"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

domenica 26 aprile 2015

Quanti disoccupati in meno nel 2015?




Nell'annuncio del Ministero del Lavoro di un saldo positivo, tra cessazioni e attivazioni, di 92.000 contratti di lavoro nel mese di marzo vi è implicitamente un doppio messaggio: il jobs act funziona e proiettando i dati del solo mese di marzo per tutto il resto dell'anno si può confidare in un sensibile aumento dell'occupazione nel 2015. Questo è quanto è stato dato in pasto all'opinione pubblica (con i più che leggono solo i titoli degli articoli e non approfondiscono quanto vi è contenuto) a cui ha aderito in qualche modo, definendolo "segnale incoraggiante", anche il Presidente Mattarella.
La realtà è però che ancora non sono disponibili, come ricorda il Presidente dell'Istat, i dati complessivi sul lavoro attraverso cui poter esprimere valutazioni e giudizi e fondare, nel caso, speranze.
Che l'occupazione possa aumentare in modo significativo (rispetto alla tragedia della mancanza di lavoro che riguarda milioni di persone) nell'anno in corso è in effetti qualcosa che è fuori da ogni previsione, nonostante si sia in presenza, secondo gli economisti che aderiscono all'ideologia liberista, delle condizioni ideali per la crescita: liberalizzazioni delle norme sul lavoro, basso prezzo del petrolio, bassi tassi di interesse, ampia liquidità assicurata al sistema economico dal Quantitative Easing della Bce di Draghi (e mettiamoci dentro pure l'Expo che con tutti i soldi sperperati dallo Stato e tutte le mazzette pagate qualche risultato per i consumi e il turismo dovrà pure conseguirlo). Il Documento di Economia e Finanza indica appena qualche decimale di punto di miglioramento per l'occupazione.
Al più si stanno trasformando i contratti: da quelli esplicitamente precari in quelli nominalmente stabili (in cui però il datore di lavoro può licenziare in qualunque momento il proprio dipendente con il pagamento di una modesta indennità). E lo si sta facendo a spese della collettività (8000 euro l'anno il costo della decontribuzione per ogni nuovo assunto).

Ed è lo stesso Ministro del Lavoro Poletti, in un'intervista ad Affari Italiani, con le sue ammissioni significative (traduci inquietanti) a spiegare qual è la politica del governo per il lavoro.
E cioè che il Governo non ha proprio una sua politica per il lavoro, per quei dieci milioni di cittadini che il lavoro lo cercano inutilmente (avendolo perso o non avendolo mai trovato) o che rischiano di perderlo a breve. Perché nel momento in cui riconosci quale dogma inconfutabile che il lavoro lo possono "creare" solo le imprese private significa che rinunci deliberatamente, a danno della collettività, a poter usare tutti gli strumenti che le Istituzioni Pubbliche avrebbero a disposizione per dare lavoro e reddito alle persone. Ed è per questo che il Governo non ha proprie stime attendibili e fondate sull'andamento futuro del mercato del lavoro (e può citare quale unica previsione "scientifica" disponibile quella di Nomisma che parla di 100.000 occupati in più nel 2015). 
Si pensi soltanto che se si fosse voluto agire per il bene comune e non a meri fini elettoralistici e seguendo la retorica del ruolo dell'impresa privata, con i 10-12 miliardi di euro del bonus degli 80 euro e della decontribuzione si sarebbe potute assumere un milione di persone a 10 mila euro l'anno per lavori a favore della collettività, nel sociale e per la tutela del territorio.


Il ministro Poletti a tutto campo: nel 2015 centomila posti in più

Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, sceglie Affaritaliani.it per commentare l'andamento positivo registrato a marzo sui nuovi contratti di lavoro grazie al Jobs Act.

Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)

L'andamento positivo registrato a marzo sui nuovi contratti di lavoro grazie al Jobs Act continuerà anche nei prossimi mesi. Ne è convinto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, intervistato da Affaritaliani.it. E' ottimista sul fatto che questa tendenza possa proseguire? "Sì. In particolare se riflettiamo sulla trasformazione dei contratti precari in contratti a tempo indeterminato. L'incentivazione in atto e il quadro economico, da un lato e il quadro normativo dall'altro, sicuramente dovrebbero dare stabilità".
Ma attenzione a parlare di una diminuzione del tasso di disoccupazione. "Non è automatico", spiega il ministro. "In questo caso stiamo parlando di contratti che vengono convertiti. Il tasso di disoccupazione ce lo comunicherà l'Istat guardando  tutte le tipologie di lavoro. Questo è un tema molto diverso, non sono due dati comparabili. Quello di ieri è un dato qualitativo - afferma Poletti -, che ci dice che aumentano i contratti a tempo indeterminato e si riducono quelli precari. L'Istat ci dà un dato generale sull'andamento dell'occupazione, ovvero una cosa molto diversa  perché al suo interno ci sono anche lavoro autonomo, la parte dell'impresa e del lavoro in tutte le sue forme. Sono due cose che non hanno la stessa base di calcolo e quindi non sono comparabili tra loro".
Quanti occupati in più potrebbero esserci nel corso del 2015? "L'unico dato che è circolato è di Nomisma, che ha parlato di circa 100mila posti di lavoro in più. E' un dato di Nomisma, non mio, ed è l'unico che conosco in modo puntuale". Ma è un dato credibile.  Lei quindi è ottimista? "In questo senso sì, qualche segno in questa direzione è ragionevolmente prevedibile che ci sia. Osservando i dati generali vediamo segnali come la riduzione delle ore autorizzate di cassa integrazione, i dati di questi giorni sull'export e sugli ordini per le imprese italiane. Insomma, i segnali generali sono favorevoli. Poi bisogna avere la pazienza di vederli".



Nessun commento:

Posta un commento