Dice Prodi: il centrosinistra italiano e le più importanti esperienze progressiste mondiali degli ultimi anni, Blair e Clinton, hanno fallito perché hanno sostanzialmente operato in continuità con le politiche delle destre o comunque con le politiche liberali / liberiste senza riuscire a realizzare vere riforme in termini di giustizia sociale, eguaglianza e redistribuzione del reddito.
Ho apprezzato l’intervento di Prodi, sia per l’onestà intellettuale che lo contraddistingue (e lo rende ben diverso da un Veltroni che ormai quasi giornalmente vaneggia su Berlinguer, Craxi e Berlusconi) sia perché giunge in un periodo di elaborazione politica e ideale dell’area, chiamiamola così, antagonista all’alleanza berlusconian-leghista. Opposizione lanciata verso i propri congressi (PD e IDV).
In realtà veniamo da trent'anni in cui ogni qualvolta si è parlato e si sono approvate riforme è stato per restringere i diritti sociali in genere e dei lavoratori in particolare, in cui i cosiddetti intellettuali liberali ci hanno spiegato come il compito fondamentale della sinistra fosse quello di rinnegare i propri valori per abbracciare quelli del capitalismo (e ovviamente non quelli del capitalismo liberista di stampo anglosassone ma del capitalismo opaco e oligopolistico tipicamente italiano …).
Ed in effetti di queste pseudo riforme (scala mobile, scuola e università, lavoro (con il riconoscimento giuridico del precariato), pensioni, ecc.) e di privatizzazioni (banche, telecom, autostrade) che hanno trasferito i monopoli dallo stato ai privati, il centrosinistra è stato protagonista con i governi Craxi, Amato, Ciampi, D'Alema e Prodi.
Per non fare la figura dell'incorreggibile ingenuo tali scelte non sono sempre state il risultato di tormentati dibattiti intellettuali ma piuttosto di quanto richiesto e imposto dalle forze economiche dominanti (Palazzinari, Vaticano, Grandi Industrie, Banche).
Di fatto il non riuscire a marcare una discontinuità con le destre comporta una triplice sconfitta: in termini morali perché tradisce le giuste aspettative di chi è di sinistra, in termini culturali perché sancisce la subordinazione nei confronti delle destre, in termini di marketing politico perché non riuscendo a differenziarsi in modo sostanziale dalle destre (fare le stesse cose ma un po’ di meno …) la sinistra perde contatto con la propria base elettorale, destinata alla demoralizzazione e alla delusione, senza peraltro conquistare consensi nel campo avverso (come si dice in questi casi, tra copia ed originale si preferisce sempre l’originale …).
Nella migliore delle ipotesi il centrosinistra, pur in presenza di un personale di governo largamente più qualificato rispetto a quello delle destre, è stato identificato con l'immobilismo e con la difesa dello status quo.
Non a caso una larga fetta dell'elettorato e dei ceti tradizionalmente di sinistra si è allontanato dalla politica rifugiandosi nell'astensione ovvero si è rivolto ad altre offerte politiche (in primis la Lega), capaci di colpire ‘la pancia’ dell’elettore.
Non a caso la crisi (irreversibile ?) della sinistra radicale nasce proprio dal non aver saputo portare in porto alcun provvedimento di sinistra durante la partecipazione al governo dell’Unione.
Eppure la 'ricetta' della nomenklatura del pd e dei maggiori candidati alla segreteria, Bersani e Franceschini, è sempre la stessa: per la riconquista del potere inglobare pezzi di destra (intesi sia come ceto politico che come proposte programmatiche) e a tal fine vanno benissimo i papisti filo-nucleare dell’UDC o persino Galan in Veneto …
Il solito cocktail composto da un mix di burocrati di partito ed ex sindacalisti, con un pizzico di imprenditori ed una spruzzata di cattolici.... incapace di parlare, come suggerirebbe Nanni Moretti, alla testa, al cuore e alla pancia della gente.
Eppure ci sono stati episodi, quali la vittoria di Vendola, il più 'impresentabile' perché comunista e omosessuale, in una regione meridionale come la Puglia che dovrebbero quantomeno far riflettere (la valutazione dei risultati della sua azione di governo è un altro discorso …). Lo stesso successo della Lega, sia in termini elettorali che di peso politico, nasce proprio dall'avere una identità ben definita.
Per ricostituire un’alternativa credibile a Berlusconi (e realmente indipendente dai poteri forti) è dunque indispensabile abbandonare il moderatismo, il falso riformismo e la politica dei ‘due tempi’ (con una prima fase in cui si chiedono i sacrifici ai lavoratori per mettere a posto i disastri finanziari delle destre ed una seconda fase, in cui si dovrebbe ridistribuire ai ceti popolari, che non si riesce mai a far cominciare …).
Identificare un numero circoscritto di temi, proposte e provvedimenti che interpretino le ragioni del popolo della sinistra e, nella radicalità della loro affermazione, riescano a guadagnare almeno il rispetto, la considerazione e l'attenzione del dubbio tra gli elettori di destra: lotta alla mafia, corruzione e evasione fiscale; reddito minimo garantito; diritto alla casa; ambiente (rifiuti zero, energie alternative); opere pubbliche veramente utili (trasporti pubblici locali, acqua); scuola pubblica; laicità dello stato; liberazione delle amministrazioni pubbliche dall'occupazione dei partiti.
E' per questo che si deve guardare con speranza e ottimismo al progetto di Di Pietro: un'alternativa radicale e senza compromessi alla mala politica di destra e di sinistra che si propone di coalizzare importanti pezzi della società civile e forze politiche di vario colore e ideologia (comunisti, liberali, cattolici, grillini). E' solo un'utopia pensare che in Italia sia possibile un governo che voglia davvero realizzare una società più giusta ed attuare la Costituzione?
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