Composizione artistica di Luca Peruzzi |
Sono trascorse tre settimane dalle elezioni e ciò che si può constatare è che non siamo che all'inizio di una partita appena cominciata (o se si preferisce alle prime giornate di un lungo campionato).
Il risultato della consultazione
elettorale è lo stallo: grazie ad una perversa ed antidemocratica
legge elettorale che cancella le minoranze senza assicurare
governabilità (e fatta in modo che le regole di ripartizione dei
seggi al Senato consentano alle destre di Lega e PDL -
particolarmente forti in alcune regioni decisive come Lombardia,
Veneto e Sicilia – di impedire, anche quando perdenti, la
formazione di una stabile maggioranza 'nemica') non è in alcun modo
ipotizzabile, al momento, la formazione di alcuna 'ragionevole'
alleanza di governo.
Oggi l'ipotesi più probabile è
quella di nuove elezioni nel giro di pochi mesi che però si scontra
con alcuni elementi: la necessità di una nuova legge elettorale, la
necessità di eleggere un nuovo Presidente della Repubblica (anche
perché Napolitano ai sensi della Costituzione non può sciogliere le
Camere nell'ultimo semestre del suo mandato), la reazione dei mercati
e della speculazione (e, se l'analista di Goldman Sachs esprimeva un'opinione positiva sul risultato delle elezioni italiane, il
declassamento del debito italiano operato dalla società di rating
Fitch ed ora la questione Cipro fanno presagire nuovi attacchi
speculativi sui titoli del debito italiano ed il ritorno del ricatto
dello spread).
Grillo ha già dichiarato
l'indisponibilità del Movimento 5 Stelle ad appoggiare qualunque
governo, sia esso politico o tecnico, essendo convinto in caso di
nuove elezioni di poter incrementare ulteriormente i propri voti. Ma
sarà così? Un conto è uno scenario di elezioni dopo un paio di
anni di un litigioso governo di coalizione tra PD e PDL. Un altro
contesto sarebbe quello costituito da una nuova consultazione, magari
in piena tempesta finanziaria, di cui tutti gli altri partiti e il
mainstream informativo attribuirebbero la colpa al Movimento 5 Stelle
(e si sa che la maggioranza degli italiani ha poca memoria, scarsa
indole rivoluzionaria, attitudine ad abboccare a tutto quello che gli
viene detto in televisione).
Ogni ragionamento ulteriore deve poi
partire da un dato di fatto: l'Italia è un Paese a sovranità
limitata. Assoggettato ai voleri degli USA, subalterno agli interessi
di Francia, Gran Bretagna e Germania, sotto il giogo dei mercati
finanziari (che peraltro sempre più appaiono non come entità
impersonali ma manovrati da pochi grandi soggetti strettamente legati
a determinati interessi nazionali) come il resto delle cosiddette
democrazie occidentali. Cosa decideranno i nostri protettori? In
quali condizioni ci manderanno a votare? Le volontà tra loro
contrapposte di Germania e USA si elideranno reciprocamente lasciando
agli italiani la possibilità di esercitare almeno in parte il
proprio libero arbitrio?
Analizzare le possibili mosse dei vari
soggetti politici in campo ha senso solo tenendo conto di questa
premessa.
