La pacificazione nazionale vista da Luca Peruzzi |
Se si tenta di redigere un bilancio,
ancorché provvisorio, della ormai ventennale vicenda berlusconiana
tre distinte decisioni giudiziarie intervenute negli ultimi mesi –
la condanna in via definitiva per evasione fiscale, il deposito delle
motivazioni
della sentenza di condanna in appello di Marcello Dell'Utri,
fondatore di Forza Italia, per concorso esterno in associazione
mafiosa nelle quali viene di fatto individuato quale “mediatore”
tra la mafia e Berlusconi, la quantificazione in via definitiva del
risarcimento dovuto a De Benedetti per la vicenda del lodo Mondadori
– costituiscono altrettanti elementi fondativi non solo di una
verità giudiziaria ma soprattuto di una verità storica.
Il fatto che al protagonista indiscusso
della vita politica italiana della Seconda Repubblica siano
attribuiti o ricollegati fatti criminosi, ormai acclarati, di
straordinaria gravità e intollerabili per chi è chiamato a gestire
la cosa pubblica dimostra, se ancora fosse possibile qualche dubbio,
che avevano ragione tutti coloro (e noi fra loro) che indicavano in
Berlusconi una tragica ed inaccettabile ferita alla vita
pubblica di questo Paese.
Per di più se la montagna di processi
che hanno riguardato Berlusconi – e che solo i suoi lacché
prezzolati e gli osservatori opportunisti possono definire un
accanimento giudiziario – ha prodotto fin qui 'solo' queste
sentenze di condanna è perché Berlusconi attraverso il suo potere
politico, economico e mediatico è riuscito a porre in essere tali e
tanti ostacoli alla loro conclusione da poter sfuggire in più
occasioni, grazie alla prescrizione e a leggi ad personam, alle
sanzioni penali e civili.
Pensare che alcuni abbiano avuto la
stupidità di definire Berlusconi un geniale
self-made man lascia interdetti e basiti.
Il tutto dentro al quadro di un mai
risolto conflitto di interessi: Berlusconi ha potuto avere la
disponibilità in anteprima di informazioni strategiche riservate –
con il controllo dei servizi segreti, del ministero degli interni e
della giustizia, attraverso la partecipazione ai consessi
internazionali in cui si prendono decisioni che influenzano
l'andamento dell'economia globale – 'potenzialmente' utilizzabili con i propri ingenti capitali per speculazioni di borsa e nel contempo la possibilità
di far assumere dallo Stato italiano deliberazioni che
avvantaggiassero le sue aziende ed i suoi sodali.
In qualunque Paese civile sarebbe stato
sufficiente tale conflitto di interessi ed il coinvolgimento in uno
solo degli scandali e degli episodi oscuri che hanno riguardato
Berlusconi – dalla mai chiarita origine dei capitali con cui diede
inizio alle proprie attività imprenditoriali all'assunzione di un
boss mafioso per la protezione della propria famiglia, dalle modalità
di acquisizione della Villa di Arcore alla corruzione di giudici per
il lodo Mondadori, dagli aiuti politici ricevuti per fondare il suo
monopolio televisivo alla corruzione di ufficiali della guardia di
finanza da parte di dipendenti del suo gruppo, dall'aver utilizzato
per conquistare il consenso elettorale personaggi accusati di
rapporti e legami con mafia e camorra come Dell'Utri e Cosentino alla
compravendita di parlamentari e testimoni (Mills), dall'aver
ricompensato attraverso la cooptazione nelle cariche rappresentative
e istituzionali i propri servitori personali e le donne che avevano
accettato di entrare nelle sue 'grazie' fino al caso Ruby – per
comportarne da subito la fine della carriera politica.
Se ciò non è avvenuto, se Berlusconi
è stato colpevolmente tollerato dai più ed ha potuto godere di
complicità, di connivenze, di un radicato consenso popolare, se la
sua pratica politica ha potuto fondarsi sull'ostentazione della
menzogna e di comportamenti immorali e non degni di chi è chiamato a
rivestire una carica pubblica, sulla protervia di negare
esplicitamente l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e
sulle strizzate d'occho alla illegalità mafiosa e nel campo fiscale
è perché ha trovato fertile terreno nella società italiana, nelle
sue classi dirigenti, nei poteri forti che a partire dal Vaticano ne
dominano le effettive dinamiche.
Ma Berlusconi è stato sì la
sovrastruttura di una società malata ma tale sovrastruttura ha
retroagito su di essa e contribuito a deformare e a corrompere il
sistema di valori e la generalità dei comportamenti sociali
condivisi.
Al punto che forse non è azzardato –
in termini di guasti provocati alla democrazia e alla società
italiana – paragonare il ventennio berlusconiano al ventennio
fascista.
