di Maurizio Zaffarano
In tempi di crisi, con la violenza ed il ricatto dell'usura, con il potere di condizionamento delle strutture politiche ed amministrative - locali e centrali – dello Stato, le organizzazioni criminali riescono più facilmente ad impossessarsi, in ogni parte d'Italia, delle imprese private o semplicemente a stringere con esse una mortale alleanza. Molte storie imprenditoriali di successo (emblematico il caso di Berlusconi) nascondono spesso una oscura origine dei capitali necessari all'avvio dell'attività, condizioni di ingiusto favore nell'acquisizione di commesse pubbliche o di posizioni dominanti sul mercato.
Ma non esiste solo un'economia capitalista sempre più intrecciata con l'economia 'ufficialmente' criminale e che si alimenta di corruzione, riciclaggio dei proventi delle attività illegali, evasione fiscale, violazione delle norme ambientali e in tema di sicurezza del lavoro.
L'economia perde progressivamente anche la natura propria di complesso delle attività di produzione e scambio di beni e servizi che, per mezzo di una efficiente allocazione delle risorse, realizzano il soddisfacimento dei bisogni umani.
L'economia diventa 'inutile', rivolta al conseguimento di profitti fondati solo sullo spreco e sulla produzione e la vendita del nulla.
In tanti hanno descritto la finanziarizzazione dell'economia, il turbo capitalismo degli ultimi trent'anni, la produzione di denaro attraverso il denaro. Ma si può citare anche la dissennata dissipazione del cibo (quante persone nel mondo potrebbero essere nutrite con ciò che nei paesi sviluppati va a finire tra i rifiuti?) e l'induzione ad un folle consumismo, con l'acquisto di sempre nuovi prodotti (gadget elettronici ed abbigliamento ad esempio) al di là delle possibilità e necessità di utilizzo e dell'effettiva utilità, con il conseguente abbandono di oggetti ancora funzionanti o in buono stato solo perché non più alla moda.
Si possono ancora ricordare le modalità di organizzazione della mobilità di persone e merci. Basta trovarsi giornalmente sulle tangenziali di tante città italiane o su strade e autostrade nei giorni di festività o di esodo per le ferie estive per rendersi conto del folle spreco di risorse e di tempo della vita umana che determina il traffico privato. Non si può pianificare una mobilità diversa (che richiederebbe adeguati progetti urbanistici, incentivare il trasporto collettivo pubblico e privato rispetto a quello individuale, rimodulare i tempi di vita (orari di lavoro o della scuola ad esempio), sviluppare le comunicazioni telematiche ed il telelavoro) perché su tali sprechi si fonda in realtà una fetta fondamentale dell'economia, in termini di profitto, di occupazione, di entrate fiscali. Per quanto riguarda la mobilità e i trasporti, il sistema attuale significa, ad esempio, produzione e vendita di automobili, manutenzione e riparazioni, pneumatici e pezzi di ricambio, carburanti, mercato immobiliare delle rimesse per auto, assicurazioni, finanziamenti per l'acquisto degli automezzi, scuole guida, pedaggi per autostrade e parcheggi, il business delle multe utilizzato dagli enti locali per rimpinguare le casse ormai vuote.
Rappresentativa al massimo grado dell'economia inutile, intrecciata ancora una volta con l'economia criminale, è l'espansione del gioco d'azzardo in tutte le sue forme: lotto e superenalotto, totocalcio, lotterie, gratta e vinci, scommesse sportive, siti di gioco online e agenzie di gioco, il poker elevato a rango di disciplina sportiva e diventato protagonista di trasmissioni televisive, bingo, slot machines.
Un enorme casinò a cielo aperto, una trappola nella quale cadono con sempre più facilità le persone più deboli, economicamente e psicologicamente. Le stime parlano per il 2010 di un settore che vale 60 miliardi di fatturato.
Non risponde al soddisfacimento di bisogni concreti il business dello spettacolo sportivo e risultano assolutamente fuori da ogni ragionevolezza gli ingaggi dei campioni dello sport: un ragazzo che dimostri talento nel calciare un pallone può guadagnare in un anno l'equivalente di interi secoli di retribuzione di un ricercatore universitario o di un operaio.
Con l'impresa che perde la sua funzione sociale, affermata nella Costituzione, e con l'economia fondata unicamente sul profitto ad ogni costo e sulla dissipazione di risorse si ribaltano i valori condivisi: il prestigio ed il riconoscimento sociale non è più in funzione del contributo che si dà alla comunità di cui si è parte (e da cui dunque consegue l'affermazione della dignità del lavoro e del lavoratore) ma alla quantità di ricchezza posseduta e dei beni materiali consumati.
La televisione italiana, in coincidenza con la nascita delle tv berlusconiane, ha promosso, sostenuto e facilitato tale sovvertimento di valori. Con le retribuzioni miliardarie dei divi televisivi e con la mutazione genetica, nella qualità e nei contenuti, dei programmi trasmessi.
E' esemplare il caso dei quiz e dei concorsi a premio: negli anni sessanta e settanta poteva diventare milionario, nei programmi di Mike Bongiorno, il genio dotato di una straordinaria (se pur nozionistica) cultura e memoria. Nei 'games' di oggi la ricchezza è alla portata di tutti: è sufficiente avere fortuna nell'aprire venti pacchi per cambiare la propria vita. Così è cambiata la natura degli spettacoli di intrattenimento: sempre più spesso non più il luogo di esibizione dell'artista ma occasione in cui, per acquisire fama e ricchezza, è sufficiente stare seduti su una poltrona a blaterare in insulsi talk show oppure acconsentire ad essere spiati nella propria intimità in truffaldini reality.
L'economia 'inutile' realizza così una triplice funzione: garantisce facili profitti all'impresa, contribuisce a plasmare valori e stili di vita, assicura una forma di controllo sociale fornendo l'illusione che la ricchezza sia alla portata di tutti (serve solo un po' di fortuna) con il gioco d'azzardo o con il successo nello sport o nella televisione.
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