Mentre il Paese, una parte importante del Paese, scende in piazza per chiederne le dimissioni e contestarne la politica e i comportamenti vergognosi, mentre il consenso nei confronti del Dittatore del Bunga Bunga e della sua coalizione politica sono in caduta libera tanto da far prevedere per la prima volta da anni, almeno a leggere i sondaggi, una vittoria della 'sinistra' pur divisa e lacerata, Berlusconi si rafforza in Parlamento.
Ancora una volta forse ci siamo illusi - dopo la sentenza Mills, dopo la scissione finiana e il voto di sfiducia paralmentare – che, con il rinvio a giudizio di Berlusconi con rito immediato per induzione alla prostituzione minorile e concussione, l'esperienza di questo governo della vergogna fosse giunta alla fine.
Conclusione inevitabile e razionale se l'Italia fosse un Paese normale, un Paese comparabile alle cosiddette democrazie dell'occidente (quelle della tradizione liberale anglosassone o dei Paesi dell'Euro o delle socialdemocrazie scandinave) o a quei Paesi (Tunisia, Egitto ad esempio) dove il popolo è stato in grado di ritrovare l'orgoglio e la forza di perseguire il bene comune e rivendicare la propria dignità.
Qui non siamo di fronte ad uno scoop giornalistico, ad un memoriale, ad un'indagine più o meno contestabile di un pubblico ministero. Qui siamo già al primo pronunciamento di un giudice che definisce le accuse talmente evidenti da dover disporre per il rinvio a giudizio attraverso il rito abbreviato.
Ma appunto l'Italia non è un paese normale altrimenti Berlusconi non sarebbe potuto entrare in politica e non avrebbe potuto dominarne la scena da venti anni. O quantomeno avrebbe dovuto dimettersi e ritirarsi a vita privata già da molto tempo.
Berlusconi dimostra di avere mille vite e la capacità di impiegare le enormi risorse di cui dispone per indurre caste politiche ed economico-finanziarie a non voltargli le spalle. E' davvero singolare che di fronte ai livelli minimi di consenso nel Paese e all'unanime disprezzo che l'opinione pubblica internazionale gli tributa (disprezzo che inevitabilmente si estende a tutto il popolo italiano ...), riesca ad acquisire e recuperare consensi parlamentari.
D'altronde questo è un Parlamento di nominati attraverso quella legge elettorale infame di cui egli è stato promotore e di cui oltre la metà dei membri sono stati scelti in base alle sue indicazioni. Come sorprendersi dunque che chi non si è fatto alcun scrupolo di coscienza a farsi eleggere con lui e grazie a lui colga oggi l'occasione di 'monetizzare' il proprio voto determinante?
Non è difficile trovare altoatesini, pannelliani, barbareschi, caleari, scilipoti, deputati in cerca di qualche leggina o di qualche emendamento, di visibilità, del pagamento del mutuo, di una poltrona, di un contratto televisivo, della certezza di essere rieletti, che siano pronti a cambiare idee come banderuole.
Ma il consenso parlamentare non è venuto meno anche perché alcuni poteri forti (Vaticano e Confindustria) non lo hanno (ancora) abbandonato: di fronte al fallimento del disegno di un governo di emergenza parlamentare (la strategia di Fini, Casini e D'Alema) attraverso il quale pervenire ad una nuova maggioranza moderata, è troppo rischioso rinunciare ora a Berlusconi quando non si conoscono gli esiti che si determinerebbero. E la dimostrazione sta nella fedeltà a Berlusconi delle quinte colonne vaticane (i ciellini, la Roccella) oltre che nell'appoggio di quelle confindustriali (Calearo). Il paradosso è che proprio il rafforzamento nei sondaggi della sinistra allontana la crisi: per ragioni ideologiche che spingono alcuni parlamentari di destra a staccarsi da Fini e per la paura di determinate lobbies di veder messi in discussione i propri privilegi e i propri interessi.
La strada per sconfiggere Berlusconi è dunque ancora molto lunga: sia essa giudiziaria (dove si tenterà di mettere in atto tutti gli ostacoli e tutti i provvedimenti necessari per rimandare o rendere impossibile una sentenza di condanna: legittimo impedimento, conflitto di attribuzione per portare il procedimento al Tribunale dei Ministri, riproposizione del processo breve e della legge bavaglio su intercettazioni e libertà di pubblicazione delle notizie giudiziarie; sta qui tutta la determinazione e la disperazione di Berlusconi nel voler riguadagnare 'ad ogni costo' la maggioranza alla Camera), sia essa elettorale (dove si dispiegherà tutta la potenza di fuoco propagandistica e tutta la capacità eversiva di intorbidire le acque della destra), sia essa culturale (dove i servi berlusconiani agiranno per impedire l'affermazione della verità e della giustizia). E certo sarebbe illusorio sperare che la svolta possa avvenire da manifestazioni di piazza a meno che queste non assumano dimensioni e forme 'egiziane' o 'tunisine'.
Fa bene dunque Bersani quando tenta di lusingare la Lega con l'attuazione del federalismo per spezzare la maggioranza parlamentare che sostiene Berlusconi? Si tratta di un sano realismo di fronte all'emergenza istituzionale che abbiamo davanti?
Evidentemente tutto va valutato in funzione dell'alternativa che si vuole perseguire: se questa deve essere interna al sistema, compatibile con i poteri forti che hanno sostenuto Berlusconi, senza mettere in gioco i rapporti di forza sociali ed economici in essere e senza combattere il contesto culturale sul quale la maggioranza al governo ha costruito il proprio consenso elettorale, allora certo non può che muoversi dentro una logica di trattativa e di alleanza con la destra economica e politica. Il messaggio diventa semplicemente: con noi potete realizzare ciò che Berlusconi non è (stato) in grado di fare.
Ma per chi crede in un'alternativa politica che possa conseguire, dopo la vittoria su Berlusconi, una profonda e radicale trasformazione sociale, economica, culturale dell'Italia, la strategia del PD appare in tutta la sua inadeguatezza, autentico tradimento dei propri ideali e della propria storia, capace solo di disorientare ogni volta (privilegiando Fini e Casini rispetto a Vendola e Di Pietro; sostenendo le ragioni di Marchionne contro quelle della Fiom; con l'abboccamento nei confronti della Lega razzista e xenofoba) la propria base elettorale e tutti i cittadini democratici.
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