Cos'è la rivolta dei forconi, il movimento di contadini che insieme a camionisti, pescatori, studenti da qualche giorno sta paralizzando la Sicilia?
L'ennesimo episodio di ribellismo privo di un disegno politico come tante volte il Sud ha conosciuto nella sua storia, per di più fomentato e strumentalizzato dalla mafia con annessa manovalanza fascista di complemento e occasione del tentativo di riciclarsi per vecchi politici trombati?
Oppure fenomeno sociale certo contraddittorio e complesso ma a cui guardare con interesse e speranza per la forza con cui esso esprime la protesta, non virtuale e simbolica ma concreta e potente, nei confronti del sistema politico ed economico in cui viviamo e dei meccanismi che lo caratterizzano?
La prima di queste interpretazioni e analisi è un po' quella della sinistra tradizionale (oltre che di quello che viene spregiativamente chiamato il partito di Repubblica). Da Rifondazione Comunista della Sicilia a Sonia Alfano, da Micromega che con Matteo Pucciarelli rievoca i moti di Reggio Calabria del 1970 organizzati dai fascisti di Ciccio Franco al Presidente di Confindustria dell'isola, Lo Bello, che ne denuncia le infiltrazioni mafiose.
La seconda, quella di chi intende evidenziare il carattere 'rivoluzionario' del movimento e considera marginale l'apporto e il tentativo di cavalcarne gli effetti da parte della mafia e di esponenti di Forza Nuova, appartiene all'area, diciamo così, dell'Alternativa antagonista.
Qui, sul sito Infoaut, c'è una ricca rassegna di interventi a favore del movimento dei forconi: da Pino Aprile a Pietro Ancona, dai Centri sociali siciliani a Marco Cedolin.
Sul rapporto tra l'estrema destra e i manifestanti è poi interessante leggere cosa scrive Debora Billi ma anche la presa di posizione di Storace.
L'ennesimo episodio di ribellismo privo di un disegno politico come tante volte il Sud ha conosciuto nella sua storia, per di più fomentato e strumentalizzato dalla mafia con annessa manovalanza fascista di complemento e occasione del tentativo di riciclarsi per vecchi politici trombati?
Oppure fenomeno sociale certo contraddittorio e complesso ma a cui guardare con interesse e speranza per la forza con cui esso esprime la protesta, non virtuale e simbolica ma concreta e potente, nei confronti del sistema politico ed economico in cui viviamo e dei meccanismi che lo caratterizzano?
La prima di queste interpretazioni e analisi è un po' quella della sinistra tradizionale (oltre che di quello che viene spregiativamente chiamato il partito di Repubblica). Da Rifondazione Comunista della Sicilia a Sonia Alfano, da Micromega che con Matteo Pucciarelli rievoca i moti di Reggio Calabria del 1970 organizzati dai fascisti di Ciccio Franco al Presidente di Confindustria dell'isola, Lo Bello, che ne denuncia le infiltrazioni mafiose.
La seconda, quella di chi intende evidenziare il carattere 'rivoluzionario' del movimento e considera marginale l'apporto e il tentativo di cavalcarne gli effetti da parte della mafia e di esponenti di Forza Nuova, appartiene all'area, diciamo così, dell'Alternativa antagonista.
Qui, sul sito Infoaut, c'è una ricca rassegna di interventi a favore del movimento dei forconi: da Pino Aprile a Pietro Ancona, dai Centri sociali siciliani a Marco Cedolin.
Sul rapporto tra l'estrema destra e i manifestanti è poi interessante leggere cosa scrive Debora Billi ma anche la presa di posizione di Storace.
Particolarmente significativi e in grado, a mio avviso, di spiegare le cose in modo sufficientemente esaustivo sono comunque questi due articoli: uno sul Post e l'altro del mensile di Emergency.
In ogni caso mi sembra che, al momento, due conclusioni si possano trarre con ragionevole certezza.
L'una è la disperazione per la crisi e la povertà in cui vive una consistente parte dei cittadini di questo Paese. Una polveriera pronta ad esplodere di fronte alla quale le esercitazioni da scuola di liberismo che ci propinano (con un tragicamente ridicolo aplomb) i professorini al Governo risultano del tutto inadeguate e fuorvianti.
L'altra è l'incapacità dei partiti di sinistra, anche di quelli più radicali di ciò che insistiamo a chiamare sinistra, di interpretare le esigenze e le richieste dei ceti subalterni e di chi vive nel disagio e di rappresentarne una guida ed una speranza credibile.
L'altra è l'incapacità dei partiti di sinistra, anche di quelli più radicali di ciò che insistiamo a chiamare sinistra, di interpretare le esigenze e le richieste dei ceti subalterni e di chi vive nel disagio e di rappresentarne una guida ed una speranza credibile.
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