Ogni volta che si ha
l'occasione di partecipare a qualche assemblea rifondativa della
Sinistra (non so cosa succede dalle altre parti politiche ma immagino
avvenga qualcosa di molto simile) sembra di ritrovarsi ad un raduno
di un'associazione di Combattenti e Reduci di una guerra lontana nel
tempo. In assoluta maggioranza si ritrovano vecchi dirigenti
politici, vecchi militanti, vecchi professori, vecchi giornalisti –
che non vanno certo derisi per questa indomabile fiducia nella
possibilità del cambiamento ma anzi, purché senza secondi fini,
assolutamente apprezzati – e di giovani solo l'impalpabile
presenza. E quando ci si lascia prendere dall'entusiasmo nel
ritrovarsi in sale affollate bisognerebbe sempre aver presente che
per raggiungere una partecipazione di gran lunga superiore basta
trovarsi non dico ad una importante manifestazione sportiva o
musicale ma semplicemente ad un evento con qualche personaggio
televisivo di quart'ordine, chessò un tronista o un concorrente del
Grande Fratello, o che coinvolga qualche personaggio minore del
campionato di calcio.
La realtà è che in un
quadro socio-politico-culturale italiano dominato (e non solo da
vent'anni!) dall'egoismo, dall'individualismo, dal familismo,
dall'opportunismo, l'idea che la partecipazione attiva alla politica
– per di più screditata da personaggi inqualificabili e resa
subalterna al volere delle grandi oligarchie economico-finanziarie –
consenta di perseguire il bene comune e sia mezzo per cambiare la
vita concreta di ognuno è cosa sempre più rara in particolare tra i
giovani (e al più quando esistono attenzione e interesse per la
politica questi vengono dirottati e depistati verso una
rappresentazione della politica come spettacolino televisivo in stile
wrestling).
E non mi sembra che si
stia facendo abbastanza per invertire questa tendenza anche a
sinistra che pure della partecipazione attiva dei cittadini ha
bisogno come un pesce dell'acqua.
Ora se si prova a
scomporre la struttura di una costruzione politica si possono
individuare, a mio avviso, almeno cinque elementi costitutivi
fondamentali:
il popolo (i ceti/le
classi sociali) a cui si rivolge;
gli obiettivi da
raggiungere, i bisogni del proprio popolo che si promette di
soddisfare;
l'elaborazione teorica
(il programma) sulle soluzioni concrete da adottare per raggiungere
gli obiettivi;
il quadro dei valori in
cui si agisce;
il percorso da seguire
per l'organizzazione del soggetto politico.
Ecco a me sembra che la
sinistra paghi l'errore (a volte frutto di un retaggio culturale
colposamente reiterato, a volte dolosamente perpetrato per coprire
con la fuffa scelte intellettualmente disoneste) di avvitarsi
all'infinito solo su due di quei cinque elementi fondamentali che
indico: i valori e il percorso.
Costruzione dall'alto o
dal basso, radicalismo e riformismo, spazio politico, beni pubblici,
lotta di classe, mobilitazione, conflitto, rivoluzione, sovranità
monetaria, primarie (aperte o chiuse), riforma elettorale, la stessa
difesa della Costituzione sono le espressioni più in voga a Sinistra
ma che, quando non tradotte in cose comprensibili e tangibili,
scivolano come l'acqua rispetto al vissuto della grande maggioranza
dei cittadini.
La discussione politica
diventa dunque autorefenziale, astratta, riservata agli addetti ai lavori, non colpisce – come si usa dire – la pancia e la testa
delle persone.
Al contrario la destra
berlusconiana (ed ora quella strana creatura politica che risponde al
nome di grillismo), a fronte di un'analisi della composizione sociale
e delle convinzioni dominanti in quella che è la propria base di
consenso, va diritta senza esitazioni a quello che tanti (ahimè),
anche nei ceti popolari anche nella classe lavoratrice, aspettano di
sentirsi dire. E lo fa proponendo le proprie soluzioni, ripugnanti
per noi di sinistra ma propagandisticamente efficaci: via gli
immigrati (per la Lega il capro espiatorio prima era rappresentato
dai meridionali ora dagli stranieri) che tolgono il lavoro agli
italiani, basta con le tasse, repressione dura contro chi commette
reati (anche se si parla solo dei cosiddetti reati di strada) e via
discorrendo.
E Grillo di fronte al
degrado sociale, ambientale, economico, politico italiano e al blocco
della mobilità sociale ottenuto con il precariato e l'inamovibilità
delle oligarchie al potere parla di reddito di cittadinanza, di
rifiuti zero, dice no agli inceneritori e alle grandi opere, di
mandare a casa tutta una vecchia classe dirigente.
La Sinistra - ferma agli
slogan, al linguaggio, alle analisi, persino ai vecchi rancori di 40
o 50 anni fa o oltre – sembra invece incapace di trovare quelle tre
o quattro proposte attraverso cui tornare a radicarsi nel Paese, a
destare l'attenzione dei cittadini.
