Il tema della riforma della legge
elettorale (unitamente a quello delle riforme istituzionali) è da
almeno un ventennio uno degli argomenti caldi del dibattito politico.
Eppure proprio l'esperienza di questi
ultimi decenni, con il passaggio dal sistema elettorale proporzionale
a quello maggioritario, dovrebbe averci insegnato alcune cose.
In tanti hanno creduto, io compreso,
che il cambiamento del sistema elettorale fosse condizione necessaria
e in gran parte sufficiente per trasformare la politica: per
combattere la partitocrazia e la parassitaria rendita di posizione
che nella cosiddetta prima repubblica avevano acquisito partiti
piccoli e piccolissimi, per garantire la governabilità attraverso
Esecutivi autorevoli ed efficienti fondati su maggioranze coese ed
espressione della esplicita scelta dei cittadini, per moralizzare la
vita pubblica assicurando una migliore selezione della classe
dirigente ed un rapporto diretto tra elettori ed eletti ('prima la
persona').
Ciò non è stato: nella seconda
repubblica è al contrario aumentato il numero dei partiti, questi
hanno perso la caratteristica di organizzazioni collettive per
diventare sempre più le creature personali di singoli esponenti
politici, la corruzione non ha allentato la presa sulla società
italiana e nel complesso non è certo migliorata la qualità e la
probità della classe politica dirigente.
Il passaggio dal mattarellum, sistema
misto con collegi uninominali e quota proporzionale del 25 per cento
dei seggi, al porcellum Calderoli, con l'elezione dei parlamentari in
base alle liste bloccate definite dai leader di partito e con un
premio di maggioranza che teoricamente può attribuire la maggioranza
assoluta della Camera dei Deputati alla coalizione che ottenga anche
solo un'esigua maggioranza relativa dei voti espressi (25% ? 30% ?),
ha ulteriormente imbastardito il sistema togliendo ai cittadini anche
la possibilità di scegliere i propri rappresentanti.
Al di là di questo l'esperienza del
maggioritario deve comunque consentirci di trarre due ulteriori
conclusioni.
Primo: la legge elettorale rappresenta
un fattore secondario (anche se certo non ininfluente) per la
definizione della vita politica in confronto ad altri elementi quali
la consapevolezza e la volontà di partecipazione dei cittadini, la
loro capacità e volontà di sanzionare comportamenti scorretti e
socialmente immorali e premiare quelli virtuosi (e rispetto a tutto
questo è fondamentale il sistema dell'informazione ed il livello
culturale ed il senso civico dei cittadini).
Secondo: un sistema elettorale
maggioritario (sia nella versione mattarellum che in quella calderoli) obbliga
i partiti e conseguentemente i cittadini apparentemente ad una scelta
secca, da una parte o dall'altra, con il centro destra o il centro
sinistra. In realtà chi vince sempre è il centro, inteso come
sistema sociale ed economico dominante di fronte al quale le
coalizioni concorrenti rappresentano esclusivamente delle variazioni
sul tema. Da qui la continua crescita degli astensionisti (ormai il primo partito del Paese): espressione in parte del rifiuto consapevole di partiti e coalizioni che fanno sostanzialmente tutti le stesse cose, in parte frutto del disinteresse e del disincanto rispetto ad un voto 'inutile'.
Certo non mancano i tentativi di dare
vita a terze vie ed a partiti/coalizioni che propongono di rifiutare
tutte le opzioni in campo ma di fatto il cittadino viene
inesorabilmente sopraffatto dagli imperativi del 'voto utile' e del
'male minore'. Cosa dovrebbe fare l'elettore democratico e di
sinistra di fronte alla candidatura di Berlusconi? Resta solo la
scelta drammatica tra l'astensione o la preferenza nei confronti di
un partito anti-sistema estraneo alla coalizione di centro sinistra,
sottraendogli potenziali consensi e così favorendo la vittoria delle
destre, oppure ingoiare il rospo (si chiami di volta in volta Prodi,
Rutelli, Veltroni, domani Montezemolo o Profumo) e scegliere qualcosa
che somigli almeno lontanamente al meno peggio.
