La rappresaglia tedesca |
Guardando alle mosse della Grecia di
Syriza, delle istituzioni tecnocratiche dell'Unione Europea (BCE,
Commissione Europea) e delle Nazioni che vi rivestono un ruolo
dominante (la Germania in particolare) più che ad una partita a
scacchi sembra di assistere ai frenetici preparativi di una guerra
(finanziaria) destinata ad esplodere tra non molto.
Come scrive Contropiano
non sembra esserci alcuna possibilità di mediazione anche se, se si
volesse agire secondo logica e avendo quale stella polare i valori
sociali sui quali si fonda la civiltà umana (ed europea),
esisterebbero delle vie di uscita: allungare con ragionevolezza i
tempi di restituzione del debito greco, finanziare con le risorse
comunitarie (ma anche con il contributo dei Paesi che grazie all'euro
ottengono surplus nella bilancia commerciale) investimenti produttivi
e spese sociali per restituire alla popolazione greca condizioni
dignitose di vita, consentire l'intervento pubblico nell'economia
(ciò che è bollato come aiuto di Stato) per riattivare sistemi
produttivi che altrimenti non hanno la forza di rialzarsi e
svilupparsi, agire per compensare gli squilibri commerciali
intraeuropei.
Non esiste possibilità di mediazione
perché l'Unione Europea (il grande capitale internazionale, la
Germania) non è disposta ad abbandonare i dogmi liberisti. E dunque
le armi in mano alla Grecia (la minaccia del ripudio unilaterale del
debito) diventano armi spuntate perché per quell'uno per cento che
domina il mondo, ed anche l'Europa, il pericolo più grande non è
l'inesigibilità dei crediti ma che sia possibile dimostrare che può
esistere un'alternativa al liberismo in grado di avere successo e
migliorare le condizioni di vita di gran parte dei cittadini. E
dunque per costoro la “ribellione” greca dovrà essere duramente
punita e la Grecia gettata nel caos per dare l'esempio a chi (la
Spagna, l'Irlanda, il Portogallo) pensasse di poterne imitare
l'esempio. Esiste inoltre la possibilità (e la tentazione), come
avvertono alcuni osservatori, che la Germania possa utilizzare la
Grecia per liberarsi della moneta unica europea.
In realtà l'esito di questa guerra non
è così scontato. Varoufakis e Tsipras hanno mostrato di sapersi
muovere in una logica di guerriglia finanziaria, i tempi tecnici e
l'esito di un contenzioso internazionale derivante da un'espulsione
unilaterale della Grecia dall'euro e dall'Unione Europea sono
tutt'altro che prevedibili, le centinaia di miliardi di euro del
debito greco che rischiano di volatizzarsi per i finanziatori (BCE,
Stati membri dell'Unione Europea) non sono noccioline per un'economia
europea che a fatica sta tentando di rialzarsi dalla crisi globale.
Dovrebbe essere chiaro a tutti che la
vittoria della Grecia e di Syrizia, imponendo la rinuncia ad un
liberismo selvaggio e ad una austerità deleteria e feroce, andrebbe
a vantaggio dei ceti popolari di tutta Europa ed anche di quelli
italiani: chi vorrebbe mettere in cattiva luce la lotta dei nostri
fratelli greci evidenziando il rischio della mancata restituzione
all'Italia di una parte del debito greco vi sta ingannando. Ciò che
è realmente importante per la vita delle persone non sono le
alchimie finanziarie, quel debito che potrebbe essere agevolmente
riassorbito attribuendo alla BCE il ruolo di prestatore di ultima
istanza, ma le conseguenze della riduzione della spesa e degli
investimenti pubblici, la cancellazione dei diritti, lo
smantellamento dello Stato sociale. E' anzi indispensabile la
mobilitazione delle sinistre e dei sindacati europei a fianco della
Grecia contro i diktat della Troika e su questo c'è ancora troppo silenzio e troppa passività.
Il vero rischio per la Grecia – un
Paese distrutto come se fosse uscito da una guerra, dove vengono
negati i diritti essenziali quali cibo, assistenza sanitaria, casa,
acqua, energia elettrica, dove è esploso il numero dei suicidi - non
è il caos finanzario interno (descritto ad esempio da Rampini)
ma quello, stante la propria debolezza economica (senza una struttura
industriale competitiva, senza risorse naturali da esportare), di non
poter più avere credito dai propri partner commerciali
internazionali per acquistare i beni essenziali: cibo, energia,
materie prime, medicine.
In questo ambito l'unica via di uscita,
da raggiungere il più presto possibile, appare quella di ottenere il
sostegno (il credito) dei BRICS e di Cina e Russia in particolare.
Una strada comunque da percorrere con prudenza per non trovarsi quale
irriducibile nemico oltre la Germania della Merkel anche gli USA di
Obama e che presenta ostacoli non trascurabili: quanto potrà e vorrà
la Russia, fiaccata dalle sanzioni e dal crollo del prezzo del
petrolio, finanziare la Grecia che è il nemico storico di quella
Turchia con la quale mantiene un rapporto privilegiato?
Un'ultima riflessione infine sulla
suggestione del sovranismo e dell'uscita dall'euro quali bandiere da
sventolare per una nuova Sinistra che voglia riconquistare le masse
popolari. Syriza ha vinto le elezioni con un programma finalizzato a
rendere possibile per la Grecia la permanenza nell'euro: il futuro
prossimo ci dirà se questo sarà possibile ma già ora appare chiaro
che difficilmente si sarebbe ottenuta la maggioranza degli elettori,
pur in un Paese devastato dall'austerità, indicando esplicitamente
la via del ritorno alla moneta nazionale. Per quanto riguarda il
sovranismo probabilmente si fa confusione tra interesse nazionale
(che è cosa da difendere e perseguire conciliandolo con gli
interessi più specificamente locali e regionali e quelli più estesi
europei e mondiali) con l'autosufficienza di una singola Nazione.
Proprio l'esempio della Grecia ci mostra quanto sia anacronistica
l'idea di poter fronteggiare i problemi che si hanno di fronte in una
dimensione essenzialmente nazionale: il destino dei nostri fratelli
ellenici è legato alle scelte politiche adottate dall'Unione
Europea, alla capacità di trovare il sostegno di nuovi alleati, al
bisogno della mobilitazione dei sindacati e partiti fratelli nel
resto dell'Europa, alla possibilità di essere oggetto di trame
destabilizzatrici da parte di potenze straniere, al raggiungimento di
un equilibrio tra importazioni ed esportazioni nel commercio con
l'estero ed il tutto in un quadro di finanza ed economia globale e di
problemi aventi una dimensione globale quali la pace e la guerra,
l'immigrazione, l'energia, il riscaldamento climatico.
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