Il progetto disperato di Bersani è
quello di presentarsi davanti agli elettori da Presidente del
Consiglio, dopo aver ricevuto la fiducia della Camera dei Deputati ed
il voto contrario del Senato, aggiungendo ai voti di PD e SEL quelli
di Monti e, come extrema ratio, quelli di Di Pietro e Ingroia. Ma, a meno che
Napolitano non si dimetta qualche mese prima della fine del proprio
mandato, ciò non è possibile appunto perché Napolitano non può
sciogliere le Camere e comunque appare propendere per un Governo di
larghe intese che coinvolga ancora - in ossequio ai diktat europei -
PD, PDL e Monti. Al PD se non vuole intraprendere ancora una volta la
strada suicida dell'accordo con Berlusconi e dopo l'eventuale inutile
incarico a Bersani restano due strade: quella di far nominare
Presidente del Consiglio un personaggio in grado di spiazzare e
mettere in difficoltà se non Grillo almeno il suo elettorato e i
parlamentari del Movimento 5 Stelle oppure aspettare l'elezione del nuovo
Presidente della Repubblica e riproporsi agli elettori con il Premier
incaricato bocciato dal Senato. E per questo ruolo si fa sempre più
strada l'ipotesi Renzi, sulla base anche dei 'soliti' sondaggi' di
dubbia attendibilità, ma come non pensare che anche quel poco
di elettorato di sinistra che fa ancora riferimento al PD, nel caso prevalesse il liberista sindaco di Firenze, non si
rivolga a Grillo? E come sempre, con uno scandalo Monte Paschi ora
sopito ma che potrebbe al 'momento opportuno' riesplodere e gettare
nella contesa nuovi elementi a danno del PD, resta incombente
Berlusconi. Che ha dimostrato, pur screditato e impresentabile, di
mantenere un consistente e fedele elettorato. E che potrebbe
sparigliare le carte con un candidato Premier giovane e nuovo (io da
sempre mi aspetto che butti nella mischia la figlia Marina).
La vera domanda però, in tutto questo, deve essere: cosa è meglio
per gli italiani? Non ho aderito agli appelli degli intellettuali,
come dice Grillo, organici al gruppo Espresso-Repubblica per un
accordo di governo PD-M5S perché in assenza di reali presupposti
politici, della possibilità di mettere insieme chi ha strategie e
visioni totalmente divergenti, questi appelli, al di là forse anche
dell'effettiva volontà di chi li promuove, si dimostrano poco più
di maldestri 'spottoni' per il PD. Ma si può pensare che una legge
elettorale fatta in fretta e furia (e negando colpevolmente che
l'architettura della Costituzione si fonda necessariamente
su di un sistema proporzionale) possa rappresentare la soluzione ai
problemi di governabilità dell'Italia? E che la prospettiva di
elezioni 'roulette russa' in cui le alternative in gioco siano
Grillo, Berlusconi (o chi per lui) e il PD (con Bersani o Renzi)
alleato a Monti possa produrre qualcosa di positivo?
Oppure bisogna pensare che proprio in questa legislatura
'ingovernabile' senza maggioranze precostituite, con le forze
politiche costrette a dare il meglio di sé per riguadagnare
credibilità e consenso tra i cittadini, con un Movimento 5 Stelle
senza responsabilità di governo ma capace di imporre con la propria
forza parlamentare riforme e scelte di rinnovamento (e le elezioni
della Boldrini (ottima a quanto oggi si può conoscere) e Grasso (a
dire il vero un burocrate dell'antimafia) alla Presidenza delle
Camere al posto di screditati boiardi di partito ne sono la
dimostrazione) sia possibile fare, in un paio di anni, delle cose
buone per i cittadini? E cioé: designazione alle massime cariche
istituzionali di persone realmente capaci e integerrime, riforma
dello Stato (che non significa semplicemente riduzione dei costi
della politica ma semplificazione ed efficienza burocratica, leggi
sul conflitto di interessi e per il contrasto alla corruzione, fine
della presa dei partiti sulla pubblica amministrazione, riforma
dell'assetto istituzionale che garantisca governabilità e diritto per le minoranze di
essere rappresentate in Parlamento),
rinegoziazione (intesa non come supplica da presentare ai partner
europei ma come scelta non eludibile) dei trattati europei in materia
di finanza pubblica, azioni di reale contrasto della povertà e per
la ripresa e il rinnovamento dell'economia italiana, rinuncia alle
grandi opere distruttive e svolta verso una politica di difesa del
territorio e dell'ambiente.
Personalmente auspico questa ipotesi e mi auguro che, nel Paese in cui furono inventate le formule della 'non sfiducia' e delle 'convergenze parallele', si trovino delle soluzioni che consentano di realizzarla e che dal cilindro della classe dirigente siano tirati fuori personalità realmente all'altezza della situazione. Se si pensa a figure come Rodotà, Zagrebelsky, Settis, Rubbia forse si può avere qualche speranza.
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