Da alcune
settimane, dall'insediamento del governo Monti, la parola più usata
ed abusata della politica italiana è equità.
Sarà che sono
sicuramente prevenuto nei confronti di Monti e Napolitano ma l'uso
del termine equità non mi convince. Mi sembra il modo più timido
possibile per evocare la giustizia nelle decisioni delle istituzioni
pubbliche nei confronti dei cittadini senza dover mai usare
esplicitamente le parole uguaglianza, giustizia sociale,
redistribuzione dei redditi
La sostanza della
manovra di Monti così come è stata illustrata domenica 4 dicembre
conferma le analisi, le paure e i sospetti di chi l'ha contrastato
fin dal primo momento.
Di certo non era
indispensabile il 'Genio economico' del 'Salvatore della Patria'
Mario Monti, promosso sul campo da Napolitano senatore a vita per
meriti 'accademici', per produrre la stangata realizzata dal nuovo
governo. Bastava un Andreotti, un Cirino Pomicino, un Giuliano Amato,
un Giulio Tremonti. L'unico ruolo originale che si può riconoscere a Monti è
quello di aver messo la faccia della pretesa neutralità tecnica per poter emanare tutti i provvedimenti che PD e PDL (entrambi
subordinati alle logiche della grande finanza e del potere economico) ritenevano
indispensabili ma che non avrebbero mai avuto il coraggio di assumere
direttamente per ragioni elettorali: hanno dunque avuto bisogno di
qualcuno che se ne assumesse le responsabilità, utilizzando l'alibi
dell'emergenza, lasciandoli momentaneamente nell'ombra con la
possibilità di riemergere a cose fatte.
Una scelta, quella di appoggiare il governo Monti - l'ho
già scritto molte volte - che è un autentico suicidio politico per
il PD (e per un centro sinistra che ancora vuole aggregarsi intorno
al partito di Bersani): perderà i favori e i consensi nel suo
elettorato, rafforzerà l'idea ormai sempre più diffusa di un
partito fotocopia della destra, mentre alla Lega sarà consentito di
presentarsi come l'opposizione radicale che contrasta le misure
impopolari (e già agita nuovamente il tema della secessione) e a
Berlusconi l'opportunità di ritornare in campo spacciandosi come
colui al quale l'aumento delle tasse è stato imposto e comunque
realizzato a sua insaputa.
Lasciamo sullo
sfondo il dibattito sul debito o sul default, sull'euro da difendere
(personalmente sono su questa posizione ma certo tutto dipende da come viene realizzata questa difesa) o da
lasciar implodere, sull'emergenza vera o presunta dello spread e dei
mercati e veniamo al dunque della manovra.
La premessa e la
promessa che Monti e Napolitano avevano fatto era stata quella che
non sarebbero stati sempre i soliti a pagare il costo del
risanamento.
Con autentica
faccia di bronzo Monti insiste a dire che i sacrifici sono stati
ripartiti con equità mentre la Fornero piange (probabilmente più per la
tensione che deriva dall'esposizione mediatica della conferenza stampa che per il tormento vissuto nella
propria coscienza) quando accenna a parlare della cancellazione
dell'indicizzazione all'inflazione delle pensioni di più di 960 euro
lordi (i ricchi?).
Sta qui la prima
mistificazione: i sacrifici non andavano ripartiti. Il risanamento
finanziario dovevano pagarlo i ricchi (quel venti per cento di
italiani che detiene il 60 per cento della ricchezza nazionale, verso
i quali si è trasferito negli ultimi decenni un'ampia quota del reddito nazionale a svantaggio del lavoro dipendente) e chi si è arricchito a danno
della collettività (con l'evasione fiscale, la corruzione, i
privilegi della politica, la criminalità).
Chi pagherà
saranno invece come sempre quasi esclusivamente i ceti medio-bassi,
i lavoratori dipendenti e i pensionati. Pagheranno molte volte: sulle
pensioni (cancellazione dell'indicizzazione delle pensioni oltre i
960 euro, aggravamento dei requisiti contributivi e di età per
accedere alla pensione, completamento del passaggio dal sistema
retributivo a quello contributivo e dunque erogazione di assegni più
bassi per chi verrà collocato a riposo dal 2012), sulla casa
(considerando che l'80 per cento circa degli italiani è proprietario
dell'abitazione dove abita ma sulla quale probabilmente sta ancora pagando un mutuo: con il ripristino dell'ICI sulla
prima casa e con l'aggravio delle aliquote sulle ulteriori abitazioni, magari una casetta nel paese di origine o in una località turistica, con la
rivalutazione delle rendite catastali che significherà pagare più
Irpef e in alcuni casi perdere i requisiti per poter godere di
esenzioni e di servizi gratuiti); con l'aumento dell'Iva (un'imposta
che non ha il carattere della progressività ma colpendo
indifferentemente tutti i consumatori grava di più su quelli con il
reddito basso) di due ulteriori punti percentuali anche sui prodotti di prima necessità; con l'ulteriore
riduzione dei trasferimenti agli enti locali (cioè meno servizi
pubblici) e gli ulteriori tagli alla sanità, con le liberalizzazioni
che hanno sempre comportato maggiori costi dei servizi per i
cittadini (si veda qui), con l'incremento del prezzo della benzina e del gasolio. In attesa dell'abolizione dell'articolo 18
dello Statuto dei lavoratori che consentirà alle aziende di poter
licenziare liberamente e che produrrà l'equiparazione (l'equità così come l'intende Monti) di tutti i lavoratori nella precarietà.
