Vedo, leggo, ascolto – in una minoranza degli italiani - una indignazione senza precedenti per la situazione politica attuale. E’ l’indignazione netta e decisa di chi ha ben chiari quali siano i meccanismi di spartizione ed occupazione del potere a vantaggio di caste economiche e politiche e centri di potere fascisti e massonici e parla senza mezzi termini di dittatura. Ma mi chiedo:perché oggi abbiamo in tanti la sensazione di vivere ormai in un regime e non la si aveva negli anni 60, 70 e 80? Eppure quelli erano gli anni dei tentativi di colpi di Stato (De Lorenzo e Borghese), delle stragi (Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Italicus, Peteano, Stazione di Bologna), del terrorismo rosso e nero manovrato da servizi segreti italiani e stranieri, dell'assassinio di Aldo Moro. Le mafie regnavano incontrastate nelle loro regioni storiche (e per alcuni magistrati la mafia non esisteva ...). Erano gli anni della P2 e di Gladio, di Sindona e Calvi, dei servizi segreti deviati, delle menzogne sulle stragi e su Ustica, dell'occupazione clientelare del potere da parte della DC e dei suoi alleati, di Andreotti e Lima, di Arcaini e dell'Italcasse, della morte misteriosa di Enrico Mattei, di intere città deturpate dalla speculazione edilizia. Erano gli anni in cui gli Stati Uniti ed il loro braccio operativo, la CIA, impedivano che i comunisti potessero andare al governo rendendo di fatto la democrazia italiana una democrazia a sovranità limitata. Dunque perché solo oggi parliamo di regime e riteniamo intollerabile questa situazione?
Sono almeno tre gli elementi di differenza tra ieri e oggi che possono essere evidenziati.
Il sistema dell’informazione. Era rispetto ad oggi un sistema più povero di mezzi e strumenti, subiva anch’esso, soprattutto nei canali televisivi pubblici, la censura di Stato, l’obbligo di occultare o tacere o sminuire certe notizie. Ma non era come oggi lo strumento oppressivo di propaganda e di indottrinamento del regime quasi totalmente in mano nello strumento più invasivo, la televisione, ad un solo uomo.
Il sistema politico. Un tempo esisteva un'opposizione forte e credibile come il PCI che per quanto forzatamente esclusa dal governo riusciva ad imporre temi e problemi alla discussione dell'agenda politica. Esisteva un Sindacato che aveva ancora un ruolo sociale fondamentale. Quella era ancora in qualche modo, per quanto tradita in tante speranze, l'Italia della Resistenza, dove la DC non osò mai definirsi partito di destra e nemmeno i missini potevano permettersi di definirsi fascisti. Il sistema correntizio della DC inoltre impediva l'emergere nel partito e nello Stato di una capo assoluto, le estenuanti trattative tra le correnti e la contemporanea esposizione di ciascun segretario e di ciascun Presidente del Consiglio ai venti delle varie correnti e dei franchi tiratori, per quanto negativo dal punto di vista dell'efficienza delle decisioni politiche, comportava limitazioni insormontabili alle ambizioni di supremazia di qualunque leader. Era, anche se distorto, lo spirito della Costituzione che impone un Presidente del Consiglio primus inter pares e di una legge elettorale proporzionale che dava spazio a partiti piccoli e piccolissimi e, con il sistema delle preferenze, sosteneva la logica delle correnti interne ai partiti.
Con il sistema elettorale maggioritario e in particolare con la riforma Calderoli i singoli deputati e senatori sono invece completamente alla mercé, per quanto riguarda la possibilità di elezione e rielezione, delle decisioni delle segreterie di partito e tanto più nel caso del Popolo della Libertà di Silvio Berlusconi.
Il sistema dei valori. Era assai diverso il sistema di valori della nostra società e probabilmente ormai è diventato un atteggiamento stravagante indignarsi per scandali, ingiustizie e provvedimenti impopolari. Beppe Grillo mirabilmente nella 'Lettera al comune senso del pudore' constata che questo sentimento è ormai condiviso solo da una minoranza di italiani. Non sappiamo se è la televisione berlusconiana ad aver forgiato il nuovo italiano o se essa, marxianamente, ha semplicemente interpretato quale sovrastruttura la nuova realtà sociale. Sta di fatto che ciò che sarebbe stato inaccettabile 20 o 30 anni fa è diventato oggi qualcosa che scivola come acqua sulle coscienze di larga parte degli italiani. Se Piccioni vide la propria carriera politica compromessa dal caso della morte di Wilma Montesi, se il governo Tambroni appoggiato dai neofascisti fu costretto a dimettersi per le proteste popolari, se Tanassi fu condannato per lo scandalo Lockheed, se Leone lasciò la carica di Presidente della Repubblica per le accuse sulla propria moralità privata, se Forlani si dimise per aver occultato per alcuni mesi le liste degli iscritti alla P2, oggi tanti politici, inquisiti o condannati, possono impunemente restare al proprio posto tra l'indifferenza di gran parte della pubblica opinione. Male che vada faranno gli opinionisti su giornali e tv. E l'esempio più eclatante è proprio quello di Berlusconi sfacciatamente al potere nonostante bugie pubbliche e private, scandali sessuali, procedimenti penali a carico, amici dipendenti e collaboratori condannati per azioni eseguite nel suo interesse.
