"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

venerdì 8 aprile 2011

Il punto. Povera Italia tra farsa e tragedia.


La tragedia è quella degli oltre duecento esseri umani morti in mare nel loro disperato viaggio verso l'Italia mentre inseguivano la speranza di una vita degna di essere vissuta e tra loro tanti bambini (chissà cosa proveranno nel proprio cuore coloro che sapevano solo dire 'fuori dalle balle' e solo osservare la marca delle scarpe dei migranti), la tragedia è la guerra in Libia, la tragedia sono i trecento morti dell'Aquila ed una ricostruzione del centro storico, e la ripresa della vita sociale ed economica della città, mai cominciate a due anni dal terremoto.
La tragedia è il precariato, la disoccupazione, sono i morti sul lavoro, è una crisi economica infinita, è il declino inarrestabile – morale, economico, sociale, culturale – del nostro Paese, è il degrado dell'ambiente e del territorio, è lo smantellamento inesorabile dello stato sociale e della scuola pubblica, sono i suicidi in carcere e i ragazzi morti ammazzati nelle mani delle forze dell'ordine nel quadro di un'amministrazione della giustizia che ha perso ogni carattere di umanità e di razionalità.
La farsa è lo spettacolo offerto dal circo berlusconiano (ma non manca spesso il contributo 'costruttivo' dell'opposizione), dagli strani e ridicoli animali e pagliacci che vi si esibiscono a spese del pubblico contribuente, osceni nel corpo e nell'anima, tra ostinato servilismo e labbra siliconate.
La farsa è un Parlamento ed un dibattito politico totalmente ostaggio delle magagne giudiziarie del presidente del consiglio, è la difesa dell'indifendibile tra menzogne e diversivi propagandistici, è la Camera dei deputati in cui i rappresentanti del popolo sostengono che la telefonata fatta dal presidente del consiglio alla questura per proteggere una delle prostitute che frequentava era un atto svolto nell'esercizio delle sue funzioni, è un capo dell'esecutivo che invece di adempiere al proprio ruolo istituzionale, con disciplina ed onore, si riduce al livello di guitto di una compagnia di avanspettacolo di quart'ordine, raccontando penose barzellette sessiste e razziste, esibendosi in squallidi show di fronte al dramma umano dei migranti e dei cittadini di Lampedusa e rivendicando il copyright del bunga bunga.
La farsa sono le proposte usa e getta che senza interruzione vengono presentate dalla maggioranza per intorbidire le acque, buone ultime l'esercito regionale e l'abolizione del divieto di ricostituzione del partito fascista.

La farsa è il manifesto del movimento dei responsabili (scilicopia e scilincolla) copiato di sana pianta dal manifesto degli intellettuali fascisti del 1925 scritto da Giovanni Gentile.
Ecco Scilipoti è l'emblema di questa stagione politica, uomo senza meriti e senza dignità, passato nel giro di poche ore da fedele componente del più antiberlusconiano dei partiti in parlamento, l'IDV, a solerte ultrà berlusconiano. Emblema ad un tempo del potere corruttivo della maggioranza di destra ma anche dei criteri di scelta attraverso cui l'opposizione sceglie e nomina i suoi rappresentanti.
La sua 'conversione' costituisce un formidabile argomento a favore di chi sostiene la tesi di una democrazia ridotta a mera finzione, in cui attori e figuranti recitano i copioni previsti per le rispettive parti in commedia e possono indifferentemente, a pagamento, fornire i propri servigi ad uno schieramento o all'altro.
Le scelte fondamentali del resto sono in mano a ben altri poteri, più o meno visibili e più o meno criminali, liberi da ogni controllo popolare.
Così mentre la scena politica è saturata dai folli diktat berlusconiani in tema di procedimenti penali, fatali per la possibilità per i cittadini di ottenere giustizia, l'establishment economico e finanziario fa fuori il potentissimo Geronzi dalle Generali.
Evento tutto interno alle logiche e agli equilibri delle elites finanziarie ed economiche italiane oppure da leggere in chiave antiberlusconiana, segno inequivocabile dell'indebolimento del potere dell'asse Letta Berlusconi che di Geronzi sono antichi alleati?
O ancora dimostrazione della capacità di Tremonti di “mettersi in proprio” e, dopo aver contribuito (o non essersi opposto) all'uscita di scena – almeno momentanea – di Profumo e Geronzi, di costituire ormai il centro di gravità della politica e dell'economia italiana?
E infine quanto ha contato per il successo di questa manovra l'inutilizzabilità momentanea della forza finanziaria libica?

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