Tutte cose che
vanno ad aggiungersi allo stillicidio dei provvedimenti finanziari di
Tremonti e Berlusconi con i quali si è già aumentata l'IVA, messa
in cantiere una riforma fiscale che falcidierà ulteriormente i
redditi medio-bassi (riducendo deduzioni e detrazioni), progettata
una scure che si abbatterà su assistenza e pensioni per i disabili,
ridotti all'osso i trasferimenti agli enti locali, bloccati gli aumenti previsti dagli accordi contrattuali per i dipendenti pubblici.
E le spese
realmente da tagliare e quelli che dovevano essere i primi a pagare per senso di
equità?
Riduzione spese
militari e per le missioni all'estero? No.
Patrimoniale per le ricchezze superiori al milione, milione e mezzo di euro? No
(era troppo dificile da realizzare ci dice ipocritamente Monti, semplicemente si applicherà un'imposta di bollo sulle varie forme di investimento finanziario che evidentemente
colpirà anche il piccolo risparmiatore).
Aumento dell'IRPEF
per i redditi alti (avrebbe risparmiato gli evasori ma era sempre
meglio che abolire l'indicizzazione delle pensioni)? No.
Riduzione
dei trasferimenti al Vaticano ed abolizione dell'esenzione ICI per gli
immobili commerciali della Chiesa? Non pervenuti.
Lotta all'evasione
fiscale? Persino Bersani definisce deboli i provvedimenti al
riguardo.
Prelievo sui
capitali scudati? Un misero 1,5 per cento.
Asta per le frequenze televisive liberate dal passaggio al digitale terrestre? No.
Asta per le frequenze televisive liberate dal passaggio al digitale terrestre? No.
Riduzione dei
costi della politica? Qualcosina c'è (l'abolizione dei consigli
provinciali) ma appare troppo poco rispetto alla voragine costituita dai costi
dei partiti. Se è vero che il governo non può influire sulle
deliberazioni di Parlamento e Regioni sugli appannaggi dei propri
componenti sarebbe stato forse possibile applicare nei confronti di tali
redditi (oltre che sulle consulenze e le retribuzione dei manager
pubblici, a livello nazionale e locale) una
tassazione straordinaria.
La stangata, la manovra lacrime e sangue viene giustificata con la necessità di salvare la presenza italiana
nell'euro e di riattivare la crescita.
Se le due cose si
tengono nella logica capitalistica, e già c'è chi critica da
posizioni liberiste Monti (Giavazzi e Alesina), ridurre il potere di
acquisto di una gran massa di cittadini comporterà inevitabilmente
meno consumi, meno pil, meno entrate fiscali per lo Stato.
Di fatto questa è la quarta o quinta manovra che si fa passare in pochi mesi (anche e soprattutto grazie all'intervento di Napolitano)
spiegando ogni volta che è indispensabile per evitare il fallimento ma che evidentemente, si guardi anche all'esempio della Grecia, non è mai sufficiente per i mercati.
E per quanto riguarda la chimera della crescita: si è consapevoli che tutta l'Europa sta entrando in recessione e che il contesto ambientale (quello che ad ogni acquazzone porta morte e distruzioni in Italia, quello del riscaldamento globale, quello dell'esaurimento delle risorse) rende inutile e folle perpetuare una strategia di aumento delle produzioni e dei consumi dei beni materiali?
E per quanto riguarda la chimera della crescita: si è consapevoli che tutta l'Europa sta entrando in recessione e che il contesto ambientale (quello che ad ogni acquazzone porta morte e distruzioni in Italia, quello del riscaldamento globale, quello dell'esaurimento delle risorse) rende inutile e folle perpetuare una strategia di aumento delle produzioni e dei consumi dei beni materiali?
E comunque, qualora si pensi che la crescita, stante la stasi forzata del mercato interno, debba essere trainata dalle esportazioni rendendo maggiormente competitivo ed efficiente il sistema
Italia, come indica Corrado Passera, è possibile che il nuovo Governo non faccia menzione o lo faccia in modo
del tutto insufficiente di quelle che sono le autentiche zavorre che
impediscono lo sviluppo sociale ed economico del nostro Paese e del
Sud in particolare: la criminalità organizzata, la corruzione,
l'evasione fiscale, il clientelismo e il voto di scambio, la lentezza
della macchina giudiziaria, l'inefficienza della burocrazia, il degrado della scuola, dell'università
pubblica e della ricerca, il livello dei servizi sociali e dei trasporti?
Di fronte a tutto questo, mentre CISL e UIL progettano un ridicolo e truffaldino sciopero di due ore e ancora non si sa bene cosa farà la CGIL della Camusso (cederà, magari con qualche manfrina, agli ordini di scuderia del PD oppure sceglierà di difendere gli interessi dei lavoratori?), è assordante il silenzio della sinistra, di una sinistra vera in grado di organizzare una concreta opposizione sociale e di progettare un'alternativa. Di una sinistra che non ci parli più di Pil, di competitività, di concorrenza, di finanza e di mercati ma di qualità della vita, di giustizia sociale, di reddito di cittadinanza, di ambiente, di servizi sociali pubblici, di cultura e di istruzione.
Di fronte a tutto questo, mentre CISL e UIL progettano un ridicolo e truffaldino sciopero di due ore e ancora non si sa bene cosa farà la CGIL della Camusso (cederà, magari con qualche manfrina, agli ordini di scuderia del PD oppure sceglierà di difendere gli interessi dei lavoratori?), è assordante il silenzio della sinistra, di una sinistra vera in grado di organizzare una concreta opposizione sociale e di progettare un'alternativa. Di una sinistra che non ci parli più di Pil, di competitività, di concorrenza, di finanza e di mercati ma di qualità della vita, di giustizia sociale, di reddito di cittadinanza, di ambiente, di servizi sociali pubblici, di cultura e di istruzione.
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