Che emozione! Che sorpresa! Ero convinto che dopo le dimissioni di Veltroni dalla segreteria del Partito Democratico non avremmo più assistito alle esibizioni del duo Massimo-Walter che per vent'anni hanno allietato il palcoscenico d'avanspettacolo della politica italiana. E invece no, i due ragazzi incorreggibili sono ancora insieme e lottano con noi.
D'Alema-Veltroni come Franchi-Igrassia o, forse ancor di più, come Vianello-Mondaini.
Ciccio Ingrassia-Massimo D'Alema recita il ruolo del serio, creando un surreale scenario politico, e Franco Franchi-Walter Veltroni scatena l'ilarità saltandogli in braccio alla parola soprassediamo.
Quali Vianello-Mondaini del centro sinistra, danno vita a continue scaramucce e dispetti reciproci, con le dichiarazioni dell'uno a contraddire quelle dell'altro.
E di sicuro appaiono in piena forma.
Come non apprezzare l'esilarante umorismo di D'Alema che accomuna il via libera di Togliatti all'inclusione dei Patti Lateranensi nell'articolo 7 della Costituzione all'auspicata accettazione delle leggi che dovrebbero assicurare l'impunità giudiziaria a Berlusconi?
Come non scoppiare a ridere di fronte al Veltroni che si riscopre antiberlusconiano, dall'appoggio al No Berlusconi Day fino alle critiche all'inciucista D'Alema, ripensando ad alcune affermazioni di non molto tempo fa su Craxi più innovatore di Berlinguer e della stima espressa nei confronti di Gianni Letta?
Anche se peraltro va riconosciuto che il repertorio di Ualter è assai vasto e le sue performance vanno oltre la collaborazione con l'amico di sempre: dal “non sono mai stato comunista” al “quando finirò di fare il sindaco andrò in Africa” per finire con Marianna Madia capolista (!) del Partito Democratico a Roma.
Per uscire dalla metafora della coppia di comici, i nostri eroi ci suscitano l'immagine di due fratelli che litigano per impossessarsi dell'eredità del padre in presenza del corpo ancora caldo del genitore morto. E che continuino a litigare, ormai che dopo vent'anni dell'eredità del PCI è rimasto ben poco, non testimonia a loro favore.
E' un ininterrotto gioco delle parti e di scambio di ruoli, trattativisti o duri oppositori a seconda della convenienza del momento.
La realtà è che entrambi hanno dimostrato con i loro atti politici di credere nell'opportunità e nella necessità di riscrivere le regole del gioco della vita politica nazionale insieme a Berlusconi e ai suoi alleati.
Ci ha già tentato D'Alema con la bicamerale, ci ha già tentato Veltroni al momento della caduta del secondo governo Prodi e con la pretesa vocazione maggioritaria attribuita al Partito Democratico che altro non era che il tentativo di sgombrare il campo da quanti più possibili scomodi alleati e restare da soli per accordarsi con l'avversario.
L'unica cosa che conta è di essere personalmente il protagonista di tale trattativa, altrimenti questa va osteggiata.
Non basta che in ogni occasione Berlusconi abbia tradito i loro sogni.
C'è una patologica coazione a ripetere nel loro agire, una sorta di compulsiva ricerca di un partner che si è già dimostrato inadeguato per averli sedotti e abbandonati. Il problema è che non si tratta delle loro vite personali ma delle prospettive di tutta la sinistra e di tutta l'area riformista e, cosa più importante, del futuro della democrazia italiana.
In quante occasioni, per dirla con Corrado Guzzanti, hanno portato l'acqua con le orecchie a Silvio Berlusconi? Per D'Alema, la già citata bicamerale, con la quale si legittimavano il padrone di Mediaset e la Lega come costituenti, il ribaltone post primo governo Prodi (con il lider maximo che ottiene la fiducia al proprio esecutivo grazie a Cossiga e ai fuoriusciti di AN e Forza Italia) fornendo alla destra un formidabile argomento di propaganda elettorale, la riforma del titolo V della Costituzione con pochi voti di maggioranza creando un precedente pericolosissimo, la mancata approvazione di un'adeguata legge sul conflitto di interessi ed in tema di concentrazione televisiva (cfr. dichiarazioni di Violante rese in Parlamento ).
E per quanto riguarda Veltroni, è da manuale di tattica politica il modo con cui resuscitò il Berlusconi alle corde di fine 2007 affossando definitivamente il governo Prodi con l'annuncio della decisione di far correre da solo alle elezioni il PD. Con l'effetto collaterale di non poco conto di contribuire a cancellare la sinistra d'ispirazione comunista dal Parlamento.
Va dato atto al contrario agli esponenti provenienti dalla sinistra democristiana – Prodi, Franceschini, Bindi anzitutto – una coerente e non ondivaga ostilità a Berlusconi.
L'argomento che la sinistra non è riuscita fino ad ora a raggiungere una stabile maggioranza elettorale non giustifica il tradimento dei propri ideali, gli ideali del proprio popolo, per accordarsi anche con il diavolo, si chiami Mastella o Dini o Casini o addirittura Berlusconi, pur di ottenere il potere o quantomeno vedersi riconosciuto un ruolo politico determinante.
Forse varrebbe prima la pena di rimettersi in sintonia con il proprio mondo, quello dei lavoratori dipendenti, dei precari, dei disoccupati ed in particolare con gli operai che ormai al nord si sono adattati a votare la Lega.
E poi in realtà anche l'area berlusconiana, pur vittoriosa alle elezioni, è minoranza nel Paese. Lo conferma il rigetto, nel referendum confirmativo del 2006, della modifica costituzionale approvata dalle destre nel 2005. Berlusconi e i suoi non sarebbero mai in grado di imporre al paese una riforma istituzionale che tradisse lo spirito della Costituzione. Allora perché svendere la democrazia, perché insistere nel voler diventare complici di pretese politiche che non hanno a cuore l'interesse generale ma solo interessi particolari e la volontà di dividere l'Italia?
Se è vero, come afferma D'Alema, che nella tradizione del PCI vi era la disponibilità ad accordi anche inattesi e disinvolti (la svolta di Salerno che aprì la strada alla partecipazione delle forze antifasciste al secondo governo Badoglio, l'approvazione del sopra citato articolo 7 della Costituzione, la proposta di Berlinguer del compromesso storico) è anche vero che ciò era necessario perché quel partito doveva farsi perdonare, a differenza del Partito d'Azione e dei socialisti di Nenni, la dipendenza dall'Unione Sovietica.
Quale squallido protagonismo personale, quali interessi oscuri, quali scheletri nell'armadio nasconde ora l'azione politica di D'Alema e Veltroni?
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