Per giustificare la nascita del governo di emergenza affidato a Mario Monti anziché il ricorso alle elezioni anticipate c'è stato detto e spiegato da parte della maggioranza degli economisti e dei commentatori più o meno autorevoli oltre che dalla quasi totalità dei politici, con il presidente Napolitano in testa, che l'Italia non poteva permettersi, di fronte alla turbolenza dei mercati e alla necessità di finanziare consistenti tranches in scadenza del debito pubblico, un periodo di incertezza legato alla campagna elettorale e all'assenza di un governo nella pienezza dei suoi poteri.
Eppure la Spagna, nonostante condizioni economiche e finanziarie non certo migliori di quelle italiane, ha potuto affrontare con una certa tranquillità questo passaggio.
Non vorrei dare l'impressione di coltivare teorie 'complottiste', ma mi sembra davvero difficile negare che il diverso percorso adottato nei due Paesi sia stato determinato dal fatto che in un caso, la Spagna, non vi erano dubbi su di un esito (la vittoria della destra del Partito Popolare di Rajoy) gradito ai 'mercati', agli speculatori, ai grandi poteri finanziari, alla BCE e all'FMI, mentre nell'altro invece, l'Italia, si sarebbero fronteggiati due contendenti a quelle 'entità' entrambi sgraditi: la coalizione di Berlusconi e un centrosinistra in cui sarebbero stati determinanti i voti di Di Pietro, Vendola (addirittura possibile vincente alle primarie) e forse anche dei comunisti.
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