In qualche modo l'ideale momento di passaggio si ha nel 1989, con la caduta dell'Impero sovietico identificata simbolicamente dalla caduta del muro di Berlino. Finché l'Italia era il campo di battaglia degli imperi americano e sovietico, non era consentito ai nostri politici di offendere il pudore democratico. Gli Stati Uniti che nell'ombra tramavamo con logge massoniche, fascisti e servizi segreti, non permettevano pubblicamente comportamenti che potessero essere utilizzati propagandisticamente dai nemici comunisti. E la stessa cosa valeva per il partito comunista la cui non compromissione con le pratiche della corruzione politica dipendeva anche dalla disponibilità dei finanziamenti sovietici. Venuti meno i tutori della nostra moralità apparente, come una persona vissuta nella bambagia della famiglia fino ad età avanzata e improvvisamente diventata indipendente, la nostra democrazia si è ritrovata immatura e gli italiani incapaci di usare improvvisamente la propria libertà.
Quelle forze, massoniche, fasciste, corporative, criminali, che prima vivevano nell'ombra ora sono uscite allo scoperto. Pretendono alla luce del sole i propri ingiusti privilegi, non sono costretti a provare vergogna per fatti e amicizie e godono del silenzio assordante e della codardia degli intellettuali.
Il risultato di tutto ciò è, elemento caratterizzante del regime berlusconiano, un accentramento dei poteri (governo, parlamento, partito di maggioranza, sistema dell'informazione, economico) nelle mani di un'unica persona, come mai fino ad ora conosciuto nella storia d'Italia del dopoguerra, e con gli unici potenziali contrappesi colpevolmente inefficaci, nel caso del Presidente della Repubblica, e per quanto riguarda la magistratura fiaccati da infiltrazioni, lusinghe e intimidazioni da parte della politica.
POST SCRIPTUM
Barbara Gasbarrini, una delle autrici di questo Blog, mi scrive dopo aver letto il post.
Proprio ieri, per la prima volta (!), ho visto Il Gattopardo. Sono rimasta impressionata dalla sua attualità. Alla luce delle riflessioni che ho fatto dopo aver visto il film, aggiungo una breve considerazione alla tua analisi. Un'altra fatidica data. Questa tutta e solo italiana, punto terminale di un percorso iniziato negli anni settanta, sviluppatosi nel corso degli anni ottanta ed esploso nel 1989 sotto il peso di eventi internazionali. La data cui mi riferisco è il 1992. Tra l'89 e il 92, l'Italia fa i conti con se stessa. Mentre nel resto del mondo, le grandi potenze si interrogano, nella faticosa ricerca di nuovi equilibri internazionali, pressate dalla disperata corsa all'accapparamento delle risorse ormai in via di esaurimento, in Italia, una mediocre e provinciale classe dirigente, uscita con le osse rotte da 'Mani pulite', si litiga pezzi di potere, secondo antiche, consumate e poco onorevoli tradizioni. Si sarebbe potuto voltare pagina e invece no, come nel Gattopardo, alla fine, hanno cambiato tutto per non cambiare niente, vanificando quei decenni di lotta e di tensione che avevano nobilmente e non in pochi casi eroicamente percorso l'Italia fin dal 1948. Nel film una delle ultime frasi, tra le più significative e calzanti, é: 'Noi eravamo i gattopardi, i leoni, dopo di noi ci saranno gli sciacalli e le iene'.
C’è poco da aggiungere al tuo post, una ricostruzione e similitudine con l’attuale veritiera. Dal p.s partirei perché in realtà non vedo questa possibilità di rilancio, ma semmai un tentativo maldestro da parte di Occhetto di recuperare consensi in quei ceti che anche se contigui non avevano tradizione a fianco del movimento operaio e popolare. Già da prima si era perso purtroppo l’approccio scientifico marxiano per interpretare le modificazioni sociali che avvenivano e quindi sono venute a mancare le coerenti risposte da sinistra. Se l’avventura dell’ex PCI di Occheto oggi raggiunge penso il suo bunto più basso nel fango delle abiure sorte migliore non ha avuto chi ha voluto cercare, una strada che avrebbe dovuto pur nel minoritarismo proseguire la tradizione politica del PCI, in quanto non è rivendicando esclusivamente una propria identità che si può pensare ad un processo inclusivo sia sui valori che sulle battaglie quotidiane.
RispondiEliminaDi fatto, una resa culturale, al berlusconismo, che come spesso ripeto è addirittura venuto prima di Berlusconi stesso ad inquinare la politica italiana.