Non vorrei con queste
affermazioni dare l'impressione di non credere nella necessità di
una riflessione politica 'alta', di non essere consapevole della
complessità – sul piano delle idee e dell'organizzazione - della
costruzione di un'Alternativa di sistema, di propendere per una sorta
di indifferenza ideologica e di considerare esaurita la distinzione
tra destra e sinistra in cui al progetto di costruire un mondo
diverso e alla coscienza della divisione
della società tra sfruttatori e sfruttati, tra oppressori e
oppressi si sostituisce il 'siamo tutti sulla stessa barca' e 'basta
il buon senso'. O ancora peggio che possa pensare che il tutto possa
ridursi a mero marketing politico.
Però parto dalla
constatazione che senza una partecipazione, un seguito, un consenso,
una condivisione di massa nessun progetto di trasformazione politica
– si intenda affermarlo attraverso la contesa elettorale o per
mezzo di una sollevazione popolare – può realizzarsi.
Non basta evocare il
conflitto, la mobilitazione, la lotta sociale in un comunicato
politico perché il disagio si trasformi magicamente in azioni
concrete: non si può fare finta che nonostante la più grave crisi
economica del dopoguerra, nonostante che una quota sempre più
tragicamente grande della società viva ormai sotto la soglia di
povertà o a cavallo della soglia di povertà l'Italia viva una
sostanziale pace sociale con l'eccezione di limitati e tra loro non
connessi conflitti locali.
Non si può ignorare la
profonda trasformazione che ha caratterizzato negli ultimi decenni il
sistema della produzione, la profonda debolezza del mondo del lavoro
dilaniato da infinite segmentazioni e soggetto al ricatto, nel quadro
della globalizzazione, della concorrenza insostenibile dei Paesi
emergenti.
E allora una Sinistra che
voglia rappresentare i ceti popolari e riacquistare la necessaria
forza deve trovare degli argomenti forti, concreti, diretti per
essere compresa e credibile e su questi incentrare prioritariamente
la propria comunicazione politica: che il lavoro per tutti non lo
crea il mercato ma solo l'intervento pubblico, che ad esempio il
costo dell'affitto di una casa deve essere di 200 e non di 1000 euro
al mese per essere proporzionato alle retribuzioni medie o che per
fare una Tac quando si sospetta di avere un brutto male non si
possono aspettare sei mesi o ancora che non ci si può indebitare per
pagare il dentista o per mandare a scuola o all'Università i propri
figli.
La battaglia per la
gratuità e la qualità dei beni e dei servizi essenziali dovrebbe
essere oggi per la Sinistra la bandiera da sventolare. Perché
risponde da un lato all'esigenza di lavoro di milioni di persone
(impiegabili in larga parte per la produzione di tali beni e servizi)
e dall'altro rappresenta la forma concreta di lotta alla povertà,
alle ingiustizie sociali, alla perdita inesorabile di potere
d'acquisto anche per gli 'occupati' in qualche forma di lavoro, per
la qualità della vita in grado di unire tutti i ceti subalterni e
che vivono un disagio sociale.
Costituirebbe il volano
attraverso cui redistribuire ricchezza e far ripartire la domanda
interna, per restituire ai lavoratori la forza per rivendicare i
propri diritti, per affrontare le questioni ambientali consentendo di
essere meno dipendenti dalle produzioni materiali senza penalizzare
il benessere delle persone, per far sì che le nuove tecnologie
possano finalmente tradursi in riduzione generalizzata dell'orario di
lavoro e dunque consentire, anche grazie a ciò, di riassorbire
disoccupazione e sottocupazione.
Non basta. Per
ricominciare ad incontrare il proprio popolo, fuori dalla televisione
e oltre il web, una organizzazione politica che si proponga una
radicale trasformazione delle cose esistenti deve camminare sulle
gambe di iniziative di tipo cooperativo e mutualistico (e con esse
identificarsi) che diano nell'immediato risposte concrete al disagio
dei cittadini ed in tal modo diffondere una cultura della
solidarietà, del “ci salviamo tutti insieme o nessuno” e la
consapevolezza del campo di cui si fa parte.
Un nuovo 'Soccorso Rosso'
che prenda le forme dei gruppi di acquisto, della tutela legale
gratuita, di tutte le modalità di auto aiuto (co-housing, car
pooling, banche del tempo), delle monete complementari, degli orti
urbani; un 'Soccorso Rosso' che così facendo si assicura le risorse
per sostenere occupazioni, vertenze, conflitti.
Un 'Soccorso Rosso' in
cui le sezioni dei partiti che vogliono cambiare il sistema diventano
dei centri sociali e delle case del popolo per formare una rete di
lotta e di solidarietà che consenta di superare le divisioni e le
rivalità, apparentemente irrisolvibili, dentro la Sinistra.
Letture consigliate:
Jacopo Fo – Le
Cooperative salveranno il mondo
Costruire una nuova Sinistra italiana:
l'esempio di Syriza
Come creare un partito nuovo e
soprattutto una politica nuova
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