Mi duole dirlo ma
hanno ragione Maroni, Belpietro, Sallusti e tutta la corte dei
miracoli che attorniava e attornia Berlusconi ad irridere le ex
opposizioni, i sindacati, alcuni movimenti e intellettuali
progressisti per il loro far passare, con deboli proteste e timidi
distinguo, un sistema di provvedimenti di macelleria sociale che non
ha precedenti nella storia repubblicana e che mai avrebbero
consentito di realizzare al puttaniere di Arcore.
Ma quale senso di
responsabilità? Ma quale Italia salvata sull'orlo del baratro?
Perché dovremmo ancora credere a chi ci dice che non c'è
alternativa, fidarci di chi rappresenta e sostiene quel mondo folle e
ingiusto che è stato organizzato negli ultimi decenni? Perché
dovremmo dare fiducia a chi non ci aveva detto, dieci anni fa o sei
mesi fa, che l'Euro è destinato a fallire se la Banca centrale che
lo governa non è dotata di quei poteri (garantire la solvibilità
dei debiti dei paesi membri anche attraverso l'emissione di nuovo
denaro) che caratterizzano invece le valute concorrenti: il dollaro,
la sterlina, lo yen, il franco svizzero? A chi non ci aveva avvisato
che un sistema economico mondiale incentrato sulla speculazione
finanziaria, che ha grandezze ormai di sette-otto-dieci volte
l'economia reale, non solo avrebbe impoverito i ceti popolari e i
lavoratori ma era inevitabilmente destinato al fallimento e a far
crollare le economie occidentali e tutto il sistema del welfare? A
chi ci diceva che bisognava fare la guerra in Iraq perché lì
c'erano le armi di distruzione di massa, in Afghanistan per
combattere il terrorismo, in Libia per salvare i diritti umani?
Oppure che il riscaldamento globale e l'esaurimento delle risorse
naturali sono teorie da complottisti?
Di fronte a
provvedimenti di natura così ferocemente classista e antipopolare,
la risposta dei sindacati è semplicemente ridicola: proclamare tre
ore di sciopero. Invece di avviare una mobilitazione permanente, dura
e radicale. Invece, ed è la prima cosa (ed anche la più facile)
che andrebbe fatta, di prendere per il bavero i capi del PD e dire
loro: “Cari signori, fra un anno e mezzo si va a votare. Se passa
questa manovra, saremo noi i primi – con i nostri iscritti, con le
nostre strutture, con la nostra organizzazione – a boicottare il
vostro partito!”
Ma del resto cosa
ci si può attendere da chi come Bonanni della CISL e Angeletti della
UIL ha persino flirtato con Berlusconi e Marchionni e da una Camusso
della CGIL che è emanazione della dirigenza bersaniana e dalemiana?
Per tutti costoro comunque, alla fine della carriera sindacale, vi
sarà qualche scranno in Parlamento o in qualche Ente pubblico.
Questi personaggi
non si rendono forse nemmeno conto che stanno conducendo le proprie
organizzazioni al suicidio finale. Perché questa manovra, ce l'hanno
già detto, è solo la prima tappa per 'riformare' il Paese (la Restaurazione) e
riportarlo agli anni cinquanta. La prossima riguarderà il mercato
del lavoro e cioè la possibilità per le aziende (e per lo Stato) di
licenziare liberamente quei lavoratori che non considerano più utili
o che sono semplicemente d'impaccio. Ed è inevitabile che qualunque
individuo che debba vivere sotto la spada di Damocle del
licenziamento si allontani dal sindacato, per senso di rivalsa e
istinto di sopravvivenza.
Quello che sembra
prefigurarsi, anche nelle parole della Fornero, è un qualcosa di
simile alla flexsecurity proposta dal piddino liberista Ichino: in
cambio della precarietà per tutti, ammortizzatori sociali (un
reddito da erogare per un determinato periodo) da estendere alla
totalità dei lavoratori (di piccole e grandi aziende, a tempo
determinato e indeterminato). Se in questa proposta vi è l'aspetto
positivo della tutela di chi oggi non gode di alcuna protezione
(precari, dipendenti sotto i quindici addetti) e fermo restando che saranno tutte da verificare le risorse disponibili per quegli
ammortizzatori sociali (quale reddito e per quanto tempo), ciò che è
inaccettabile è la logica di chi – in nome di una falsa equità
nel rapporto tra giovani e anziani, della competitività e della
crescita – vuole condannare tutti gli individui all'incertezza e
alla paura nel futuro (stretti tra un lavoro e un reddito sempre a rischio e una
pensione ormai irraggiungibile), alla conseguente impossibilità di
poter pianificare la propria vita (una relazione affettiva duratura, fare un
figlio, la casa, coltivare una passione) alla faccia appunto della
crescita e di quella famiglia tanto sostenuta a parole dalle
gerarchie vaticane, alla sottomissione senza possibili difese alle
logiche padronali (che spesso significano vessazioni, molestie
sessuali, lavoro nero, assenza di sicurezza sul lavoro).
Tutto questo –
iniquità, sacrifici, precarietà – in cambio di una crescita dell'economia che dovrebbe fornire le risorse da redistribuire per
migliorare in futuro le condizioni di vita dei cittadini ma che oltre ad
essere impossibile così come viene propugnata (più produzione e più
consumi di beni materiali) non è nemmeno auspicabile e desiderabile.
E ancora, con una
manovra totalmente inaccettabile nella sua filosofia e nel progetto
sociale ed economico che sottende, appaiono davvero irritanti quegli
appelli riguardanti singoli aspetti dei provvedimenti e dei
comportamenti dei membri del nuovo governo (come il No a Mario Monti
da Bruno Vespa o per far pagare l'ICI alla Chiesa): armi di
distrazione della protesta di massa.
Attenzione però
perché la disperazione diffusa, la miseria montante, la convinzione
che conquisterà molte persone di non avere più niente da perdere,
in assenza di una adeguata rappresentanza sociale e politica, non
potrà che trovare sfogo nella violenza: quella più o meno spontanea
di piazza o quella organizzata di un nuovo terrorismo.
condivido totalmente..credo che questi signori non si rendano conto del rischio che il paese sta correndo.o forse se ne rendono conto perfettamente e quello che vogliono è un'azione repressiva altrimenti ingiustificabile?
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