"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

lunedì 5 dicembre 2011

La stangata di Monti: la manovra dell'equita(lia)


Da alcune settimane, dall'insediamento del governo Monti, la parola più usata ed abusata della politica italiana è equità.
Sarà che sono sicuramente prevenuto nei confronti di Monti e Napolitano ma l'uso del termine equità non mi convince. Mi sembra il modo più timido possibile per evocare la giustizia nelle decisioni delle istituzioni pubbliche nei confronti dei cittadini senza dover mai usare esplicitamente le parole uguaglianza, giustizia sociale, redistribuzione dei redditi
La sostanza della manovra di Monti così come è stata illustrata domenica 4 dicembre conferma le analisi, le paure e i sospetti di chi l'ha contrastato fin dal primo momento.
Di certo non era indispensabile il 'Genio economico' del 'Salvatore della Patria' Mario Monti, promosso sul campo da Napolitano senatore a vita per meriti 'accademici', per produrre la stangata realizzata dal nuovo governo. Bastava un Andreotti, un Cirino Pomicino, un Giuliano Amato, un Giulio Tremonti. L'unico ruolo originale che si può riconoscere a Monti è quello di aver messo la faccia della pretesa neutralità tecnica per poter emanare tutti i provvedimenti che PD e PDL (entrambi subordinati alle logiche della grande finanza e del potere economico) ritenevano indispensabili ma che non avrebbero mai avuto il coraggio di assumere direttamente per ragioni elettorali: hanno dunque avuto bisogno di qualcuno che se ne assumesse le responsabilità, utilizzando l'alibi dell'emergenza, lasciandoli momentaneamente nell'ombra con la possibilità di riemergere a cose fatte.
Una scelta, quella di appoggiare il governo Monti - l'ho già scritto molte volte - che è un autentico suicidio politico per il PD (e per un centro sinistra che ancora vuole aggregarsi intorno al partito di Bersani): perderà i favori e i consensi nel suo elettorato, rafforzerà l'idea ormai sempre più diffusa di un partito fotocopia della destra, mentre alla Lega sarà consentito di presentarsi come l'opposizione radicale che contrasta le misure impopolari (e già agita nuovamente il tema della secessione) e a Berlusconi l'opportunità di ritornare in campo spacciandosi come colui al quale l'aumento delle tasse è stato imposto e comunque realizzato a sua insaputa.
Lasciamo sullo sfondo il dibattito sul debito o sul default, sull'euro da difendere (personalmente sono su questa posizione ma certo tutto dipende da come viene realizzata questa difesa) o da lasciar implodere, sull'emergenza vera o presunta dello spread e dei mercati e veniamo al dunque della manovra.
La premessa e la promessa che Monti e Napolitano avevano fatto era stata quella che non sarebbero stati sempre i soliti a pagare il costo del risanamento.
Con autentica faccia di bronzo Monti insiste a dire che i sacrifici sono stati ripartiti con equità mentre la Fornero piange (probabilmente più per la tensione che deriva dall'esposizione mediatica della conferenza stampa che per il tormento vissuto nella propria coscienza) quando accenna a parlare della cancellazione dell'indicizzazione all'inflazione delle pensioni di più di 960 euro lordi (i ricchi?).
Sta qui la prima mistificazione: i sacrifici non andavano ripartiti. Il risanamento finanziario dovevano pagarlo i ricchi (quel venti per cento di italiani che detiene il 60 per cento della ricchezza nazionale, verso i quali si è trasferito negli ultimi decenni un'ampia quota del reddito nazionale a svantaggio del lavoro dipendente) e chi si è arricchito a danno della collettività (con l'evasione fiscale, la corruzione, i privilegi della politica, la criminalità).

