I testimoni di giustizia non sono “collaboratori
di giustizia”, in quanto non hanno mai fatto parte di organizzazioni
criminali ma hanno soltanto esercitato il loro diritto-dovere di
testimoniare contro le attività criminali, e per questo hanno perso
casa, lavoro e libertà di vivere una vita civile comune. Oggi in Italia
decine e decine di testimoni di giustizia sono abbandonati a se stessi,
in attesa di avere dallo stato non solo la protezione che era stata loro
garantita, ma persino un lavoro per poter vivere. Buona parte dei 70
testimoni di giustizia italiani hanno manifestato a Palermo per chiedere
il rispetto degli accordi presi. Come ha fatto con estremo coraggio
Maria C., tornando a Crotone e digiunando per venti giorni sotto il
solleone, finendo ricoverata in ospedale. In Calabria le donne che si
ribellano vengono massacrate senza pietà, come Maria Concetta Cacciola,
testimone di giustizia “suicidata” il 22 agosto 2011; Tita Buccafusca,
testimone di giustizia “suicidata” il 16 aprile 2011. Ciascuna a
distanza di quattro mesi, tutte con l’acido muriatico. E ancora, la
distruzione del corpo di Lea Garofalo, legata, imbavagliata, interrogata
brutalmente, torturata, uccisa con un colpo di pistola alla nuca e
sciolta nell’ acido. E Angela Costantino, cognata di Barbara Corvi,
“scomparsa” ormai da quasi due anni. Era giovanissima e incinta, ma il
figlio che portava in grembo non era del marito, che si trovava in
carcere a scontare una pena. La famiglia, per difendere l’onore del
boss-marito, la fece strangolare e seppellire in un terreno mentre
l’auto di lei finiva in mare, così da simulare un suicidio.
“Oggi
e dopo tutti i precedenti mi chiedo ancora come ho potuto anche solo
pensare che in Italia possa realmente esistere qualcosa di simile alla
giustizia”. Queste parole sono di Lea Garofalo, scritte in una lettera
indirizzata al Presidente della Repubblica, inviata a vari giornali e
pubblicata solamente dopo il suo assassinio. Una giovane madre,
disperata, allo stremo di tutte le proprie forze: così si definisce. Una
donna che aveva trovato il coraggio di rompere i rapporti con la
propria famiglia e di denunciare molte persone, ma che per la legge
figurava come “collaboratrice di giustizia”, nonostante che di reati non
ne avesse mai commessi. L’uso improprio del termine - utilizzato anche
nei confronti di M. C. Cacciola e che si differenzia in maniera netta e
sostanziale dal termine appropriato di “testimone” - era per
lei assolutamente inaccettabile: le toglieva quella dignità in nome
della quale aveva stravolto la propria vita e quella di sua figlia. In
nome della dignità, di un’esistenza da vivere all’insegna della
legalità.
La situazione dei
testimoni di giustizia è stata affrontata più volte in Parlamento. In
particolare il sottosegretario Mantovano, che per conto del governo da
anni sta sistematicamente smontando i programmi di protezione, nel 2008
ha respinto l’emendamento 12.04.400 all’art. 12 bis che chiedeva
l’inserimento dei testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione.
La petizione chiede al Presidente Napolitano e a tutti i parlamentari
che l’emendamento venga ridiscusso ed accettato.
Difendiamo i testimoni di giustizia, pretendiamo per loro la tutela da parte dello stato!
I primi firmatari della petizione sono Salvatore Borsellino, Elio
Veltri, Doris Lo Moro (deputata calabrese del PD), Angela Napoli
(deputata calabrese del FLI), Franco Laratta (deputato del PD -
componente Commissione Antimafia), Sonia Alfano (europarlamentare IDV),
Giuseppe Lumia (senatore del PD).
La petizione è
stata promossa da Movimenti Civici, Movimento RadicalSocialista,
Movimento Agende Rosse, Democrazia e Legalità, e si può sottoscrivere a
questo link:
* * *
(La decisione del
Movimento RadicalSocialista di candidare a portavoce nazionale la
testimone di giustizia Maria C. – che sarà eletta dall’Assemblea MRS del
10 dicembre – vuol essere anche un piccolo contributo al servizio di
questa causa sacrosanta, in cui le parole-simbolo del Movimento, libertà e giustizia, assumono un significato drammatico e vitale).
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