Da mesi stiamo sostenendo su questo blog che Berlusconi politicamente è morto.
Ne hanno decretato la fine gli Stati Uniti di Obama, i poteri forti italiani ed europei (grande finanza e confindustria montezemoliana, Vaticano), forse la stessa criminalità organizzata che da sempre gioca un ruolo fondamentale nella politica italiana.
Ne sono dimostrazione l'inedito coraggio dell'opportunista Fini e la guerra senza ritorno dichiaratagli dal gruppo Repubblica-L'Espresso.
Per il dopo, nella convinzione che Berlusconi stia trattando la propria uscita di scena per ottenere adeguate contropartite economiche e le garanzie di cui ha bisogno in materia giudiziaria, sono in gioco quattro ipotesi:
1.Berlusconi non ottiene quello che chiede e decide di tentare il tutto per tutto imponendo elezioni anticipate. A questo punto si presenterebbero alle elezioni almeno quattro distinti raggruppamenti: Berlusconi insieme alla Lega, se il fiuto ed il cinismo politico della Lega non la orienti verso altre soluzioni, ed all'estrema destra di Storace, il centro di Rutelli e Casini con i finiani, il PD insieme al proprio satellite Sinistra e Libertà e, da ultimo, il cartello dell'opposizione radicale di Italia dei Valori, Rifondazione Comunista ed il movimento di Beppe Grillo. Lo scenario più probabile che emergerebbe da tali elezioni è quello dell'ingovernabilità determinato dall'impossibilità di raggiungere, per qualunque delle coalizioni in campo, la maggioranza alla Camera e al Senato.
2.Berlusconi viene fatto fuori da un ribaltone parlamentare con il quale il PD, i finiani e il centro di Casini e Rutelli danno vita ad un governo del Presidente guidato da Fini o Draghi. E' l'ipotesi più improbabile perché comporterebbe attacchi sanguinosissimi da destra (Berlusconi, Feltri e Belpietro) e da sinistra (Di Pietro, Ferrero e c.).
3.Berlusconi ottiene le rassicurazioni che pretende, e accetta, sia pure a malincuore, di passare la mano. Tremonti, che garantirebbe la continuità della maggioranza attuale potendo contare sul consenso della Lega, è l'uomo più indicato a dare l'impressione di un semplice cambio alla guida del governo senza contraddire il risultato delle ultime elezioni.
4. A seguito delle dimissioni di Berlusconi, Fini riesce ad impossessarsi del PDL, rimanendone l'unico leader e giocando sulla naturale ritrosia di deputati e senatori a mettere a rischio la propria poltrona con nuove elezioni. Il disegno di 'normalizzazione' della politica italiana si realizza con la sostituzione, nella maggioranza al potere, della impresentabile Lega con UDC e rutelliani che, grazie ai parlamentari fuorisciuti da PD e IDV, forniscono al nuovo governo (probabilmente un governo istituzionale) i numeri per fare a meno del partito di Bossi. Il PD si ritroverebbe nella situazione ideale di apparire formalmente non compromesso con la maggioranza di centro destra (e pertanto di non dover subire le accuse di inciucio da parte delle altre opposizioni) ma nel contempo di poter far sentire il proprio peso politico puntellando, quando necessario, l'eterogenea maggioranza parlamentare creatasi.
In realtà in ciascuna delle quattro ipotesi citate, ciò che si determinerebbe è la convergenza del PD di D'Alema e Bersani , di Fini e Casini, con la benedizione del Vaticano e della Confindustria di Montezemolo, verso una sostanziale cogestione del potere e verso una riforma costituzionale (presidenzialista?) volta a garantire la governabilità e nel contempo verso un sistema partitico (il vecchio progetto di Veltroni) che dia rappresentanza politica alle sole forze politiche compatibili con l'establishment. Un sistema politico in stile americano, o se si preferisce in stile piduista, in cui conservatori e progressisti si combattono apparentemente per il governo del paese ma entrambi risultano totalmente leali e compatibili con il dominio dei poteri forti.
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