Chi pagherà saranno invece come sempre quasi esclusivamente i ceti medio-bassi, i lavoratori dipendenti e i pensionati. Pagheranno molte volte: sulle pensioni (cancellazione dell'indicizzazione delle pensioni oltre i 960 euro, aggravamento dei requisiti contributivi e di età per accedere alla pensione, completamento del passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo e dunque erogazione di assegni più bassi per chi verrà collocato a riposo dal 2012), sulla casa (considerando che l'80 per cento circa degli italiani è proprietario dell'abitazione dove abita ma sulla quale probabilmente sta ancora pagando un mutuo: con il ripristino dell'ICI sulla prima casa e con l'aggravio delle aliquote sulle ulteriori abitazioni, magari una casetta nel paese di origine o in una località turistica, con la rivalutazione delle rendite catastali che significherà pagare più Irpef e in alcuni casi perdere i requisiti per poter godere di esenzioni e di servizi gratuiti); con l'aumento dell'Iva (un'imposta che non ha il carattere della progressività ma colpendo indifferentemente tutti i consumatori grava di più su quelli con il reddito basso) di due ulteriori punti percentuali anche sui prodotti di prima necessità; con l'ulteriore riduzione dei trasferimenti agli enti locali (cioè meno servizi pubblici) e gli ulteriori tagli alla sanità, con le liberalizzazioni che hanno sempre comportato maggiori costi dei servizi per i cittadini (si veda qui), con l'incremento del prezzo della benzina e del gasolio. In attesa dell'abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che consentirà alle aziende di poter licenziare liberamente e che produrrà l'equiparazione (l'equità così come l'intende Monti) di tutti i lavoratori nella precarietà.
Tutte cose che vanno ad aggiungersi allo stillicidio dei provvedimenti finanziari di Tremonti e Berlusconi con i quali si è già aumentata l'IVA, messa in cantiere una riforma fiscale che falcidierà ulteriormente i redditi medio-bassi (riducendo deduzioni e detrazioni), progettata una scure che si abbatterà su assistenza e pensioni per i disabili, ridotti all'osso i trasferimenti agli enti locali, bloccati gli aumenti previsti dagli accordi contrattuali per i dipendenti pubblici.
E le spese realmente da tagliare e quelli che dovevano essere i primi a pagare per senso di equità?
Riduzione spese militari e per le missioni all'estero? No.
Patrimoniale per le ricchezze superiori al milione, milione e mezzo di euro? No (era troppo dificile da realizzare ci dice ipocritamente Monti, semplicemente si applicherà un'imposta di bollo sulle varie forme di investimento finanziario che evidentemente colpirà anche il piccolo risparmiatore).
Aumento dell'IRPEF per i redditi alti (avrebbe risparmiato gli evasori ma era sempre meglio che abolire l'indicizzazione delle pensioni)? No.
Riduzione dei trasferimenti al Vaticano ed abolizione dell'esenzione ICI per gli immobili commerciali della Chiesa? Non pervenuti.
Lotta all'evasione fiscale? Persino Bersani definisce deboli i provvedimenti al riguardo.
Prelievo sui capitali scudati? Un misero 1,5 per cento.
Asta per le frequenze televisive liberate dal passaggio al digitale terrestre? No.
Riduzione dei costi della politica? Qualcosina c'è (l'abolizione dei consigli provinciali) ma appare troppo poco rispetto alla voragine costituita dai costi dei partiti. Se è vero che il governo non può influire sulle deliberazioni di Parlamento e Regioni sugli appannaggi dei propri componenti sarebbe stato forse possibile applicare nei confronti di tali redditi (oltre che sulle consulenze e le retribuzione dei manager pubblici, a livello nazionale e locale) una tassazione straordinaria.
La stangata, la manovra lacrime e sangue viene giustificata con la necessità di salvare la presenza italiana nell'euro e di riattivare la crescita.
Se le due cose si tengono nella logica capitalistica, e già c'è chi critica da posizioni liberiste Monti (Giavazzi e Alesina), ridurre il potere di acquisto di una gran massa di cittadini comporterà inevitabilmente meno consumi, meno pil, meno entrate fiscali per lo Stato.
Di fatto questa è la quarta o quinta manovra che si fa passare in pochi mesi (anche e soprattutto grazie all'intervento di Napolitano) spiegando ogni volta che è indispensabile per evitare il fallimento ma che evidentemente, si guardi anche all'esempio della Grecia, non è mai sufficiente per i mercati.
E per quanto riguarda la chimera della crescita: si è consapevoli che tutta l'Europa sta entrando in recessione e che il contesto ambientale (quello che ad ogni acquazzone porta morte e distruzioni in Italia, quello del riscaldamento globale, quello dell'esaurimento delle risorse) rende inutile e folle perpetuare una strategia di aumento delle produzioni e dei consumi dei beni materiali?
E comunque, qualora si pensi che la crescita, stante la stasi forzata del mercato interno, debba essere trainata dalle esportazioni rendendo maggiormente competitivo ed efficiente il sistema Italia, come indica Corrado Passera, è possibile che il nuovo Governo non faccia menzione o lo faccia in modo del tutto insufficiente di quelle che sono le autentiche zavorre che impediscono lo sviluppo sociale ed economico del nostro Paese e del Sud in particolare: la criminalità organizzata, la corruzione, l'evasione fiscale, il clientelismo e il voto di scambio, la lentezza della macchina giudiziaria, l'inefficienza della burocrazia, il degrado della scuola, dell'università pubblica e della ricerca, il livello dei servizi sociali e dei trasporti?
Di fronte a tutto questo, mentre CISL e UIL progettano un ridicolo e truffaldino sciopero di due ore e ancora non si sa bene cosa farà la CGIL della Camusso (cederà, magari con qualche manfrina, agli ordini di scuderia del PD oppure sceglierà di difendere gli interessi dei lavoratori?), è assordante il silenzio della sinistra, di una sinistra vera in grado di organizzare una concreta opposizione sociale e di progettare un'alternativa. Di una sinistra che non ci parli più di Pil, di competitività, di concorrenza, di finanza e di mercati ma di qualità della vita, di giustizia sociale, di reddito di cittadinanza, di ambiente, di servizi sociali pubblici, di cultura e di istruzione.

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