Immagine del dormitorio abusivo da Repubblica.it |
La notizia della scoperta casuale, nel corso delle attività di soccorso resesi necessarie per le forti piogge in provincia di Varese, di uno squallido dormitorio abusivo per operai (impiegati oltre il vicino confine svizzero) è scivolata come acqua sui mezzi di informazione. Dopo qualche giorno non ne ha più parlato nessuno.
Se si fosse trattato di un caso di cronaca nera o di un incidente mortale provocato da un automobilista in stato di ubriachezza (possibilmente straniero e pregiudicato) vi si sarebbero dedicati fiumi di bit e ore di trasmissioni televisive - della mattina, del pomeriggio, della sera - con annessi opinionisti, plastici ed indignati appelli giustizialisti.
Per il dormitorio abusivo (definito un lager dai giornali) niente di tutto questo. Eppure qualche riflessione e qualche approfondimento li avrebbe dovuti stimolare: su come è ridotta questa Italia, su Varese come Rosarno o Vittoria o Villa Literno, sulla disperazione della disoccupazione che induce ad accettare qualunque condizione di lavoro (e qui tra italiani e immigrati c'è poca differenza), sul fatto che nemmeno il lavoro riesce ad emancipare dalla povertà, sull'impresa privata che riesce a prosperare (a fare profitti) molto spesso solo con il nero, con lo sfruttamento o addirittura la schiavitù (e a ciò si potrebbe aggiungere, ma senza riferimenti a questo caso, con l'evasione fiscale, con la violazione delle norme ambientali e sulla sicurezza sul lavoro, con la corruzione nell'assegnazione degli appalti pubblici). E forse descrivendo con onestà ciò che è oggi l'Italia sarebbe chiaro a tutti che le condizioni di vita delle persone (e, se ci interessa il PIL e i consumi, il loro potere di acquisto) non si migliora con i bonus ma assicurando a tutti, gratuitamente o a prezzi politici, i beni e i servizi necessari per vivere: la casa, la sanità, l'istruzione, l'assistenza ai non autosufficienti, i trasporti. Insomma quello che un tempo si chiamava lo Stato sociale.
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