Ahimè ho qualche anno di troppo, buona memoria e per di più sono tifoso dell’Inter, per non ricordare cosa ha comportato l’ingresso di Silvio Berlusconi nel mondo del calcio nel 1986 (per documentarsi si veda il documento http://economia.tesionline.it/economia/azienda.jsp?n=A.C.+Milan)
Il calcio doveva servire al prestigio personale del futuro Imperatore (pensava già alla discesa in politica?) e contemporaneamente essere strumento di marketing e di traino delle proprie televisioni. Per vincere ed assicurare un gioco spettacolare alla squadra, bisognava spendere e spendere tanto. Per la struttura societaria e di squadra, per il parco – giocatori (ingaggio di nuovi e famosi calciatori, aumentare il numero dei giocatori in ‘rosa’) e conseguentemente per il monte stipendi. Sono spese che, in quella misura, solo Berlusconi si poteva permettere soprattutto perché sono costi che vengono assorbiti in termini fiscali nell’ambito del Gruppo Fininvest e per gli utili che vengono realizzati, anche grazie al traino calcistico, dalle sue tv.
Da allora il calcio italiano non sarà più lo stesso: diventerà solo il calcio dei soldi senza più poesia, sarà solo il calcio delle tv e saranno sempre di meno i giocatori bandiera (i Riva, i Mazzola, i Rivera) legati per tutta la carriera alla propria squadra.
L’ingresso di Berlusconi droga artificiosamente le spese del calcio italiano e impone costi insostenibili alle squadre che vogliono essere tecnicamente all’altezza del Milan: di lì a qualche anno falliranno Fiorentina e Napoli e rischieranno di farlo Roma e Lazio.
L’Inter non vincerà per lunghi anni, per demerito proprio ma anche per la propria debolezza ‘politica’.
La Juve tornerà a vincere, senza impiegare le risorse della famiglia Agnelli e della Fiat, con Lippi allenatore solo grazie al duo Moggi – Giraudo (di cui si ricordano soprattutto i processi per doping farmaceutico e calciopoli) evidentemente nel quadro di una suddivisione delle sfere di influenza con il Milan di Galliani (a Moggi e Giraudo la gestione tecnica del calcio italiano e a Mediaset il controllo del calcio in tv).
Insomma dovremmo dare credito di riformatore e moralizzatore del sistema calcio a chi di quel sistema è l'artefice o quantomeno l'ha alimentato, cavalcato e sfruttato da più di vent'anni. Sarebbe come credere a uno che parla di lotta alla mafia pur avendo un antico amico e collaboratore nonchè co-fondatore del proprio partito condannato in primo grado a nove anni di reclusione con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
PS Da ottimo venditore, nel momento in cui ha necessità di ‘riposizionare’ il proprio prodotto ‘immagine’, Berlusconi conosce benissimo il target di ‘acquirenti’ a cui deve rivolgersi: oltre agli spettatori delle tv i lettori di rotocalchi popolari (‘Chi’) e i tifosi del calcio (e non è casuale che in questi giorni in trasmissioni radio e tv , caratterizzate da uno pseudo-giornalismo sportivo da quattro soldi, si facciano passare le sue dichiarazioni).
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