filosofia all'università; ho militato per anni nei collettivi universitari, nelle occupazioni di spazi da dedicare alle attività sociali in città a fianco dei disoccupati, dei lavoratori e degli immigrati, e ho sempre partecipato ai cosiddetti movimenti “antagonisti”, che avevano come scopo quello di costruire e di proporre un’alternativa a quei cambiamenti della società, che si sono avverati negli ultimi vent'anni.
Per quanto riguarda la candidatura: no, non sarò candidata. Abbiamo dovuto scegliere un capo politico perché questa legge elettorale ce lo ha imposto; la scelta è caduta su di me, e ne sono felice; ma proprio per scardinare la logica personalistica delle elezioni politiche, abbiamo ritenuto opportuno che il capo politico non fosse anche candidato.

La Sinistra di Alternativa manca in Parlamento da dieci anni. Al di là degli errori e dei limiti dei dirigenti della Sinistra Radicale e d'ispirazione Comunista non pensi che ciò sia dipeso soprattutto dalla marginalità che nella cultura diffusa, nel senso comune hanno ormai le istanze di Sinistra? Cioè se parli con i giovani, con i precari, con i disoccupati, con i lavoratori poveri – a causa dell'enorme potere di persuasione esercitato dai media - si percepisce che per la maggioranza di loro questo mondo è l'unico mondo possibile, che non esiste altra strada alla competizione di tutti contro tutti, che le disuguaglianze, i super profitti, le super retribuzioni dei manager e delle star dello sport e dello spettacolo è la normalità. Che interessa di più l'ultimo modello di smartphone o di capo firmato che avere politiche egualitarie ed efficaci per il lavoro o la casa o la salute. E che la soluzione ai loro/nostri problemi non è il controllo collettivo e popolare sull'economia ma, di volta in volta, la guerra ai migranti, ai “vecchi” che con i loro privilegi avrebbero compromesso il futuro dei giovani, alle tasse, al debito pubblico, alle inefficienze e agli sprechi delle istituzioni pubbliche.

Se le cosiddette “istanze di sinistra” sono diventate marginali nella cultura di massa, questo è dipeso piuttosto dalle scelte di quella sinistra politica che negli ultimi anni, purtroppo, non ha fatto altro che rincorrere le scadenze elettorali. Io credo che sia necessario fare una distinzione, a proposito di questo argomento: dobbiamo distinguere, infatti, una rappresentazione delle istanze tradizionalmente di sinistra, che non ha trovato spazio nel discorso politico e massmediatico degli ultimi anni, e un sentimento “di sinistra” che invece accomuna molte persone che sono disposte a mettere tempo ed energie a disposizione, per portare avanti pratiche volte a scardinare il razzismo, il classismo, e insomma l’imbarbarimento che chi ci ha governato, negli ultimi anni (di qualsiasi “colore”) hanno cercato di incoraggiare con le loro scelte politiche. Considerato questo presupposto, è tuttavia vero che tra le classi popolari di questo paese si registra un tasso di rassegnazione enorme, che porta molte persone ad accettare le cose per come stanno. Questo senso di rassegnazione, però, si combatte proponendo pratiche diverse: progetti di mutualismo che oltre a risolvere un problema immediato (l’accesso ai servizi sanitari, il doposcuola, la raccolta di vestiti, o la consulenza legale per il diritto al lavoro), “educhi” quante più persone possibile, a rivendicare i diritti, chiederne di nuovi, e organizzarsi per cambiare realmente le cose, secondo quelle che sono le necessità che possono cambiare da territorio a territorio, da situazione a situazione. Potere al popolo ha proprio questo scopo: rafforzare questo tipo di coraggio, che esiste ma che troppo spesso non trova il il giusto spazio per esprimersi.