E' lo stesso dilemma che attanaglia i
partiti della sinistra post-comunista (in particolare la Federazione
della Sinistra): sporcarsi le mani partecipando (e legittimandola) ad
una coalizione che vuole mantenere lo status quo sociale ed economico
esistente ma così garantirsi la propria sopravvivenza come
organizzazione politica (in termini di finanziamenti pubblici e di
visibilità mediatica), con l'illusione di poterla condizionare
stando all'interno del Palazzo (progetto fallito nelle due esperienze
dei governi Prodi) oppure scegliere un'orgogliosa corsa solitaria per
condannarsi quasi inevitabilmente all'estinzione o, nella migliore
delle ipotesi, a restare politicamente ininfluenti?
A meno di non trovarsi come
interlocutore l'amerikano Veltroni che tolga le castagne dal fuoco di
qualsiasi dubbio su tale scelta con la sua pretesa di cancellare la
sinistra più radicale dal quadro politico.
Lo stesso vale in effetti anche per
l'elettore della destra tradizionale (Dio, Patria e Famiglia) o per
un cattolico conservatore che per contrastare la vittoria dei
'comunisti' si vede costretto a votare il puttaniere di Arcore e per
un governo in cui è determinante la presenza dei secessionisti della
Lega.
Sostanzialmente il sistema
maggioritario elimina qualunque spazio per esprimere una preferenza
elettorale che sia di reale alternativa (si chiami sinistra, area di
progresso e civiltà come la definisce il nostro Giandiego o di
rifiuto della casta alla Grillo) al sistema dominante, imponendo la
scelta tra le due facce di uno stesso sistema.
Ecco allora che chi ritiene
indispensabile dare voce a quei settori sociali e a quelle istanze
ideali e culturali che vogliono un reale cambiamento della società e che hanno consapevolezza che questo può realizzarsi solo in un rapporto conflittuale con il potere dominante e non con la partecipazione allo stesso, chi ritiene irrinunciabile un reale pluralismo politico
dovrebbe battersi anzitutto per un ritorno al sistema proporzionale.
Una legge attraverso la quale posizioni ora certo minoritarie ma comunque
consistenti potrebbero ritrovare una loro espressione parlamentare
senza doversi inchinare, per una mera logica di sopravvivenza, alla
logica delle coalizioni e del 'male minore' (non lasciare campo
libero alla vittoria delle destre).
Continua al contrario l'inganno perpetrato a danno dei
cittadini e degli elettori. Di fronte all'intollerabile vergogna
della legge elettorale Calderoli sono state predisposte due proposte
referendarie: quella che avrebbe consentito il ritorno al
proporzionale e quella per ripristinare il Mattarellum. Ebbene la
prima, avente come primi firmatari Stefano Passigli e Giovanni
Sartori e a cui avevano aderito importanti intellettuali e giuristi e
che si proponeva l'abolizione delle 'liste bloccate' (quelle che non
consentono agli elettori di esprimere un voto di preferenza), il
premio di maggioranza, l'indicazione del candidato premier sulla
scheda elettorale e di definire la soglia di sbarramento per
l'acquisizione di seggi al 4 per cento è scomparsa totalmente dalla
scena per lasciare il passo alla seconda al cui comitato promotore
hanno aderito oltre all'area democratica del PD (i veltroniani che
non tollerano l'idea della presenza nel sistema politico italiano di
una vera sinistra) anche IDV e SEL (!).
Quello che viene ora spacciata (il
ritorno al Mattarellum) come una indispensabile riforma radicale e come il modo di restituire ai cittadini
la possibilità di scegliere i propri rappresentanti non farebbe
altro, in realtà, che riconfermare quel sistema fallimentare e di
sostanziale negazione di una vera democrazia che abbiamo conosciuto
in questi ultimi vent'anni.
E' probabile che la reale intenzione
della proposta Passigli-Sartori fosse esclusivamente quella di
innescare un percorso referendario per la riforma della legge
elettorale calderoli, ponendo in secondo piano il problema di come sostituirla, ma ancora una volta si deve rilevare che è mancata alle
forze alternative la lucidità, la capacità, la lungimiranza, forse
la volontà stessa (per inconfessabili interessi) di condurre
unitariamente una battaglia per un reale cambiamento del sistema.
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