Sono convinto che la sinistra europea e i sindacati europei non potranno e non dovranno mai perdonarsi di aver abbandonato al proprio destino la Grecia, le nostre compagne e i nostri compagni, le nostre sorelle e i nostri fratelli di questo meraviglioso e glorioso Paese.
Di aver consentito, muti e immobili, che su di essi si abbattessero con tutta la loro ferocia le leggi del capitalismo e del liberismo.
Di non aver fatto della questione del debito e del risanamento finanziario, delle modalità con cui questo poteva essere realizzato, una battaglia da condurre unitariamente in Europa.
Eppure i nostri valori, quelli che orgogliosamente non manchiamo mai di sventolare anche se spesso solo con ipocrisia e per convenienza, l'internazionalismo solidale, i valori cristiani o socialisti o semplicemente umani se si preferisce, avrebbero dovuto obbligarci a batterci perchè le scelte politiche fossero diverse e a pagare la crisi non fossero i più poveri e i più deboli.
Eppure la ragione avrebbe dovuto farci comprendere che ciò che è accaduto in Grecia non è lontano da ciò che è successo e che potrà ancora succedere anche in altri paesi: in Italia (dove è assolutamente indicativo l'atteggiamento inerte e passivo con cui il PD e i sindacati hanno appoggiato o accettato i provvedimenti di macelleria sociale posti in atto dai governi Berlusconi e Monti), in Spagna, in Portogallo, nella stessa Francia.
Da: Megachip
di Giovanni Paci - www.camminandoscalzi.it
“Anna, la mamma non ti verrà a prendere stasera. Non ho più soldi. Scusa. La tua mamma”. Questo biglietto è stato trovato in una scuola di Atene.
Il personale della scuola dice che non è un caso isolato. La Grecia sta
affondando nell’incubo della miseria più nera, dove si ritrovano
persone che fino a ieri conducevano una vita normale, andavano al
lavoro, accudivano i figli e ora si ritrovano senza niente, abbandonate a
loro stesse, senza alcuna rete di protezione sociale ed economica.
“Ogni notte piango da sola a casa. Ma cosa posso fare? Non ho scelta”
racconta alla BBC un’altra madre che ha deciso di abbandonare il figlio.
Le domande che ci assalgono sono molte: com’è possibile che questo avvenga
in quell’Europa nata per garantire i diritti fondamentali ai propri
cittadini? Quali colpe hanno le giovani generazioni greche, tali da
dover essere pagate con lo sfascio delle proprie vite e dei propri
affetti più cari? Come è possibile che la politica europea possa
cinicamente calcolare i doveri finanziari di un paese senza garantire la
possibilità di sopravvivenza dei suoi cittadini? Quale morbo si è
impadronito delle menti e dei cuori di chi ha le responsabilità
politiche ed economiche di trovare una via d’uscita da una crisi che,
prima che economica, è morale e di giustizia?
È vero, la Grecia ha fatto
molti errori negli ultimi decenni. La sua classe politica ha mentito,
non ha pensato all’interesse generale ma ai propri interessi
particolari. Questo vale anche per l’Italia e gli altri paesi che hanno
vissuto sperperando e non creando quei meccanismi sociali e
istituzionali capaci di garantire la sostenibilità, economica e sociale,
del proprio sistema. Ma è proprio vero che ognuno ha la classe politica che si merita?
E chi può tirarsi fuori dalle responsabilità? Dove era l’Europa quando
queste politiche scellerate venivano attuate? E ancora: quale
responsabilità è così grande da dover essere pagata con il sangue e gli
affetti di vite spezzate, abbandonate, emarginate?
Le responsabilità e le
relative sanzioni, in un mondo giusto, dovrebbero essere commisurate ai
reati commessi. Ora, la mamma di Anna quale enorme colpa ha per essere
costretta a scrivere quel terribile biglietto? Quale potere aveva a
disposizione per impedire che ciò che è avvenuto non avvenisse? Se
nemmeno l’enorme apparato europeo né il sistema finanziario e bancario
internazionale sono stati capaci di capire e prevenire ciò che stava
accadendo in Grecia, come è possibile che la madre di Anna sia in
qualche modo responsabile?
Di domande come queste
potremmo continuare a porne ancora molte. Resta il fatto che questa
crisi ha mostrato tutti i limiti e tutta la falsità delle grandi
retoriche solidaristiche che mascheravano i veri interessi della
costruzione europea. Diciamo la verità, è facile stare insieme quando
c’è da dividere qualcosa, più difficile quando c’è da rinunciare a una
parte del proprio benessere e dei prori privilegi.
Una cosa è certa, nessun
ideale più o meno nobile, nessuna moneta o mercato, nessun debito
privato o pubblico, può pretendere di essere servito con la vita delle
persone, dei bambini, delle madri. Non c’è colpa tanto grande.
L’unica cosa per cui vale la pena difendere un sistema è la sua
capacità di garantire la giustizia sociale e la dignità di tutti i suoi
componenti. Altrimenti, si chiami Democrazia, Europa o Stato, tale
sistema non ha ragioni morali per esistere.
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