Di Simonetta Colucci
Sono convinta che Alda Merini non possa più "morire". Con le sue opere ci ha raccontato di un mondo parallelo al nostro, ma non diverso nell'essenza. Un mondo dove non v'è finzione e dove la realtà del caos si mescola a quella dell'amore e della sofferenza e speranza. Un mondo che va avanti e torna indietro. Sempre. Eterno. Dove era già morta e già viva.
Unitamente al mondo esteriore, il suo canto si aggira alla ricerca del Verbo, al rimpianto vissuto come realtà quotidiana.
Il nostro caos chiede una "ragion d'essere", il suo lo è; proprio per questo trovo difficile commentarla. Penso che le sue poesie vadano vissute nell'attimo in cui si leggono.
Oggi sto vivendo queste parole:
(da:"La volpe e il sipario")
'Che insostenibile chiaroscuro,
mutevole concetto di ogni giorno,
parola d'ordine che dice : non vengo
e ti lascio morire poco a poco.
Perché questa lentezza nel caos?
Perché il verbo non mi avvicina?
Perché non mangio i frammenti di ieri
come se fosse un futuro d'amore? '
(da: "La Gazza Ladra")
'ALDA MERINI
Amai teneramente dei dolcissimi amanti
senza che essi sapessero mai nulla.
E su questi intessei tele di ragno
e fui preda della mia stessa materia.
In me l'anima c'era della meretrice
della santa della sanguinaria e dell'ipocrita.
Molti diedero al mio modo di vivere un nome
e fui soltanto una isterica.'
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