Alla luce di questo tacciare
l'antiberlusconismo di essere stato solo un grande e sterile inganno
è fuorviante e falso.
E' vero è esistito ed esiste un
antiberlusconismo 'infantile' ed 'ingenuo' incapace di comprendere le
ragioni profonde che ne hanno determinato la nascita e la
sopravvivenza e fondato sull'idea che bastasse liberarsi di
Berlusconi per risolvere i problemi italiani, è esistito ed esiste
un antiberlusconismo che, come scrive Diego
Fusaro, ha “permesso alla sinistra (a dire il vero ad una certa
sinistra n.d.r.) di occultare la propria adesione supina al capitale
dietro l’opposizione alla contraddizione falsamente identificata
nella figura di un’unica persona” ed in cui “ingiustizia,
miseria e storture d’ogni sorta hanno così cessato di essere
intese per quello che effettivamente sono, ossia per fisiologici
prodotti dell’ordo capitalistico, e hanno preso a essere
concepite come conseguenze dell’agire irresponsabile di un singolo
individuo.”
Ma è anche vero che non si può essere
in Italia democratici e tanto più di Sinistra senza essere
antiberlusconiani. Essere consapevolmente
antiberlusconiani è condizione certo non sufficiente ma
necessaria, è il 'minimo sindacale' di una etica pubblica, per poter
credere nella democrazia e in una Sinistra, riprendendo il Berlinguer
della questione morale, che voglia realizzare eguaglianza e giustizia
sociale.
Se hai un ladro o un assassino in casa
è evidentemente naturale l'accordo tra tutti coloro che vogliano
resistergli e contrastarlo: se poi qualcuno di coloro che afferma di
combatterlo (la dirigenza dei DS-PD) abbia utilizzato quella minaccia
per scopi inconfessabili inciuciando nel contempo con il nemico ciò
non significa che fosse sbagliato combattere il ladro o l'assassino
ma che qualcuno ha tradito e per questo tradimento verrà condannato
dalla storia.
C'è poi da riconoscere che
l'involuzione di una certa sinistra riformista e socialdemocratica
in senso liberista e centrista è avvenuto anche in quei Paesi
(riguardando i laburisti inglesi, i socialdemocratici tedeschi, i
socialisti francesi e spagnoli) dove non esisteva Berlusconi che ha
rappresentato piuttosto per l'Italia solo un'aggravante rispetto alla
deriva liberista del mondo occidentale.
E se alcuni hanno costruito il proprio
successo professionale o politico sull'antiberlusconismo, pagandone
spesso a dire il vero anche dei prezzi non trascurabili sul piano personale, non è
perché hanno ingannato il popolo ma perché ciò rispondeva ad un
sentimento incontestabile di una parte rilevantissima dell'opinione
pubblica.
E' singolare ma non sorprendente che proprio nel momento in cui Berlusconi giunge al capolinea della
propria storia pubblica venga sdoganato dai 'democratici' (il PD e
Napolitano) quale esplicitamente indispensabile alleato e controparte
politica. Perché l'esecuzione delle politiche liberiste della Troika
e lo stravolgimento degli assetti costituzionali per compensare con
l'autoritarismo la caduta verticale del consenso ai partiti di
governo richiede l'alleanza con chi può ancora rappresentare e
convogliare, almeno in larga parte, le pulsioni di quel “blocco
sociale fautore delle prebende dello Stato, del lassismo in campo
fiscale e contributivo, della precarizzazione del lavoro (Emiliano
Brancaccio)”.
Comunque vada la questione
dell'espulsione dal Senato di Berlusconi, cosa che sarebbe fuori
discussione in qualunque Paese civile e democratico, il fatto
inaccettabile è che, sotto la regia di Napolitano, il partito
personale di Berlusconi e il partito che ne ha consentito l'ascesa e
la sopravvivenza politica siano ancora alla guida del Paese di fronte
ad una crisi economica senza precedenti e che per di più abbiano la
protervia di progettare, senza alcuna autorità morale e senza alcun
mandato popolare, di riscrivere la Costituzione nata dalla
Resistenza.
La credibilità ed il prestigio delle
Istituzioni si fondano, questo dovrebbe saperlo chiunque abbia onestà
intellettuale e persino Napolitano e la Boldrini, non sull'adesione
formalista alle regole e alle procedure, non su vuoti e retorici
proclami ma sulla trasparenza ed il coraggio della verità.
Il coraggio della verità sta nel
riconoscere che il partito personale di un evasore fiscale e amico di inquisiti
per mafia e camorra non può avere responsabilità di governo, che
l'austerità economica sta uccidendo l'Italia, che la Costituzione
non può essere radicalmente modificata senza un esplicito mandato
popolare e manomettendo persino le norme (art. 138) che ne regolano la revisione.
Nessun commento:
Posta un commento